SIDERNO – Non poteva, e forse non doveva essere “solo” la presentazione di un libro. E in effetti, la manifestazione conclusasi due ore fa nella sala consiliare del palazzo municipale di Siderno, organizzata dall’associazione “Eco di Siderno” presieduta da Antonio Tassone, è stata un grande evento mediatico, nel quale gli autori, il giornalista originario di Caulonia Antonio Nicaso, e soprattutto il procuratore aggiunto della Repubblica Nicola Gratteri da Gerace sono andati ben oltre la mera esposizione dei contenuti del volume “Dire e non dire” edito da Mondadori, ma hanno parlato in maniera schietta e passionale di ‘ndrangheta e società, esponendo, nel caso di Gratteri, anche alcune priorità d’intervento su giustizia e istruzione, che suonano come una frustata alle istituzioni politiche, accusate di non manifestare la necessaria volontà di salvaguardare questi capisaldi dell’ordinamento statale, sacrificandoli con delle condotte di tipo ragioneristico che si traducono in tagli orizzontali e indiscriminati. E’ così, secondo Gratteri, riguardo la scuola: «Deve tornare ad essere – ha detto – quel centro di formazione educativa che era una volta, altrimenti i nostri giovani cresceranno sgrammaticati e inconsapevoli, senza una coscienza civica ma preda di giochi elettronici, social network e la subcultura dell’apparenza»; è così, secondo il Pm, soprattutto per quanto attiene alla giustizia: «C’è bisogno – ha detto – di un sistema giudiziario diverso, di un codice penale diverso, di un processo che passi dalla informatizzazione delle procedure: se solo avessimo questi semplici strumenti potremmo pensare, nel giro di cinque-sei anni, a infliggere un colpo ancora più duro alla criminalità organizzata, perché non è vero, come mi dice qualcuno che evidentemente aspira a incarichi di consulenza, che la mafia è stata sconfitta, al limite siamo “in parità”, serve una chiara volontà politica da parte della classe dirigente». La platea, che gremisce la sala consiliare al limite della capienza, è composta da vertici delle forze dell’ordine, magistrati, i parlamentari Elio Belcastro e Angela Napoli, ma soprattutto tanta gente comune, e Gratteri, locrideo tra i locridei come Nicaso, conclude con un’esortazione: «Iniziamo ad indignarci e ad arrabbiarci, specie quando qualcuno scende in Calabria una volta all’anno e ci dice che entro un anno sarà pronta l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Basta sopportare in silenzio le menzogne che ci vengono propinate», quindi, pensando al rapporto coi giovani scesi in piazza in tutta Italia contro le politiche di austerity del governo: «I giovani hanno il diritto di contestarci, perché la mia è una generazione di falliti, fatta di persone che non sono riuscite a trasmettere dei valori ai ragazzi. Siamo stati egoisti, e abbiamo troppo spesso cercato di colmare queste lacune regalando beni materiali, oggetti ai nostri figli, che oggi fanno bene quando ci contestano». Applausi a scena aperta per queste parole pesantissime, del magistrato che in Tv fa audience: «L’altra sera – ha ricordato Gratteri – sono stato ospite da Augias e gli ascolti sono stati maggiori del 30% rispetto alla media di quel programma» e che è sempre più popolare, tra tour promozionali del libro – quella di stasera era la seconda data dopo quella reggina – e incontri con gli studenti nelle scuole «per spiegare – ha detto – che chi entra nella ‘ndrangheta da morto di fame, lo rimarrà per tutta la vita perché i garzoni di ‘ndrangheta non fanno i soldi, anche se ostentano la Golf nuova fiammante comprata dopo aver fatto qualche viaggio al Nord da corrieri della droga: non s’illudano – ha detto – perché se pensano di arricchirsi facendo i portatori d’acqua alla ‘ndrangheta con dieci viaggi al Nord, noi, prima o poi li becchiamo». Quindi, rivolgendosi alle ragazze: «Non fatevi abbindolare dall’ostentazione dei simboli materiali che spesso i giovani ‘ndranghetisti fanno, specie quando ritornano al paese e raccontano ai ragazzi del muretto delle cene costose a Milano o degli abiti firmati che indossano come se fossero carretti siciliani o, peggio, delle catene d’oro al collo con le quali potrebbero trainare la macchina se restassero in panne, mostrando, tra l’altro, l’assoluta mancanza di buon gusto. La donna di ‘ndrangheta spesso è complice ma è soprattutto vittima del suo uomo ‘ndranghetista». Ma anche Nicaso ha elencato una serie di azioni politiche che, a livello internazionale, potrebbero agevolare la lotta alla ‘ndrangheta, fenomeno che ha assunto da diverso tempo una dimensione internazionale, anzi, intercontinentale. «Ora – ha spiegato – vanno in Brasile perchè ci sono gli investimenti per i Mondiali di calcio del 2014: la mafia trova spesso terreno fertile perché è difficile globalizzarne l’azione di contrasto e servirebbe armonizzare la legislazione antindrangheta innanzitutto in Europa, iniziando a riconoscere il nostro 416bis come reato europeo. Ma anche – ha proseguito – sulla confisca dei beni bisogna abbattere gli ostacoli che al momento rendono più difficili le rogatorie internazionali, ma forse – ha concluso amaramente Nicaso – manca la volontà politica di farlo». Quindi, stimolato dalle domande di Antonio Tassone, Gratteri sembra bloccare sul nascere la curiosità dell’osservatore malizioso che immagina un futuro in politica,magari sulla scia dei vari Di Pietro, De Magistris ecc.:«Se mi cacciano dalla magistratura – ha detto – vado a fare il contadino, attività che come il procuratore Vincenzo Lombardo svolgiamo nel tempo libero e che ci aiuta a rilassarci», rivolgendo un ringraziamento al suo maestro in questo campo Melo Siciliano. E se Tassone nella sua premessa ha spiegato che la sede scelta (il palazzo municipale di Siderno, appunto) «Non è per criminalizzare la politica cittadina ma intende rappresentare un laboratorio d’idee» in un paese in cui si è insediata dalla scorsa primavera la commissione d’accesso agli atti e in cui un ex sindaco è sotto processo nell’ambito dell’operazione denominata “Bene Comune”, pensando a “Crimine”, la prima maxi-operazione del decennio, scattata il 13 luglio del 2010, Gratteri si è soffermato su alcune archiviazioni di quell’inchiesta e su alcuni fraintendimenti – così ha lasciato capire – da parte di alcuni organi di stampa che avrebbero, a suo dire, equivocato, se non addirittura speculato sulle stesse.
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Già, la stampa. Nicaso ha ammesso che spesso, tra libri e articoli di giornale sui boss della ‘ndrangheta, «si corre il rischio – ha detto – di prendere troppo sul serio i mafiosi che invece negli USA, dove vivo, vengono anche ridicolizzati in alcune fiction televisive come “I Soprano’s” che in Italia non hanno avuto successo. Spesso gli ‘ndranghetisti sono a caccia di quella che loro intendono come notorietà e a me è successo di ascoltare un’intercettazione in cui un boss, parlando con un altro, si rammaricava del fatto che un giornalista, nel citarmi, avesse riportato in maniera errata il suo nome». Il libro e i suoi contenuti, invece, sono stati trattati in maniera quasi secondaria, nel corso delle due ore dell’interessante evento. Per il cauloniese Nicaso, che si è detto dispiaciuto del fatto che «Non riesco a fare una conferenza nel mio paese perché non m’invitano mai» “Dire e non dire” «E’ un atto di speranza perché la ‘ndrangheta, anche laddove è maggiormente presente, è sempre una minoranza», mentre Gratteri ne ha spiegato la genesi: «Mi sono allenato – ha detto – a capire i mafiosi quando non parlano, studiandone la comunicazione non verbale. “Dire e non dire” riflette su questo. Abbiamo inteso, decriptando le intercettazioni telefoniche e ambientali, i comportamenti e le occasioni pubbliche come matrimoni e ricevimenti. Anche i comportamenti da credenti: un conto è dire di credere in Dio, un conto sono i comportamenti della vita quotidiana. Le regole della ‘ndrangheta sono fatte perchè gli altri le rispettino, non per i capi ‘ndragheta. Sono per i soldatini, per i garzoni, i portatori d’acqua che rimarranno sempre dei morti di fame. Questo è un libro scientifico, di ricerca, entra nella testa e nella pancia della ‘ndrangheta. Attraverso il linguaggio dei mafiosi noi spieghiamo la loro filosofia criminale. Perché per sapere chi sono i mafiosi in un paesino, non c’è bisogno di certificazioni, ma basta osservare i soggetti». Quindi, una stoccata finale sul fenomeno della proliferazione di volumi nati sulla scia del fortunatissimo best seller della coppia Gratteri-Nicaso “Fratelli di sangue” (editore Pellegrini, 2006): «Dopo la sua uscita – ha detto Gratteri – sono venute fuori numerosissime pubblicazioni sul tema che hanno ripreso ampi stralci del nostro libro, senza citarne la fonte. Ma noi – ha concluso – non abbiamo mai denunciato gli autori di questo “copia e incolla” per non regalare loro notorietà».
GIANLUCA ALBANESE