di Gianluca Albanese (ph. Enzo Lacopo)
LOCRI – C’è una storia di qualche decennio fa che agli occhi del contemporaneo appare come una favola triste. Parla di una Locri vivace, produttiva, all’avanguardia e fulcro dell’economia dell’intero comprensorio. Narra di una borghesia imprenditoriale disposta a rischiare in prima persona per introdurre un nuovo (all’epoca) modo di produrre, capace di superare quelle gerarchie sociali ormai cristalizzate, tipiche della civiltà contadina. Una storia di imprenditori, non di “prenditori” di contributi pubblici. E’ la storia della Locri tra il 1880 e il 1940, la storia delle Officine Meccaniche Calabresi.
Il professor Salvatore “Turi” Futia, che ha scritto un interessante saggio sul tema, ha raccontato questa storia con la chiarezza e la dovizia di particolari che gli sono proprie, ieri pomeriggio, nel corso di una serata organizzata dalla locale pro loco presieduta da Fabio Mammoliti.
Prima di iniziare l’esposizione dei fatti, però, il professore Futia ha dato vita a un prologo, conducendo i presenti in un tour preliminare nella via Regina Margherita. “Un tempo – ha spiegato – questa era l’unica strada di Locri, coi palazzi delle famiglie più agiate che venivano dalla Campania e dalla Sicilia, che edificarono qui dopo che il Comune di Siderno negò l’autorizzazione a costruire. Tra esse la famiglia Cavo, la prima a portare l’illuminazione elettrica a Locri e la produzione di ghiaccio, che allora era una cosa eccezionale. Al circolo di riunione – prosegue il racconto di Futia – avvenne, nel 1932, uno scontro fisico tra due ingegneri: il fascista Bruzzese e il massone (e quindi antifascista) Franco. Questi fece una battuta sui festeggiamenti del primo decennale del regime fascista che non piacque a Bruzzese che reagì con un violento pugno. Forse non è un caso che proprio l’ingegnere Franco fu, in seguito, nominato curatore fallimentare delle Officine Meccaniche Calabresi”.
Dopo questo primo tuffo nella storia c’è stato il saluto del presidente della pro loco Fabio Mammoliti: “Puntiamo – ha detto – a riscoprire la storia con manifestazioni come “Mosaico dei tempi” e “Calabria e’ storia”. Oggi si conclude la mostra di documenti della Locri dal 1880 al 1940 in cui erano numerose le realtà aziendali, specie nei primi anni dello scorso secolo. Nel 1924 nacquero le Omc che occuparono fino a 200 addetti, tra cui anche operai specializzati provenienti dal nord che trasmisero il loro sapere ai colleghi.
Allora erano azienda ausiliaria dello Stato. Ciononostante fu dichiarata fallita. Producevano i bulloni per costruire il mitico transatlantico Rex e una moto importante come la Omc 175. Il messaggio della manifestazione di stasera – ha concluso Mammoliti – e’ quello di non rassegnarsi alle presunte verità che ci vogliono propinare.e Turi Futia vuole proprio questo: ricostruire la verità con un libro che è già giunto alla seconda edizione”.
Turi Futia inizia a parlare a braccio, ringraziando innanzitutto la pro loco.
“Giorni fa – ha esordito – lo Svimez ha dichiarato la irreversibilità del sottosviluppo del Sud Italia ma noi stasera vogliamo essere ottimisti: se siamo stati bravi come nel periodo tra il 1880 e il 1940, possiamo esserlo anche in futuro. I fatti che hanno determinato la decadenza della Locride sono tre: l’uccisione dei martiri di Gerace, il fallimento delle Omc e della Banca popolare di Gerace e la fine del mandato del vescovo Perantoni».
Dopo l’introduzione è iniziato il vero e proprio excursus storico.
«Nel 1873 – ha spiegato Futia – venne inaugurata la ferrovia e un gruppo di rampolli della classe notabile geracese concepì un piano strategico: coniugare la nascita di Gerace Marina (poi Locri) con un nuovo sistema economico di produzione e di rischio, superando l’economia contadina e i suoi privilegi cristallizzati. A quei tempi la Francia comprava l’80% dell’olio e del vino calabrese. Rocco Scaglione, Pietro Migliaccio e gli altri giovani geracesi fecero la Società Enologica e la Società Sulfurolio per raffinare i prodotti e ottenere altre materie: dalla sansa si produceva la materia prima per fare il sapone di Marsiglia, ma anche si produssero laterizi e tegole. In contemporanea Rocco Scaglione creò la Banca Cooperativa di Gerace Marina, nei locali dell’odierno Banco di Napoli, garantendo tassi accettabili per i prestiti agli imprenditori. Nel 1923 l’ingegnere Vincenzo Bruzzese lascio’ il suo importante ruolo in una azienda che produceva locomotive per investire a Gerace Marina. Nel frattempo nacquero il pastificio Leonardi (di fama regionale), il confettificio Nicoletti, la filanda nella quale si lavorava il baco da seta, la fabbrica delle pipe di Mittiga e le fabbriche di bibite e marmellate Locretta e Mammoliti. All’epoca Locri contava 1500 addetti nella produzione industriale, dando vita a un vero e proprio sistema industriale e finanziario che durò fino alla fine degli anni ’60, prima della strage di piazza Mercato che diede inizio al declino cittadino”.
Quindi, l’esposizione di Turi Futia si è concentrata sulla storia delle Omc. «Bruzzese – ha detto – iniziò con la rettifica di motori di automobili, ma poi si ingrandì facendo la bulloneria per i transatlantici. Strappò alla Fiat 30 operai specializzati che frequentarono l’albergo Nuova Messina, il bar e il teatro, facendo storcere il naso al notabilato locale, che non tollerava che degli operai avessero il loro stesso stile di vita. A un certo punto, le Omc assunsero fama nazionale dopo l’incontro con l’allora ministro Michele Bianchi che vedeva in Crotone e Gerace Marina due poli industriali. Qui si mise d’accordo con l’allora presidente della banca popolare Raffaele Pelle, garantendo parecchie commesse per opere pubbliche, tanto da produrre 706 articoli differenti. Locri diventò un crocevia di presenze e un gruppo di tecnici si staccò e aprì l’officina meccanica torinese a Siderno».
Un tipo all’avanguadia, Bruzzese che, come ha riferito ieri Futia «Capì che bisognava puntare su know how e marketing e viro’ sulla produzione di motociclette eliminando le altre produzioni, tanto da uscire dalla crisi derivante dal crollo di Wall Street, anche grazie all’ottimo rapporto tra qualità e prezzo. Forse Scaglione e Migliaccio non capirono la grande rivoluzione sociale che portarono queste ditte con operai che già all’epoca lavoravano otto,ore al giorno, con ferie e diritti pagati. Questo fece storcere il naso ai nobilotti locali, che attribuirono una brutta fama anche alle 30 lavoratrici delle Omc. Tutti sognavano un posto alla Omc. Le moto Omc sfilarono davanti a Mussolini a Roma e parteciparono alla fiera campionaria di Bari».
Una bella realtà, quella delle Omc, che però finì male e improvvisamente.
«Dopo la morte di Michele Bianchi – ha raccontato Futia – qualcosa cambiò. Lui che venne a inaugurare il ponte di Antonimina e del monumento ai Caduti a Locri aveva saputo creare un legame forte con la Locride. Nel contempo ci furono turbolenze e manovre anomale alla Banca Popolare di Gerace Marina, fino alla falsificazione di libretti e conti correnti. Una parte della classe dirigente locrese,tra cui l’onorevole Raffaele Pelle, pensò di attribuire ai vertici delle Omc la responsabilità del fallimento della Banca Popolare di Gerace.
Il tribunale arrestò Bruzzese e il ragioniere capo della banca Brizzi e poi dichiarò il fallimento della banca prima e delle Omc poi, con motivazioni capziose e senza poterlo fare. Venne nominato curatore fallimentare l’ingegnere Franco di Caulonia, massone come il presidente del tribunale. Smantellò tutto in pochi giorni e sottrasse tutto l’archivio per smontare la portata della fabbrica.
Bruzzese fece due anni di carcere ingiusto e scrisse un memoriale che riporto integralmente nel libro e descrive la Locride del tempo tra vizi e virtù. I tecnici torinesi tornarono a casa, portandosi dietro gli operai locali che acquisirono ruoli di primo piano a Torino».
Un finale triste, dunque, di una storia ascoltata, tra gli altri, da due grotteresi doc come il sindaco Leoncini e l’assessore Sisì Napoli, vera anima dell’Unione dei Comuni Valle del Torbido.
Il finale, però, non chiude la porta a un futuro migliore.
“Se un domani – ha concluso Futia – si creeranno di nuovo le convergenze per poter fare una nuova realtà produttiva del genere, perché non riprovarci?”.
Viene proiettato un video di una vecchia trasmissione di Trs condotta da Enzo Romeo sul tema, con uno speciale curato da Corrado Sità.
Per dovere di cronaca, infine, dobbiamo riportare un intervento sull’argomento di Domenico Macrì, locrese di origine ma residente a Vibo «Con il quale – ci ha scritto – esprimo un mio personale risentimento per non essere stato invitato a tale evento, datosi le mie conoscenze dirette sulla concezione tecnica e motoristica delle moto Omc. E perchè no, anche per le mie origini locresi».