di Gianluca Albanese
MARINA DI GIOIOSA IONICA – Non si può dire che la vicenda relativa al congresso cittadino del Pd che ha avuto luogo domenica pomeriggio sia passata inosservata. Anzi… numerosi sono stati gli interventi pervenuti alla nostra redazione, dopo il dettagliato resoconto dei lavori congressuali. Tutti hanno avuto qualcosa da dire su una tematica che non ha nulla di localistico, ma che investe in pieno quello che è il ruolo del Partito Democratico in tutto il nostro territorio.
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In ordine cronologico, l’assessore Sisì Napoli è intervenuto per difendere il suo impegno genuino per arginare la spinta rottamatrice di una parte – oggi maggioritaria – del Pd; il sindaco Domenico Vestito ha tenuto a dire che l’amministrazione che fa capo a lui non è interessata a interferire con le vicende politiche del Pd cittadino; i vertici provinciali e regionali dei Giovani Democratici si sono smarcati da responsabilità che non gravano su di loro.
Tutti interventi legittimi e opportuni.
Restano alcuni dati incontrovertibili. Il primo riguarda la composizione del direttivo e dell’assemblea del Pd di Marina di Gioiosa Ionica; nel primo, sono presenti due noti sostenitori della locale amministrazione comunale, come il segretario Daniele Albanese e la dirigente Valentina Femia; nella seconda sono presenti alcuni amministratori di primo piano, come il già citato Napoli e altri due assessori, ovvero Francesco Lupis e Maria Elena Loschiavo. E non c’è niente di male: l’adesione a un partito politico, infatti, è un fatto assolutamente normale in democrazia.
Il punto è un altro: il Pd di Marina di Gioiosa Ionica non è riuscito, almeno in questa fase costituiva, non è riuscito nell’intento di essere un circolo inclusivo, ovvero rappresentativo di tutte le anime democrat cittadine. Almeno a livello di direttivo.
E sicuramente non è un problema che riguarda solo Marina di Gioiosa Ionica.
Napoli e Vestito, dal canto loro, hanno ribadito che, specie nei comuni inferiori ai 15.000 abitanti, la dimensione amministrativa è una cosa molto diversa da quella partitica.
Già, nei comuni di queste dimensioni, accade spesso che alle elezioni si presentino liste civiche senza connotazione partitica, ma rappresentative di sensibilità molto diverse tra loro.
E su questo non ci piove.
Resta il problema che riguarda il partito di maggioranza relativa, quello più strutturato nel territorio, che dopo la sua nascita, datata otto anni fa, fatica a essere rappresentato in maniera univoca in tutte le realtà dove è strutturato.
Proprio così, spesso ognuno vive il Pd a modo suo, come se ognuno potesse costruire il “suo” Pd; un concetto – questo – sul quale saremo più chiari nel prosieguo della nostra riflessione.
A Marina di Gioiosa, però, si è vissuta la genesi inversa rispetto a molti comuni del comprensorio, nei quali il circolo esisteva prima della locale amministrazione comunale. Insomma, si poteva fare in modo di costruire un soggetto partitico autonomo rispetto alle dinamiche amministrative locali e capace di includere tutti quei soggetti che si richiamano a un’idea, a un simbolo, a un programma e, nell’era della personalizzazione della politica, a un leader.
Così non è stato, e come accade sempre in questi casi, con tutta probabilità non è colpa di una parte sola.
Ma per esporre meglio il concetto di “occasione persa“, non possiamo esimerci dal ricordare quanto accaduto in altri importanti centri del comprensorio negli ultimi due lustri, e capire come le spaccature più o meno evidenti in seno alle articolazioni locali del partito più strutturato nel territorio non siano frutto di personalismi o vecchie ruggini tra i singoli, ma siano piuttosto – in molti casi – una triste costante.
Ecco una rapida carrellata di alcuni casi che evidenziano come la mancanza di un riferimento partitico certo, inclusivo, imprescindibile, abbia dato la stura a quel triste fenomeno in virtù del quale ogni competizione elettorale, siano esse primarie locali, provinciali, regionali e nazionali, e perfino le consultazioni amministrative siano nulla di più che un’occasione per consumare rivalse tra correnti di uno stesso partito o, più banalmente, una conta tra militanti e simpatizzanti che si richiamano alle aree di riferimento.
E di come, chi non si riconosce nella linea del partito, piuttosto che aderire ad altri soggetti politici, si inventa il suo Pd parallelo, a cui, secondo la sede, attribuisce altri nomi, siano essi “Osservatorio Politico Culturale Spazio Aperto”, “LabDem”, “Circolo Aldo Moro” e così via.
BIANCO
Cinque anni fa, lo storico dirigente del Pci-Pds-Ds Antonio Scordino vinse le elezioni contro il circolo cittadino del Pd dell’allora segretario Rocco Nicita, che sosteneva il candidato sindaco Vincenzo Muscoli, a sua volta appoggiato anche dal Pdl. I sostenitori del professore di filosofia si aggregarono costituendo il circolo “Aldo Moro” che con gli anni divenne una roccaforte del crescente movimento renziano. E Bianco divenne una roccaforte dell’ex sindaco di Firenze. I suoi accoliti non riuscirono a conquistare il circolo, che passò nelle mani di Domenico Fortugno, poi divenuto renziano in occasione delle primarie per il rinnovo degli organismi regionali del partito, ma conquistarono la locale amministrazione comunale.
LOCRI
Nel 2013, i renziani della prima ora appoggiarono la lista di “Impegno e Trasparenza” capeggiata da Antonio Cavo e, una volta sconfitti sonoramente, costituirono un gruppo consiliare a cui diedero la denominazione di “Pd” che si aggiunse a quella della lista elettorale. Il circolo cittadino del Pd, infatti, dopo aver tentato di sostenere la terza lista (poi non ammessa alle elezioni per vizi procedurali) capeggiata da Dario Marando, lasciò fondamentalmente libertà di coscienza ai propri tesserati, anche se i reiterati ringraziamenti pubblici del sindaco di destra Giovanni Calabrese a quella che lui stesso definì la “parte sana del Pd locrese” lasciano intendere che qualche tesserato non fece mancare il proprio apporto alla sua lista. Dopo di allora, iniziò, un lento e tortuoso percorso teso a unificare tutte le anime del Pd locrese, che ancora non può dirsi compiuto.
ROCCELLA IONICA
Alle amministrative dello scorso anno, il circolo locale del Pd appoggiò il candidato sindaco Mimmo Circosta, mentre il Pd “non ufficiale” sostenne il sindaco uscente Certomà, nella cui lista furono inseriti alcuni candidati appoggiati apertamente da alcuni big reggini del partito, come Sebi Romeo, Nino De Gaetano e Demetrio Naccari Carlizzi. La spaccatura divenne ancora più evidente quando la candidatura alle elezioni regionali dello scorso novembre, fu assegnata, nella lista del Pd all’ex assessore Vincenzo Bombardieri, appoggiato dal Pd “non ufficiale” dell’asse Zito-Certomà.
CAULONIA
Anche qui, alle ultime elezioni furono in lizza due liste civiche: il circolo ufficiale guidato dal segretario Kety Belcastro appoggiò il sindaco Riccio; i sostenitori dell’ex consigliere provinciale Attilio Tucci sostennero la lista avversaria con a capo Mimmo Mercuri. Dopo un timido tentativo di riunificazione da parte di Sebi Romeo, dopo la sua elezione a segretario provinciale del partito, si avviò un percorso riunificatore di tutte le anime democrat che, anche qui come a Locri, non può dirsi, ad oggi, compiuto.
MONASTERACE
La scorsa primavera, si affrontarono due candidati sindaci di area Pd: il segretario cittadino Teodoro Bucchino e il suo sfidante Cesare De Leo, che stravinse la sfida delle urne.
E sono solo alcuni esempi.
A questo punto, resta da chiedersi quando sarà che in ogni comune esisterà un solo circolo Pd rappresentativo di tutte le anime democrat, e non ci sarà bisogno di creare soggetti politici paralleli che renderanno ogni competizione elettorale (siano esse elezioni o primarie) una sfida all’ultimo voto per affermare la leadership di una corrente sull’altra.
Ci si chiede quando sarà che le elezioni (o meglio, la nomina) degli organismi direttivi o assembleari provinciali e regionali non siano più delle camere di compensazione per dare importanza e visibilità ai delusi, ai disobbedienti alla linea, agli sconfitti delle consultazioni locali.
Ci si domanda quando accadrà che l’adesione a una mozione, a una figura carismatica, a una corrente, non sia più lo strumento per consumare vendette contro i propri avversari interni al partito. Troppi renziani dell’ultima ora, in giro, ai quali fanno da contraltare troppi bersaniani-cuperliani a convenienza.
Ci s’interroga sul perché anche le recenti elezioni regionali siano state l’occasione per trasformare una grande risorsa come quella costituita dai gruppi di militanti in comitati elettorali estemporanei di questo o quel candidato, quasi mai espressione di questo territorio.
L’impresa di fare del Pd un partito normale, aperto, inclusivo, plurale e comprensivo di tutte le sensibilità esistenti in ogni singolo comune.
La sfida è ardua, ma – sembra un paradosso – la possono vincere prima e meglio i più giovani, quelli che non ci vogliono stare a certe vecchie logiche e che sanno che il circolo di un partito appartiene ai propri tesserati, alle idee, ai programmi e non è, come molti sembrano lasciare intendere, una filiale aperta in franchising di una segreteria provinciale o regionale, ma piuttosto un luogo di confronto costruttivo tra militanti per perseguire il bene della comunità.
Il direttivo del neonato circolo di Marina di Gioiosa Ionica ha un’età media molto bassa.
I Giovani Democratici, nella nota diffusa questa mattina, hanno dato un segnale molto forte e chiaro.
Sta a Daniele, Valentina e gli altri coglierlo appieno, e dimostrare che i giovani possono raggiungere quegli obiettivi di inclusività e rappresentatività del partito, che molti leader navigati – anzi, a molte vecchie volpi – non sono riusciti a realizzare.
Auguri.