di Gianluca Albanese
Lo confessiamo: facciamo molta fatica a comprendere le ragioni in virtù delle quali la leadership (non votata ma nominata ricorrendo alla cooptazione) provinciale di Forza Italia possa intendere il modo di riorganizzare un partito sul territorio, nel momento forse più difficile della sua ultraventennale storia.
Franco Crinò, Alfonso Passafaro (è di oggi la sua riflessione che intende replicare in maniera diretta al consigliere regionale Francesco Cannizzaro, che in maniera assai singolare parla di metodi “inclusivi”), Sandra Polimeno e gli altri componenti dell’associazione “Insieme il Centrodestra” criticano da tempo (da molto prima delle nomine degli organismi territoriali fatte da Iole Santelli, sempre più “donna sola al comando”) certe scelte, ma evidentemente non sono i soli, dato che la cronaca della fine di ottobre ci ha fatto conoscere un’altra realtà, ovvero quella delle organizzazioni territoriali di Forza Italia note come “comitati Forza Italia 21 ottobre”, particolarmente attivi nel nostro comprensorio, visto che se ne contano ben nove, espressione di altrettanti promotori che sono tutti figure di un certo rilievo e spessore politico: Salvatore D’Agostino di Bianco, Angelo Gargiulo di Mammola, Mimì Lupis di Grotteria, Roberto Marando di Ardore, Rocco Mazzaferro di Gioiosa, Salvatore Morabito di Africo, Andrea Ussia di Monasterace, Michelangelo Vitale di Siderno e Pasquale Vozzo di Roccella.
Tutte personalità che (seppur con forte ritardo rispetto agli allarmi sollevati con grande tempismo da Crinò, Passafaro, Polimeno e gli altri di “Insieme il Centrodestra”) non si ritrovano in questo partito e rivendicano quel ruolo e quel concetto di militanza dimostrato in lustri di attività politica e nelle istituzioni, sia con ruoli di governo cittadino che all’opposizione.
E Santelli, Nicolò e Cannizzaro che fanno? Tirano diritto e se ne fregano. Cannizzaro, addirittura, fu tra quelli – non l’unico, per carità… – che mantenne il ruolo di consigliere provinciale anche dopo la sua elezione al consiglio regionale. Non proprio un mirabile esempio di uno che lascia spazio ai colleghi di partito, insomma.
E se l’impegno politico di “Insieme il Centrodestra” e di qualche altro volenteroso prosegue comunque imperterrito, tra l’organizzazione di convegni di approfondimento tematico e la battaglia per il “NO” al referendum costituzionale del 4 dicembre, ci si chiede come Forza Italia possa competere sul piano elettorale (elezione del consiglio metropolitano docet) e della partecipazione democratica contro colossi ben radicati sul territorio, come il PD e il M5S, che avranno sì le loro contraddizioni e le lotte intestine, ma comunque promuovono, con alterne fortune, la partecipazione alla vita politica di militanti e attivisti.
Forza Italia aveva una grande occasione per crescere, diventare partito vero e superare la fase del partito-azienda degli inizi.
La sta sprecando con questa politica scellerata di esclusione delle sue migliori risorse umane, come se ognuno degli autoproclamati leader di provincia, nel proprio orticello, si sentisse un piccolo Berlusconi capace di recitare il ruolo di “dominus” indiscusso e capace di fare il bello e il cattivo tempo.
Forse la nottata non è passata del tutto. Probabilmente perché c’è chi non la vuole fare passare.