di Patrizia Massara Di Nallo
Un rinnovamento che tutta la Calabria deve perseguire, avvertendolo come impegno comune, è quello di tutelare e valorizzare un patrimonio unico e prezioso come quello del monastero di San Giovanni Theriste. Oggi esso è l’unico monastero greco-ortodosso presente in Italia ed è meta di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. Ponte, non solo ideale, tra Oriente ed Occidente, la Calabria,già parte della Magna Grecia,conserva e ripropone ancora oggi i suoi legami con il mondo bizantino,specialmente nell’area grecanica del versante jonico dell’Aspromonte e alle falde delle Serre Calabresi, dove emerge Stilo, antica e nobile cittadina,nota per essere stata la patria del santo monaco Giovanni, chiamato “theristis”,cioè “mietitore”. Egli vide la luce a Palermo nel 995 dopo che un condottiero musulmano ne aveva rapita la madre e l’aveva portata prigioniera nella splendida “Balharm”, “lapiù grande e più bella metropoli del mondo” secondo il geografo Idrisi.
Dopo 14 anni Giovanni ritornò dalla Sicilia nella Valle dello Stilaro insieme con la mamma, che l’aveva educato cristianamente e preparato al Battesimo,amministratogli nel suo paese d’origine. Qui Giovanni, ispirandosi a san Giovanni Battista, scelse la vita eremita presso Bivongi (Rc). Fortificato nella fede e sostenuto dall’ascesi da Ambrogio e Nicola, due anacoreti di una laura (organizzazione monastica del primo medioevo) sul Monte Consolino, fu prodigo e caritatevole verso i suoi conterranei, anche se in un frangente delicato per il Mezzogiorno che,terra di confine dell’Impero bizantino, venne preso di mira da ripetute incursioni saracene, che per fortuna l’imminente conquista normanna si apprestò ad arginare. Si legge nella sua biografia: “Vicino al popolo, assisteva e aiutava i contadini,operando anche prodigi. Memorabile fu quello avvenuto un giorno quando, imbattutosi in un gruppo di coloni, costoro vedendolo cominciarono a canzonarlo.
Egli, impavido, offrì loro pane e vino che miracolosamente bastarono per tutti. In un’altra occasione, in procinto di partire, si avvertì l’irrompere di un furioso temporale che stava per abbattersi sui campi di grano, provocando la disperazione degli agricoltori, consapevoli di stare per subire un grandissimo danno. Giovanni si raccolse in preghiera implorando l’Altissimo, Dio lo esaudì e, davanti agli occhi stupiti di tutti, inviò un angelo che in un baleno fece la mietitura del campo salvando il raccolto”. Questo fu il miracolo che meritò all’eremita l’appellativo “theriste” con il quale (dopo la sua morte avvenuta il 24 febbraio 1054) lo troviamo inserito tra i santi in tutti i menologi ( calendario liturgico) e sinassari ( raccolta di agiografie) bizantini,e poi nel “Martirologio Romano”.
Fu quindi effigiato come eremita taumaturgo con un fiasco di vino nellamano sinistra e una falce nella mano destra. Ancora oggi i suoi devoti, durante la processione che si svolge a Bivongi il giorno della sua festa, offrono in riconoscenza al Santo mazzi di spighe di grano e, durante i temporali, invocano sempre la sua protezione. Il cenobio che l’aveva ospitato, indicato sotto il suo nome, fu protetto dai Normanni a partire da Ruggero il Granconte e, secondo una fonte molto tardiva, sarebbe stato visitato e consacrato,da papa Calisto II nel 1120. Certamente esso si connotò subito come centro di cultura e principale monastero italo-greco della Calabria tantoché numerosi manoscritti, lì compilati, si trovano ora in prestigiose biblioteche come la Vaticana, la Nazionale di Parigi e quella di San Pietroburgo.
Tra XV e XVI secolo il cenobio subì un doloroso degrado tantoché nel novembre 1457 apparve al visitatore Apostolico Atanasio Calceopulo come “una grossa azienda”, spiritualmente desolata ed economicamente dissestata, gestita peraltro da un abate“adescatore ed osceno”. Successivamente i monaci superstiti si trasferirono nell’abitato di Stilo dove costruirono una nuova badia, anch’essa poi decaduta e di recente restaurata. Da allora, pertanto, il territorio ha due monasteri dedicati a san Giovanni Theriste.
La memoria del santo, sempre costante fra Stilo, Pazzano, Bivongi e Monasterace, è stata, dagli anni ‘90 del secolo scorso, incrementata dalla presenza dei monaci giunti dal Monte Athos, che chiesero e ottennero la custodia del monastero vecchio, riportando quelle vetuste mura alla “nobilissima funzione di casa di preghiera e centro di spiritualità monastica ortodossa”. Il 24 febbraio 1995,festa del Santo, a Bivongi fu inaugurato, dal metropolita greco-ortodosso Spiridione Papageorgoiu, il centro Studi Italo-Greci e furono consegnate dal sindaco di Bivongi le chiavi del cenobio a tre monaci, con a capo padre Cosmas jeromonaco, arrivati l’anno precedente. Si realizzava così un tangibile gesto di buona volontà del Papa verso il patriarca di Costantinopoli allo scopo di riannodare il dialogo ecumenico tra le due chiese, dopo che il Consiglio Regionale della Calabria aveva dichiarato sacra l’area compresa fra i fiumi Stilaro e Assi per facilitare l’insediamento dei monaci ortodossi.In seguito il sindaco Felice Valenti, alla presenza del presidente della Regione GiuseppeNisticò, consegnò ufficialmente all’Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e di Malta il monastero. Il 21 marzo 2001 il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I lo visitò portandovi una reliquia del santo dall’omonima chiesa di Stilo. I lavori furono presto ultimati e il monastero divenne meta non solo di turisti e pellegrini, ma anche di studiosi provenienti da ogni parte del mondo e in particolare dalle Americhe per visitare e pregare. Le cose poi si complicarono e quel disegno subì un’eclisse profonda ricosciuta, pochi mesi prima di morire nel 2010, anche dallo stesso padre Kosmas,tornato al Monte Athos con i confratelli Gennadios e Nilos, dopo che nel luglio del 2008 il Consiglio comunale di Bivongi decise di dare in uso il monastero alla Diocesi romeno-ortodossa d’Italia.