di Adelina B. Scorda
BOVALINO – Se esiste dalle nostre parti un settore delicato, del quale addirittura parlarne, genera panico e mal di pancia è proprio la depurazione. Se poi l’argomento si tratta nei tre mesi di stagione estiva, allora la preoccupazione è alle stelle, crisi d’ansia a volontà e tensione smisurata. Atteggiamenti che, e a onor di cronaca va detto, si manifestano solo in questi mesi, già, perché passato agosto un velo d’indifferenza avvolge il mare, la depurazione e tutto ciò che ne compete.
In realtà le ragioni di capillare attenzione sono dovute a un fenomeno che c’è ma non si vede. Quale? ma ovviamente, per l’immensa economia turistica che, in questo periodo, si sviluppa a Bovalino e nell’intera Locride. Non lo sa nessuno ma, proprio in questo ristretto periodo dell’anno si concentrano sulle nostre coste centinaia, migliaia di turisti provenienti da ogni dove, quindi è ovvio che la limpidezza delle acque marine e la loro salubrità sia un elemento cardine su cui basare l’ottima riuscita della stagione turistica. Per queste ovvie ragioni, sarebbe meglio prima di tutto non badare troppo alle relazioni stilate anno dopo anno da Goletta Verde, l’imbarcazione di Legambiente che come ogni estate pattuglia le coste dello Stivale per monitorare l’inquinamento microbiologico delle acque, secondo poi, qualunque notizia che riguardi il mancato funzionamento di una stazione di sollevamento, di un quadro elettrico, la presenza di scarichi abusivi, o ancora il sottodimensionamento dell’impianto di depurazione. Sarebbe meglio farle passere in sordina, per evitare che a causa di qualche giornalista, o di un’associazione, la flotta di turisti, non abbastanza convinti dall’odore nauseante che s’incontra entrando a Bovalino (lato sud, ponte Careri) o da quella patina oleosa che si vede e si percepisce al tatto entrando in acqua, possa scappare e non tornare più. Il non rispetto di questo tacito principio e la conseguente pubblicazione di articoli e relazione pubblicati tra luglio e agosto è la causa dell’improvvisa fuga di centinaia di turisti dalle nostre spiagge. Magari fosse stato realmente così, a quel punto si potrebbe imputare a un gruppo ristretto di persona e non a un sistema politico amministrativo trentennale, la causa del totale sfacelo turistico, economico, infrastrutturale che tiene alla larga il popolo vacanziero dalle nostre coste. Tuttavia, se anche qualche turista autoctono si fosse allarmato non per aver visto il mare sporco, ma per averne letto, a rassicurare il fantomatico popolo di vacanzieri ci ha pensato l’amministrazione comunale richiedendo un campionamento suppletivo delle acque di mare, effettuato l’8 agosto al km 85 della statale 106, (a linea d’aria in prossimità del ristorante Villa Denise). Analisi che ha dato risultati microbiologici conformi ai limiti imposti dalla normativa vigente. Peccato però che nelle comunicazioni non ci siano i valori di riferimento, sempre in buona fede, ma giusto per dare un’occhiata per meglio capire quanto questi valori siano vicini al limite imposto dal decreto ministeriale del 30 marzo 2010. Il punto, purtroppo, è che il nostro comune, l’intera Locride, non deve e non può accontentarsi di una sufficienza risicata, dovrebbe anzi puntare tutto sulla qualità delle acque, sulla loro limpidezza: il mare, qui è rimasto solo quello. E nonostante la sporcizia che si vede, si sente e si tocca, continuiamo ad amarlo, noi però, i turisti, qualora ce ne fosse veramente qualcuno non sono certo così magnanimi. Ma atteniamoci ai fatti e gioiamo dell’ ufficiale e autorevole comunicazione dell’Arpacal. Una zona a rischio sembrerebbe essere quella del torrente Bonamico, quello appunto in prossimità della stazione di sollevamento s4 che fino a qualche giorno fa presentava un guasto al quadro elettrico con conseguente e mancato conferimento dei liquami al depuratore di Bianco, (in un precedente prelievo effettuato dall’Arpacal in presenza della guardia costiera di Bovalino segnalava la presenza di inquinamento marino, informando per questo sia il Comune, sia l’assessorato all’ambiente della Regione, che il Ministero della Salute) mentre il restante tratto che va dallo stabilimento Afor fino al ponte di “Pintammati, risulterebbe entro i limiti imposti dalla normativa vigente. Uno zelo invidiabile, ha dimostrato l’amministrazione di Bovalino che si è attivata con tempestività per capire se l’eventuale malfunzionamento delle stazioni di sollevamento avessero causato l’inquinamento delle acque marine. Interesse e tempestività di azione non riscontrata in tutti i periodi dell’anno eppure è l’abc di un’amministrazione e nello specifico di un assessore all’ambiente, sapere che il monitoraggio del depuratore e dei suoi impianti deve immancabilmente essere regolare, dato che la depurazione delle acque reflue, perché possa realmente definirsi tale, deve poter essere a regime 12 mesi su dodici. Il funzionamento del depuratore per soli pochi mesi all’anno, infatti, non garantisce l’effettiva depurazione delle acque, il motivo? I batteri, ad esempio, necessitano di alcuni mesi prima di attivare il processo di depurazione. Ma scendiamo nei particolari.
I PROCESSI CHE REGOLANO LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE:
In un impianto di depurazione i reflui dovrebbero inizialmente confluire per caduta (è il modello consigliato) in un collettore centrale, da qui dovrebbero diramarsi delle stazioni con annesse pompe (quattro per ogni stazione) di sollevamento che spingono i liquami fino al sollevamento generale. Ovviamente, l’impianto funziona come un meccanismo a orologeria, se una stazione di sollevamento non funziona per qualsiasi motivo, ad esempio un guasto a un quadro elettrico, i liquami non giungono al depuratore centrale con le conseguenze che sconosciamo. Al sollevamento generale inizia il vero processo di depurazione con una prima operazione di grigliatura che consiste nell’asportare dall’acqua i corpi di ogni genere allo scopo di evitare intasamenti nelle tubazioni e danni alle altre apparecchiature. A questo punto i liquami vengono trasferiti in delle vasche di equalizzazione e omogeneizzazione che operano alcuni processi di affinamento per poi essere trasferiti nelle vasche di disoleatura e dissabbiatura. Avviene poi il processo di denitrificazione, con il quale viene ridotta la quantità dei nitrati presenti nel liquame trattato che verrà successivamente avviato allo scarico. Avviene a questo punto l’entrata nella vasca di ossidazione, dove sono presenti i fanghi di ricircolo, i batteri che fanno avvenire il processo di depurazione attraverso cui i liquami vengono totalmente depurati con l’opera finale della clorazione, cioè l’impiego dell’ipoclorito di sodio, il disinfettante più usato per tali trattamenti. Fondamentale per un esito positivo di tutto il processo è una linea fanghi adeguata, in modo che il fango prodotto venga accumulato e trasferito nelle discariche per essere smaltito. Risulta chiaro che per consentire un adeguato funzionamento di un impianto di depurazione si necessita di fondi consistenti per rendere puntuale la manutenzione e per fronteggiare le spese di smaltimento dei fanghi. Una buona sinergia fra crediti e oneri consentirebbe una manutenzione puntuale dell’intero impianto.
UN IMPIANTO CHE NON VA, E LE GRAVI CONSEGUENZE:
Lo schema fognario del depuratore consortile di Bianco fu realizzato nel 2003 all’interno della costruzione dell’impianto di depurazione in località “S. Antonio” nel comune di Bianco a servizio dei comuni di Bovalino, Bianco, Benestare e Palazzi di Casignana. L’opera, finanziata dalla Regione Calabria, copriva un costo di 9 milioni di euro. Una spesa esorbitante che avrebbe dovuto raccogliere i liquami fognari dei quattro comuni e trasferirli per un tratto di circa cinque chilometri, con tubazioni adeguate nonché pompe di sollevamento, gruppo elettrogeno e impianti elettrici, al depuratore di Bianco. la scelta di costruirei il depuratore centrale nel territorio di Bianco, non tenne conto, non si conosce il motivo, di un territorio, con dislivelli e curvature poco congeniali al deflusso dei liquami. Per quanto concerne l’impianto depurativo di Bovalino, che fa ovviamente capo a Bianco, comune capofila, la problematica principale che si sussegue sin dall’inizio della messa in funzione è la rottura delle tubazioni in vari punti del tracciato, che si verifica sostanzialmente a seguito di una sbagliata progettazione ed esecuzione, come la mancanza di valvole di sfiato, una pendenza costante o il sottodimensionamento delle tubazioni utilizzate per la realizzazione (pn6 anziché pn16). Benestare, invece, avrebbe beneficiato del collettamento con Ardore, sfruttando la pendenza territoriale di un impianto a caduta. All’interno del comune sono state previste tre stazioni di sollevamento (Ben1, Ben2, Ben3) e precisamente ubicate una in via Vitina e le altre due sulla provinciale. Queste ultime stazioni di sollevamento sono con ogni probabilità inutili se consideriamo che, nel caso in cui fossero attive, andrebbero a servire solo nove utenze, un errore progettuale non di poco conto. A conti fatti sono nove i milioni spesi (senza aggiungere possibili e vari finanziamenti giunti negli anni) per un impianto deficitario e dieci sono gli anni trascorsi senza risultati tangibili. Nel frattempo a pendere come una spada di Damocle su amministrazioni e cittadini una procedura d’infrazionamento dell’Unione Europea, che dovrà essere sanata entro il primo gennaio 2016. Le motivazioni dell’attenzionamento da parte dell’Ue, per gli agglomerati di Siderno e Bianco per quanto concerne la Locride, derivano dal non adeguamento dei sistemi di depurazione delle acque in conformità a quanto prescritto nella direttiva 91/271/CE. In entrambi i casi, gli agglomerati sono stati trovati sprovvisti per almeno il 95% del loro territorio di reti fognarie per acque reflue urbane conformi all’art. 3 e gli impianti di depurazione non adeguati all’art. 4 della medesima direttiva (ovvero un trattamento secondario dello scarico in ambiente). La disciplina comunitaria prevede, in caso di violazione delle norme, una penalità di mora, che per l’Italia va da un minimo di 11.904 euro, a un massimo di 714.240 euro, per ogni giorno di ritardo nell’adeguamento, a decorrere dalla pronuncia della sentenza emessa, inoltre, una somma forfettaria sarà calcolata sulla base del Pil nazionale. Per ovviare a questi contenziosi con la CE sono stati previsti nel Piano Nazionale per il Sud (C565/2010) ben 4.500.000€ per il completamento e l’ottimizzazione dello schema depurativo consortile dell’agglomerato di Bianco, solo qualche giorno fa sono giunte le linee direttive all’ufficio tecnico del comune per la presentazione del progetto e della successiva gara d’appalto alla Suap. Mentre per l’agglomerato di Siderno erano previsti interventi per 22.5000.000 euro, poi ridotti a 11.500.000 euro, destinando la differenza alla realizzazione del depuratore per i paesi della Vallata del Torbido. Condizioni deficitarie, queste, che hanno permesso a entrambi i comuni di ottenere i finanziamenti regionali per consentire un adeguato funzionamento degli impianti. Ma, ad avere un sistema di depurazione inadeguato mal funzionante e con molti problemi di gestione e manutenzione è tutta la fascia costiera della Locride. Se si pensa che solo quest’inverno Canolo e Agnana hanno scaricato nelle fiumare; Antonimina ha un’ostruzione nel collettore che porta i liquami a Siderno; Casignana ha funzionato al 30%; Portigliola scarica nelle fiumare; Sant’Ilario ha funzionato al 50%, così come Marina di Gioiosa, Gioiosa Jonica e Mammola; Locri, Bovalino (per il cattivo funzionamento delle stazioni di sollevamento) e Ardore hanno scaricato a mare, mentre Martone, S. Giovanni e Grotteria, hanno sversato nelle fiumare le loro acque reflue. E poi c’è tutto o quasi l’entroterra locrideo completamente sprovvisto di un impianto di depurazione e in alcuni casi anche di rete fognaria. Nonostante queste verità, sulla base dei controlli dell’Arpacal la qualità delle acque risulta essere entro i limiti imposti dal decreto ministeriale del 30 marzo 2010. Dichiarazioni ufficiali che dovrebbero far stare più che tranquilli. Ma il popolo vacanziero e non, non pare poi così tanto d’accordo. Già perché si prova a fare il bagno dalle dodici alle quattordici, circa, sarà difficile se non addirittura impossibile sentire un certo odore, strano e inusuale e vedere che l’acqua che a prima cista appare cristallina e trasparente, da vicino è in realtà sormontata da una patina quasi oleosa. E non è solo una sensazione. La melma, frutto dello sconsiderato sistema di gestione e manutenzione dei depuratori, di sottodimensionamento delle tubature e di scarichi abusivi, è sempre lì pronta ad apparire nei giorni di mare mosso e continua ad alimentarsi con gli scarichi che sversano a mare. Questa “melma“, depositatasi sul fondo, dopo una certa ora del giorno, riscaldandosi lo strato superficiale dell’acqua, tende a venire a galla. Questo fenomeno si chiama “termoclino”. Un impianto, dunque, strutturalmente deficitario per il quale sono stati spesi fino ad oggi, nove milioni, per la realizzazione, 430 mila euro per il rifacimento di alcuni tratti di tubazione al torrente Careri e Bonamico, più una prossima trance di quattro milioni e mezzo per il risanamento, per un totale di ben 14 milioni di euro. Speriamo che almeno ne valga la pena.