di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Wikipedia)
La lingua greca della Calabria o grecanico o greco minore costituisce un patrimonio culturale della Calabria, perché è una delle lingue sottoposte a tutela dalla legge n. 482 del 15 dicembre 1999 che tutela le lingue della popolazione albanese, occitanica e grecanica di Calabria promuovendo la valorizzazione e divulgazione del loro patrimonio linguistico, culturale e materiale. Il grecanico, quindi, rappresenta il greco ‘volgare’, la “δημοτική” (lingua popolare locale) e i comuni calabresi in cui ancora si parla (i parlanti sono forse 500) sono tutti situati nella provincia di Reggio Calabria: Bova Superiore, Bova Marina, San Lorenzo, Palizzi, Brancaleone, Roghudi, Cardeto, Bagaladi, Condofuri, Melito di Porto Salvo, Montebello Jonico, Motta San Giovanni, Samo, Chorio,Roccaforte del Greco, Gallicianò, Amendolea, Grotta e San Carlo. Questi territori, essendo stati per molto tempo scarsamente accessibili, sono riusciti a mantenere la cultura ellenofona e oggi costituiscono quindi i limiti territoriali linguistici del grecanico che è chiamato dai Greci di oggi “lingua Katoitaliótika” (in greco: Κατωιταλιώτικα, che significa “Italiano meridionale”).
Un tempo gli abitanti delle montagne, che dall’Aspromonte scendevano a Reggio, avevano l’appellativo di “paddéchi” proprio a causa della loro parlata incomprensibile. Un glottologo tedesco, Gerhard Rohlfs, a dorso di mulo e zaino in spalla, si recò in quelle zone e, ascoltando i residenti, enunciò l’ipotesi che quell’indecifrabile lingua affondasse le radici proprio nel greco di Omero probabilmente per un rapporto ininterrotto fra la Grecia e la Magna Grecia. Rohlfs scoprì e valorizzò queste comunità attraverso i suoi ripetuti viaggi in Calabria e scrisse che la nostra regione “doveva essere redenta attraverso la riconquistata dignità di popolo, a seguito della riscoperta dei valori culturali regionali da parte dei suoi abitanti”.
Nello stesso periodo scrisse anche che “la parlata greca in Calabria si trova ormai in quelle desolate condizioni che i medici sogliono chiamare in extremis”. Denominato “archeologo delle parole”, frequentò le comunità aspromontane diventando, infine, il promotore della rinascita di quei borghi ricchi di storia. Comunque l’origine del grecanico scatenò una diatriba tra i glottologi, perchè Gerhard Rohlfs sostenne l’ipotesi di una discendenza continua e diretta della lingua greca di Calabria dalle antiche colonie greche dell’Italia Meridionale dell’VIII-VII secolo a.C (evidenziando che la lingua era arcaica e molti termini derivano dal dialetto dorico), per cui l’uso del grecanico, parlato sin dai tempi della Magna Grecia, si sarebbe protratto fino ai nostri giorni. Invece altri studiosi, come Giuseppe Morosi, si schierarono in favore dell’origine bizantina della lingua, cioè ipotizzarono che l’origine dell’idioma risalisse al periodo bizantino dovuta alle immigrazioni di gente di lingua greca.
Il grecanico, inoltre, è entrato a far parte del Red Book UNESCO come lingua a rischio di estinzione, perché parlata ancora soltanto nei Comuni di Gallicianò, Roghudi, Chorìo e Bova Marina, solamente dalle vecchie generazioni e in un ambiente esclusivamente domestico. In particolar modo a Gallicianò, unico borgo tuttora interamente ellenofono e definito ”Acropoli della Magna Grecia”, la lingua presenta particolari vocaboli, forme sintattiche e verbali che riportano la sua origine all’VIII sec. a.C. Molti studiosi si sono cimentati in lunghe ricerche per riuscire a recuperare antichi canti popolari e oggi si può affermare che il folklore greco-calabro si concentra purtroppo solo nella tradizione orale. Infatti si sono formati molti gruppi folcloristici e di ricerca etnomusicale del territorio calabrese tantochè le canzoni, la musica e la poesia grecofone sono famose sia in Italia che in Grecia e inoltre, negli ultimi anni, sono nate molte associazioni per difendere, conservare e tramandare la cultura greco-calabra. Per la divulgazione, quindi, del calabro-grecanico o lingua grecanica o “grika”, vengono ripetutamente avviate iniziative di scambio informativo e culturale con la Grecia, soprattutto alla ricerca di tracce della lingua madre originale conservate ancora nel grecanico odierno.
L’originalità consiste nel fatto che morfologicamente e sintatticamente questo idioma ha molti punti comuni con il greco moderno, nonostante conservi una propria fisionomia e non si possa identificare con nessun dialetto regionale della madre terra greca. Inizialmente la diffusione del dialetto greco si estendeva almeno ad una trentina di comuni e località solo nella provincia di Reggio Calabria e, sino alla fine del XV secolo, il greco era molto diffuso e coesisteva, come lingua del popolo, accanto al latino ufficiale ed al volgare. Inoltre Bova, anche oggi capitale spirituale e storica dei Grecanici, era sede di un vescovato di rito greco.
A causa delle dominazioni avvicendatesi sul territorio calabrese nel corso della storia, alla lingua si sono aggiunti elementi lessicali latini, arabi, francesi, ispanici e germanici. L’avvento dell’epoca fascista, poi, che infliggeva punizioni agli scolari che parlavano il grecanico, contribuì ad accrescere l’isolamento di queste comunità grecofone mentre, in seguito, la distanza geografica di questi centri sia dalla superstrada litoranea sia dai principale circuiti di distribuzione della stampa, favorì la conservazione di questa parlata locale fino alla sua riscoperta intorno agli anni ‘50. Questa lingua che, come l’assenza di strade e di altre vie di comunicazione, costituì un ostacolo nei rapporti con gli altri calabresi, contribuì a caratterizzare un’area culturalmente omogenea non solo in rapporto alla presistenza della lingua greca, ma anche alla caratteristica “grecità”, intesa come un continuum linguistico-culturale.
D’altra parte il grecanico, nel corso dei secoli, è stato anche trascritto utilizzando caratteri latini e creando lessici e grammatiche ed inoltre è stata valorizzata la cultura dell’appartenenza etnica rispetto alla dominante cultura circostante sdoganandone al contempo il valore intrinseco.Un excursus merita,invece, l’evoluzione e la trasformazione dell’idioma reggino. Reggio è stata infatti per millenni “roccaforte” della cultura greca in Italia e ne è ancora oggi testimonianza la presenza di molte famiglie con cognomi di origine greca: ad esempio, un cognome comune in città è “Romeo”, eponimo o nome greco di famiglia. Il dialetto reggino, nato dal greco dei primi coloni calcidesi, fu parlato fino all’età bizantina senza notevoli influenze di altre lingue e successivamente fu arricchito dal latino durante la dominazione romana e, in epoca medioevale, dall’arrivo dei Normanni.
La lingua parlata prima dell’anno mille a Reggio Calabria, piena di influenze del greco antico ed ampiamente diffusa fino a qualche secolo fa in tutta la Calabria meridionale, oggi risulta quasi completamente scomparsa avendo perso molto in favore dell’unità linguistica nazionale e del dialetto neolatino della Sicilia e della Calabria. Su di essa si sono sviluppati un tipo di dialetto ed una parlata che presentano molte analogie e similitudini con la lingua siciliana conferendo alla parlata reggina un’inflessione simile al siciliano e dando così origine alla cosiddetta “lingua Calabro-Sicula”. Infatti, nell’area compresa tra Scilla e Bova, si denota un’assenza delle consonanti “dure”, tipiche invece del resto della Calabria, e si notano forti corrispondenze linguistico-lessicali con il dialetto messinese. Infatti il reggino ed il messinese, dialetti molto simili, differiscono prevalentemente per alcune variazioni nell’intonazione e per poche varianti nell’uso delle consonanti.