R. & P.
E’ giusto che la politica calabrese, e in generale la Calabria, sul Next Generation Eu rivendichino attenzione in occasione della discussione parlamentare sul Piano europeo, che ci auguriamo abbia inizio nei prossimi giorni e si concluda entro la fine di febbraio, dato che all’interno della prima bozza del Recovery plan deliberata dal Governo il tema della storica carenze di infrastrutture nella nostra regione è sostanzialmente trascurato.
E se il Parlamento non porrà rimedio a ciò, la Calabria, senza prova di smentita, subirebbe l’ennesimo torto da parte di Roma. Ma accanto a questa rivendicazione sul piano nazionale della politica calabrese, la stessa classe dirigente regionale, dovrebbe per onestà intellettuale, parlare contestualmente, anche di ciò che in questi anni non è stata in grado di realizzare, in termini di buona spesa in qualità e quantità delle risorse pubbliche.
A risorse europee che ancora devono arrivare nella nostra regione, corrispondono altre che sono già Calabria e sono altrettanto importanti per il rilancio della regione, ma che fino ad oggi sono state scarsamente. Su quest’ultimo aspetto all’interno del dibattito pubblico regionale, occorrerebbe che la politica locale, che ha gestito in questi anni queste risorse, facesse chiarezza, avesse il coraggio, soprattutto oggi in tempi di emergenza sociale, di aprire una verifica, senza andare troppo indietro nel tempo, su almeno i due più recenti grandi programmi di investimenti infrastrutturali, di cui la nostra regione è stata destinataria in questi ultimi anni: Por 2014/2020 e la sua riprogrammazione e il Patto per la Calabria, sottoscritto nel 2014 con il governo, al cui interno vi è l’importante capitolo Calabria sicura, che dispone linee di intervento su settori importanti per la rigenerazione strutturale della nostra regione.
Su queste due importanti fonti di finanziamento per opere infrastrutturali, che insieme valgono per la Calabria circa 2 miliardi di euro – risorse pronte per essere spese ma a rischio restituzione – la politica calabrese all’interno della normale dialettica pubblica che dovrebbe servire a perseguire gli obiettivi di sviluppo del territorio, dovrebbe aprire un dibattito, dovrebbe dare riscontro ai calabresi sullo stato di avanzamento della spesa relativa ai programmi, dovrebbe, in poche parole fare chiarezza.
Sulla spesa di questi due programmi che occorre legare alla nuova Programmazione 2021/2027, va recuperato un confronto, come peraltro previsto dalle raccomandazioni europee in tema di dialogo sociale, con il Partenariato Economico e Sociale. Sul Recovery plan, dunque, bisogna essere seri evitando di fare di far precipitare questa straordinaria occasione per lo sviluppo del paese e della nostra regione, nella strumentalizzazione politica. L’affannoso accapigliarsi sul programma europeo, è quantomeno surreale, sicuramente distante dalla reali necessità della Calabria e dei calabresi.
Qui e oggi non è in discussione la necessità di interventi e della loro necessaria copertura finanziaria per la ripartenza della Calabria, questo è un dato che risulta, purtroppo, scontato da troppo tempo. Qui è oggi, invece, è necessario che la Calabria ritrovi la sua centralità attraverso il confronto, sui temi determinanti per lo sviluppo economico, sociale e culturale della nostra regione. Su questo si, invece, crediamo che i temi di discussione aperti con il varo della bozza del Piano di ripresa e resilienza rivestano un’importanza determinante per la Calabria.
La classe politica regionale, sfuggendo alla tentazione di dimenticare il passato e assolvere gli errori di chi ha governato l’amministrazione pubblica sino a ieri, deve essere disposta ad imbastire con le forze sociali e produttive, un confronto informato di merito e costruttivo sul come inserire la Calabria nelle sei missioni predisposte dal Governo a fondamento del Next Generation Eu.
E dato che le risorse del Recovery saranno destinate sia a nuovi che ai progetti già in essere; una discussione in Calabria, è necessaria soprattutto al fine di evitare infruttuose sovrapposizioni, inutili duplicazioni di finanziamenti su opere progettate da anni e, fino ad oggi, mai portate a compimento, a partire proprio da quelle previste dal Patto per la Calabria, 1,2 miliardi di euro di stanziamenti, di cui non se ne discute più. Di questo Patto tra Regione e Governo, che doveva dare alcune risposte al deficit infrastrutturale della nostra regione, si sono perse le tracce.
Per esempio sul tema della depurazione, eterno tallone d’Achille per la Calabria, che in questi anni, ci ha regalato pesanti procedure di infrazione da parte dell’Unione europea e che, ancora oggi, vede 1 comune calabrese su 3, fra cui città capoluogo come Catanzaro, Cosenza o Reggio Calabria, sotto sanzione, con impianti incompleti o inesistenti e con il rischio incombente di perdere il 30% dei fondi messi a disposizione dall’Europa; il Patto per la Calabria aveva messo a disposizione di questo sistema ben 239 milioni di euro, da spendere entro il 2021, ma i deficit attuali della nostra depurazione, ci restituiscono la fotografia dell’ennesima incompiuta alla calabrese.
Prendendo spunto dai dati uffici di Open Coesione, la città di Catanzaro per il progetto di completamento dello schema depurativo a servizio della città capoluogo di regione (110 mila abitanti), la cui consegna era prevista nel 2017, è finita in proceduta di infrazione 2014/2059 e nel 2020 è stata annullata la gara in project financing e si dovrebbe procedere a una nuova gara.
Lo stesso dicasi per la città di Reggio Calabria, del cui progetto di completamento e ottimizzazione dello schema depurativo, per un importo di 25 milioni e 500 mila euro e la cui fine lavori era stata fissata a febbraio 2023, non risulta ancora avviato. Le stesse sofferenze, gli identici ritardi, poi, si registrano anche sul territorio di Crotone.
Mentre a Cosenza, sempre stando ai dati di Open Coesione, con il progetto di adeguamento dell’impianto di depurazione – che avrebbe dovuto essere consegnato a dicembre del 2023 – siamo ancora in fase di progettazione. Questa lentezza di attuazione non riguarda solo la depurazione, ma è trasversale a tutti gli altri importanti capitoli del Patto per la Calabria, a partire dal tema riguardante il contrasto al dissesto idrogeologico.
Per quanto riguarda invece il Por Calabria 2014/2020, solo per fare qualche accenno, bisognerebbe per esempio, che il governo regionale desse chiarezza , sullo stato dell’arte delle 3 grandi opere infrastrutturali, finanziate dal Programma Operativo Regionale, che nel 2014 la Calabria si era impegnata con Bruxelles di completare entro il 2023: il sistema di collegamento metropolitano Cosenza, Rende e Unical; il sistema metropolitano Catanzaro città, Germaneto; l’Aereostazione di Lamezia Terme. Circa 400 milioni di euro destinati al tema della mobilità sostenibile regionale, di cui ormai da tempo non si ha riscontro.
Non affrontare questi temi con serietà, ma limitarsi solo a rivendicare attenzione dagli altri significherebbe da parte della politica gettare fumo negli occhi dei calabresi, provare inutilmente a distogliere il loro sguardo da ciò che realmente conta: rendere questa regione produttiva, attrattiva e scevra dal gioco criminale.
Se la politica non vuole nuovamente fallire quello che deve fare è puntare sulla concretizzazione delle infrastrutture, materiale e immateriali, che necessitano alla Calabria per riagganciare il Nord, deve intervenire per eliminare il divario economico e sociale, deve agire per azzerare le diseguaglianze in essere. Adesso pertanto, occorre velocizzare, mettere a terra le tante proposte e idee che, sino ad oggi, sono rimaste adagiate sulle scrivanie di coloro che amministrano la cosa pubblica.
È determinante spendere tutte le risorse messe a disposizione dall’Europa ma è fondamentale spenderle bene. Ciò che la Calabria non può permettersi è la parcellizzazione delle risorse. Ciò che serve adesso è la concentrazione dei finanziamenti verso gradi assi di intervento: le infrastrutture, la mobilità regionale, il potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria e della Zes per sostenere la crescita del porto di Gioia Tauro e la sua connessione agli assi viari nazionali e internazionali, la depurazione, il dissesto idrogeologico, la riqualificazione energetica degli edifici pubblici, l’inclusione sociale, le politiche attive, i servizi pubblici essenziali, sanità, scuola e diritto allo studio, trasporti, cultura, turismo, e la digitalizzazione e modernizzazione del territorio. Indirizzi che, per buona parte salvo qualche svista grossolana, sono compendiati all’interno delle missioni del Next generation eu. Dagli investimenti su questi asset, si potrebbero creare in Calabria circa 15 mila posti lavoro.
Per perseguire questo obiettivo non ci sono tante strade a disposizione, se non quella di avviare subito in Calabria il dialogo sociale, strumento fondamentale anche per evitare che queste risorse possano essere attenzione da criminalità organizzata. Sull’utilizzo di queste risorse avevamo avanzato proposte progettuali e avevamo chiesto, inascoltati purtroppo, il ricorso a strumenti di controllo sociale quali la messa in opera di una banca dati pubblica sulle varie attività finanziate, la realizzazione di book fotografici che certificassero l’avanzamento dei lavori, la sottoscrizione di protocolli di legalità e la creazione di uno spazio di controllo sociale utile al cittadino per la segnalazione delle opere che andavano fatte e che magari, ancora oggi, non hanno registrato neppure l’avvio del cantiere.
Per ritornare infine agli investimenti per il sud e la Calabria previsti dalla bozza del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza.
Il Recovery plan, occasione irripetibile per sostenere la convergenza del mezzogiorno al resto del Paese deve, così come chiede l’Europa, deve programmare per il sud e la Calabria la realizzazione delle grandi opere, cosa che purtroppo ancora non si vede nel Piano. In Calabria la realizzazione dell’alta velocità e alta capacità, il cui studio di fattibilità era peraltro previsto nel Patto della Calabria datato 2014, non può essere sostituta da interventi compensativi diretti a velocizzare la direttrice Battipaglia/ Reggio Calabria.
Robusti investimenti sulla rete ferroviaria tirrenica servono alla nostra regione anche per adeguare la linea ferrata ai nuovi standard europei, fondamentali per collegare il porto di Gioia Tauro ai corridoi europei e mondiali di spostamento delle merci. Sulla parte ionica della Calabria che all’interno di una regione che ha grosse difficoltà di connessioni, vive una condizione di maggiore isolamento; vanno potenziati gli investimenti sulla linea ferroviaria già finanziati in parte attraverso il Por Calabria 2014/2020 ma va anche previsto un importante stanziamento di risorse economiche per la Statale 106. La Calabria deve chiedere a gran voce che all’interno del dibattito parlamentare sul Recovery plan, la politica affronti il tema riguardante la realizzazione totale della Strada statale 106. Accanto al terzo megalotto della Statale 106 vanno previsti gli interventi per il tratto crotonese, la fascia ionica catanzarese e reggina che attualmente sono tagliati fuori dal completamento di questa grande opera di collegamento sulla direttrice ionica/ adriatica. Se non ora quando si metterà la parola fine ad una questione che coinvolge una parte importante di comunità calabrese, quella ionica.
Dunque il Recovery investe davvero poco per la Calabria, una regione che ha fame di mobilità. Troppo poco per una regione che è stata sedotta ed abbandonata dai governi che, sino ad oggi, si sono succeduti a Palazzo Chigi. Oggi non è il tempo di chiudere gli occhi, di prendere in giro i calabresi, di mortificare le loro aspettative. Nessuno pensi che si possa tenere appesa la Calabria in attesa delle elezioni, perché un giorno di ritardo in più potrebbe allargare il solco delle disparità fra la Calabria e il Mezzogiorno, fra la nostra regione e il resto dell’Italia. Si apra subito la discussione e la verifica sulle opere previste dal Por e dal Patto per la Calabria e sul loro stato di avanzamento.
Accanto alla giusta indignazione sul Recovery plan, che va migliorato per evitare inutili duplicazioni di risorse e potenziato rispetto alle reali necessità della Calabria, bisogna essere seri e svolgere un approfondito lavoro di elaborazione rispetto a ciò che, invece, è di competenza della politica regionale e che ancora oggi, come abbiamo sostenuto, non è stato affrontato.
Santo Biondo
Segretario generale
Uil Calabria