di Gianluca Albanese
GIOIOSA IONICA – Massimo rispetto per la statua di San Rocco, patrono di Gioiosa Ionica, ritratto durante la processione di domenica scorsa arricchita dal tradizionale ballo votivo; non è l’oggetto della presente riflessione.
Piuttosto, aver trascorso un pomeriggio da “turisti” nella cittadina gioiosana, proprio durante la suggestiva festa patronale, ci ha (ri)destato una piccola grande curiosità. Proprio di fronte al palazzo municipale, infatti, sono ancora leggibili, sul muro di un bel palazzo in stile retrò, due slogan del Ventennio fascista. Frasi frutto della propaganda di regime e che, nel tempo in cui i manifesti pubblicitari “6×3” non erano in voga (e i tabelloni a cristalli liquidi non erano stati inventati) vennero impresse sulle facciate dei palazzi, grazie a un’intuizione di Achille Starace, con tanto di firma stilizzata “Mussolini”. Per carità, la loro permanenza non è un fenomeno solo gioiosano: l’Italia è ancora piena di slogan fascisti sulle facciate dei propri palazzi. Ma il fatto che siano poste proprio di fronte al palazzo municipale, nella cittadina che vanta una tradizione di sinistra, con sindaci come, tra gli altri, il compianto Francesco Modafferi e che diede i natali all’eroe antimafia Rocco Gatto (entrambi dell’allora Pci), suona come una goliardata. Dal valore di testimonianza storica, certo, ma pur sempre goliardata. A pochissime centinaia di metri, infatti, ci sono i murales esterni al palazzo che ospita il teatro. Furono realizzati da attivisti comunisti milanesi e artisti locali nel 1978, proprio per ricordare il sacrificio umano di Rocco Gatto nella lotta contro l’arroganza della ‘ndrangheta. Col tempo, i loro colori vivaci sbiadirono, anche quel rosso così sanguigno delle lotte operaie che qui trovarono il loro humus grazie alle cooperative dell’allora sacerdote Natale Bianchi, fatte di donne impiegate in opere sartoriali, e alla lotta di tanti ragazzi degli anni ’70, oggi sessantenni con la passione mai sopita e l’anelito di una società più giusta ed equa. Proprio così: la Gioiosa narrata da “Cessarè”, il libro di Bruno Gemelli e Pietro Melia (all’epoca giovanissimi cronisti e scrittori) trova in quei murales la sua rappresentazione più grafica immediata. Ebbene, dopo trent’anni, su impulso dell’associazione “Da Sud” e di un comitato cittadino, e grazie al contributo della Provincia di Reggio Calabria (in particolare, grazie all’impegno dell’allora consigliere di Rifondazione Omar Minniti), i murales vennero restaurati. Le scritte del Ventennio, invece, sono sempre là. Visibili come sempre, senza bisogno di particolari restauri o altro. Le incontra chiunque esca o si affacci dal palazzo municipale. Anche l’attuale esecutivo, d’ispirazione civica ma in larga parte composto da militanti e attivisti dei partiti della Sinistra radicale. Nemesi storica?