di Maria Antonella Gozzi (ph. Alessandra Fragomeni)
LOCRI – “La famiglia va intesa come risorsa della comunità”: è da questa consapevolezza che bisogna partire per definire gli interventi del legislatore, degli operatori del diritto, degli specialisti del settore socio-assistenziale e di quello socio-sanitario. Ed è ciò che è emerso nel corso dell’incontro-dibattito organizzato dal movimento politico della città di Locri “Libera Polis”, dal tema: “La famiglia in una società che cambia”, svoltosi ieri pomeriggio a Locri, nella sala convegni di Casa Santa Marta, alla presenza di un folto numero di partecipanti.
Il dibattito, introdotto e moderato da Teresa Celestino, si è aperto con i saluti del nuovo direttore della Caritas diocesana di Locri, Don Elangui Rigobert, il quale ringraziando per il coinvolgimento della Diocesi, anche in nome del Vescovo Francesco Oliva, ha sentito il dovere di richiamare un’attenzione massimale sul tema trattato. «I problemi del minore, oggi, sono particolarmente gravi – dichiara – e abbiamo bisogno di sentire vicini tutti coloro che concretamente possono dare il loro contributo alla crescita sana e al suo inserimento in una società sempre più difficile e pericolosa. I dibattiti devono servire a smuovere le coscienze e condurre, nel più breve volgere di tempo, a interventi seri e puntuali».
Il capo di gabinetto della Presidenza del Consiglio Regionale Ugo Massimilla, delegato dal Presidente Nicola Irto – quest’ultimo assente per sopravvenuti e improrogabili impegni istituzionali – definisce quello trattato da Libera Polis «un tema di stringente attualità». E, in effetti, la società è molto cambiata e, con essa, lo è anche la famiglia. Il problema che si pone Massimilla è di trovare delle strade percorribili ed efficaci per comprendere questi cambiamenti e per farvi fronte in modo costruttivo. Dichiara, al riguardo: «il benessere del minore è al centro di questo dibattito ed è a questo che bisogna puntare; tutti possono e sono chiamati ad attuarlo: istituzioni e cittadini». Snocciola alcuni dati preoccupanti, Ugo Massimilla – come quelli emersi dall’ultimo rapporto Censis – che rileva come siano aumentate le famiglie del sud che non riescono a sfamare i loro figli. Si dice seriamente preoccupato e promette che il Consiglio Regionale si farà carico delle difficili realtà che si stanno allargando a macchia d’olio. Non manca un ringraziamento ad Antonio Marziale, garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria per l’impegno profuso a garanzia dei diritti dei minori, anch’egli tra i relatori del convegno organizzato dal movimento politico, ma tenuto lontano da un’emergenza registrata in questi ultimi giorni nel “ghetto” Ciambra, un quartiere ritenuto degradato di Gioia Tauro dove vive stabilmente la comunità Rom e completamente abbandonato a sé stesso, nel quale numerosi sono stati gli interventi per riportare alla normalità le condizioni di vita dei suoi abitanti e dei minori, in particolare.
I lavori del convegno procedono con l’atteso intervento di Francesca Maria Panuccio, avvocato e tutore dei minori presso il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria la quale, subito dopo la lettura del primo articolo della legge 184/83 (Legge sul diritto del minore ad avere una famiglia, così come modificata dalla novella legislativa del 2015, n. 173/2015) e conseguenti riflessioni da parte di Teresa Celestino, dichiara sin da subito: «mi sento rassicurata dai volti amici presenti e assicuro il direttore della Caritas che non sono in grado di parlare in politichese e ringrazio Libera Polis per l’opportunità concessami questa sera».
Dall’accurata relazione della Panuccio si evince che il minore, oggi più che mai, chiede stabilità. E lo fa nel contesto di una società in continua evoluzione, rendendo ancora più problematico il suo adattamento ai nuovi schemi familiari che si stanno delineando nel nostro ordinamento giuridico. «Certo – dichiara – perché il suo diritto di vivere nella sua famiglia è sacrosanto, ma quest’ultima non è sempre in grado di rispondere a questa esigenza. Oggi si registrano casi di “omo genitorialità”, ma il giurista non può esprimere giudizi o valutazioni, non può nascondersi dietro schemi precostituiti».
Che la famiglia, intesa come nucleo tradizionale o nella sua accezione di realtà “allargata”, sia il luogo naturale per la crescita del minore, lo confermano anche numerose sentenze della Suprema Corte di Cassazione. Nella sentenza n. 21110/2014 si parla di tre presupposti fondamentali per la crescita sana: quelli della serenità, dell’accoglienza e dell’ascolto.
L’interesse del minore, dunque, da un semplice principio ispiratore dei rapporti di famiglia, è divenuto un vero e proprio criterio guida, di integrazione e attuazione delle norme che vanno applicate alla tutela del minore. E’ divenuto, per usare l’espressione usata dal tutore dei minori Panuccio, una “clausola generale”.
Continua la relatrice, aggiungendo che si sta assistendo a una profonda trasformazione della giurisdizione minorile che ha portato a una maggiore specificità della relativa tutela. Quando si parla, infatti, di tutela del minore come persona che cresce, non si può prescindere da un’idea di progettualità. Non occorre più tanto interrogarsi su chi ha ragione o torto; la vera domanda da porsi è se sia opportuno o meno per il minore un certo tipo di tutela.
Richiamando l’art. 1 della legge 183/1989, la Panuccio spiega che il riconoscimento del diritto del minore a vivere nella sua famiglia ha due significati: il primo è quello di crescere ed essere educato nella famiglia (nucleo familiare di origine o in quella allargata). De relato, i doveri dell’Autorità Pubblica, in negativo, sono quelli di non interferire nelle dinamiche familiari e, in positivo, quelli di intervenire in casi di estrema necessità. Il secondo significato s’identifica con la possibilità che la famiglia impedisca la crescita e lo sviluppo armonico della personalità del minore. Solo in questo caso, egli ha diritto a un’altra famiglia (adottiva o affidataria, secondo il tipo di problema riscontrato).
Non mancano i casi in cui si registra la negazione dell’interesse del minore. A titolo esemplificativo: in una causa di separazione, dove si discute dell’affidamento del minore, questi non deve essere ascoltato quando sussiste il rischio di ripercussioni perturbanti; neghiamo il suo diritto di crescita serena anche quando lo allontaniamo dai suoi affetti, dai suoi amici, dai suoi animali e anche quando non sappiamo leggere e condividere i pensieri del minore.
Sui minori stranieri non accompagnati, la Panuccio suggerisce la lettura di un libro dal titolo “Il mare nasconde le stelle”, «perché – asserisce – il diritto porta alla lettura, il diritto riguarda la vita dell’uomo».
Anche Papa Francesco ha detto che quello che pesa di più è la mancanza di amore nelle famiglie, l’assenza di dialogo, tra genitori e figli, tra fratelli.
Si chiude così l’intervento dell’avvocato Panuccio e la parola passa agli astanti.
A parlare è Daniela Diano, psicologa e psicoterapeuta che, dopo avere annunciato un imminente convegno, organizzato con l’associazione Libera di Don Ciotti, sul Protocollo “Liberi di scegliere”, promosso dal Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, ha specificato che la famiglia è anche il luogo in cui si consuma il maggior numero di reati: dagli abusi alla trascuratezza emotiva. Afferma, al riguardo: «la famiglia è disfunzionale, altrimenti non sarebbero necessari gli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari che attuano i provvedimenti emessi dal Tribunale per i minorenni». La Diano denuncia, altresì, la penuria di psicologi nella Locride. «I servizi sociali, che dovrebbero essere istituiti in ogni Comune, sono pochi e non tutti funzionano come dovrebbero» afferma. «Da un anno stiamo lottando per ottenere il “Centro per la famiglia”, un luogo culturale dove creare laboratori per il recupero delle competenze genitoriali. Ce ne vorrebbe uno per ogni Distretto socio sanitario».
Il convegno si chiude con un appello da parte di Maria Francesca Panuccio: «serve formare dei nuovi tutori, ecco perché non sarei contraria a inserire nel percorso dei praticanti avvocati, almeno tre mesi di tirocinio formativo per imparare a dialogare con i minori e tutelare i loro interessi primari».