di Gianluca Albanese
La storia merita di essere scritta e raccontata da più angolazioni e più lo scrittore risulta essere “terzo”, obiettivo, onesto e credibile, e più il racconto dei fatti risulta essere completo.
“La Repubblica di Caulonia tra omissioni, menzogne e contraddizioni” di Armando Scuteri (2016, Rubbettino) rappresenta uno strumento indispensabile per conoscere i fatti di una rivolta che per pochissimi giorni, a inizio marzo di 71 anni fa, fece emergere Caulonia agli onori della stampa nazionale, tanto che furono in molti a parlare di piccolo stato indipendente di matrice comunista, guidato da Pasquale Cavallaro, maestro di scuola e assicuratore. Uomo allitterato in un mondo di analfabeti, leader carismatico e trascinatore di folle (per alcuni si sarebbe definito “agit-prop”), addirittura affiliato alla ‘ndrangheta rurale e tradizionalista dell’epoca.
Una figura che fino a ieri avevamo conosciuto solo attraverso i racconti di qualche chanteur de geste e che invece, grazie alla penna sapiente di Armando Scuteri – che non rinuncia all’obiettività giornalistica nemmeno quando racconta un fatto di più di sessant’anni fa – scopriamo in tutti i suoi aspetti: le aspettative della vigilia, il desiderio di rivolta e di vendetta dopo l’oppressione del ventennio fascista, l’anelito di giustizia delle classi subordinate, ma anche le tante incongruenze del “dopo”: la violenza gratuita e inaudita contro i prigionieri dell’autoproclamato “tribunale del popolo”, con i “signori” condannati a trascinare pesanti sacchi di sassi, o addirittura, nel caso di Antonino Ocello, costretti a ricevere decine di sputi in bocca, le sentenze che finivano per risparmiare alcuni notabili, e gli espropri di farina che invece di essere distribuita ai poveri veniva fatta ammuffire, in alcuni casi, nei depositi. I magazzini pieni di armi e il rumore delle calzature in legno delle vie cittadine; le lezioni interrotte a scuola e l’esplosivo collocato sotto i ponti per essere pronti a isolarsi dal resto del mondo.
Il merito dell’autore del libro è proprio questo: dare voce anche a chi ha visto scorrere il “sangue dei vinti” e condurre il lettore in un viaggio nel tempo e nello spazio, accompagnandolo nei vicoli di uno dei più belli e affascinanti borghi antichi della Calabria per rivivere quei giorni, guardandoli da tutte le angolazioni, seppur col filtro delle proprie idee e convinzioni.
“La Repubblica di Caulonia tra omissioni, menzogne e contraddizioni” è un libro indicato a chi vuole sapere di più di una pagina di storia della nostra terra, tra le più controverse, ma anche tra le più importanti, senza necessariamente dover sposare una tesi precostituita pro o contro i rivoltosi o le vittime.
L’unico errore da non commettere – a nostro modo di vedere – è quello di leggere la storia dell’epoca con l’occhio del contemporaneo abituato a convivere con istituzioni, modi di vivere la dimensione pubblica e costumi molto diversi da quelli di quei giorni, in cui la violenza gratuita, da una parte e dall’altra, era una tristissima prassi. Manganello e olio di ricino da parte dei fascisti; umiliazioni pubbliche e processi sommari da parte dei rivoltosi.
Un giudizio con l’occhio del contemporaneo sarebbe di ferma e incondizionata condanna di quei fatti, ovviamente. Diversa è la rivisitazione storica, ed è bello, per il lettore, leggere nomi e cognomi di alcuni dei protagonisti e immaginarli – come sicuramente sarà in molti casi – come gli avi di buona parte dell’attuale classe dirigente cittadina.
Lo stesso senso di appartenenza alla ‘ndrangheta di Pasquale Cavallaro, non può essere letto, secondo noi, con il giudizio morale attuale: sia per una ragione giuridica, visto che il reato di 416bis venne introdotto nell’ordinamento solo nel 1982, sia per una ragione culturale, visto che nella società fondamentalmente rurale dell’epoca e in cui le istituzioni democratiche faticavano a radicarsi nel tessuto sociale meridionale, la sostanziale mancanza di punti di riferimento certi faceva emergere, all’epoca, queste figure che si stagliavano per carisma, intraprendenza e capacità di colmare i vuoti lasciati da strutture istituzionali ancora zoppicanti.
E allora il libro assume valore proprio per la sua autenticità, con l’autore che trova i contenuti attraverso le testimonianze di alcuni anziani protagonisti dell’epoca raccolte grazie a un certosino e pluriennale lavoro giornalistico che diventa libro nel momento in cui tutto il materiale raccolto viene ordinato e messo a sistema per la gioia di molti contemporanei desiderosi di saperne di più su quella esperienza di rivolta, ma senza – lo ripetiamo – avere la vista annebbiata da pregiudizi, idee precostituite e dottrine ideologiche.
Da leggere tutto d’un fiato, insomma. Per poi farsi un’opinione propria e autonoma sui fatti dell’epoca.