di Simona Ansani
Ricorre oggi l’ottantesimo anniversario della morte di Hachiko, l’esemplare di Akita Inu, che l’8 marzo del 1935 all’età di 12 anni morì, nella stazione di Shibuya, in Giappone, dove per dieci anni, ogni giorno, attendeva il suo compagno umano che purtroppo perse la vita e non fece più ritorno a casa.
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Hachiko era stato adottato quando aveva due mesi da Hidesaburo Ueno, docente all’Università imperiale di Tokyo. Ueno è morto improvvisamente nel 1925 mentre si trovava al lavoro. Dopo la sua morte, Hachiko, per quasi dieci anni, è andato tutti i giorni ad aspettarlo alla stazione. La vicenda ha avuto grande risonanza nell’opinione pubblica giapponese: molte persone hanno iniziato ad andare a Shibuya solo per vederlo e accarezzarlo. La sua morte ha avuto anche grande eco nel Paese e l’imperatore ha decretato un giorno di lutto nazionale. Un esempio dunque di fedeltà assoluta e di amore verso l’umano, quello stesso che il destino ha fatto incontrare quando ancora Hachiko era un cucciolotto. Un destino che non li separò quando il professore morì, anzi ha fatto si che il cane mostrasse a tutti che non bisogna appartenere alla stessa razza umana per amare, ma che gli animali possono insegnarci davvero molto. E così proprio a Shibuya si trova la statua di Hachiko, ma non solo, sono tante le città giapponesi che hanno dedicato ad Hachiko una statua, proprio in memoria di un legame indissolubile. Del resto fra le caratteristiche della razza spicca molto la particolare devozione e amore verso il suo padrone, fino a non considerare gli altri al di fuori di lui.