RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Ormai la sanità è diventata un problema da affrontare con la logica dei numeri e dei tagli lineari ed indiscriminati. Secondo la nuova bozza di regolamento sugli standard ospedalieri formulata dal Ministero della Salute verrà introdotta una soglia di accreditamento e di sottoscrizione degli accordi da parte delle case di cura private convenzionate di minimo 60 posti letto per acuti.
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Se il Patto per la Salute dovesse essere approvato senza modifiche, sarebbe la fine per le case di cura private accreditate. Secondo i parametri indicati nel Patto, in Italia sarebbero costrette alla chiusura 135 strutture per un totale di 8.733 posti letto con conseguente messa in mobilità di più di 11.000 risorse umane oltre al blocco di tutto l’indotto costituito da centinaia di piccole aziende. Anche in Calabria i riverberi negativi sarebbero notevoli; infatti, le strutture non accreditabili (quindi costrette alla chiusura) sarebbero 20 per un totale di 665 posti letto con una perdita occupazionale di più di 1.300 unità.
Bisogna inoltre considerare che l’attuale assetto della rete ospedaliera privata calabrese è stato recentemente riorganizzato da parte della struttura commissariale. Infatti, nell’ambito dell’attività previste dal cosiddetto Piano di Rientro, le strutture convenzionate hanno subito una profonda trasformazione che ha portato alla perdita di circa 800 posti letto per acuti.
Il tutto ha origine con la ristrutturazione della rete ospedaliera regionale che inizia nel 2010 con il DPGR n. 18, avente come obiettivo quello di adeguare il fabbisogno di posti letto per acuti della Regione Calabria alla media nazionale; obiettivo ampiamente raggiunto.
L’aspetto più controverso e paradossale è che molte delle strutture che oggi rischiano la chiusura, prima del DPGR n. 18, avevano un numero superiore a 60 posti letto per acuti. Secondo l’indirizzo regionale le case di cura dovevano scegliere tra branca chirurgica o branca medica non potendole gestire entrambe con la conseguenziale rinuncia a numerosi posti letto.
Una scure pesantissima, dunque, si abbatterà anche sulla nostra provincia dove resteranno fuori quasi tutte le strutture ospedaliere convenzionate.
In un contesto che vive una gravissima crisi, occupazionale e non solo, del comparto sanitario, legata al blocco del turnover, questo provvedimento, rappresenterebbe il colpo di grazia in primis per il cittadino paziente che vedrà collassare definitivamente il sistema di assistenza sanitaria, oggi già in difficoltà, e poi, per i giovani medici reggini i quali, ormai da qualche anno, hanno preso la via dell’emigrazione verso altre regioni se non, addirittura, verso l’estero. Il paventato provvedimento governativo, dunque, rischia di creare pesanti criticità tanto in termini occupazionali, quanto in termini di erogazione dei livelli minimi assistenziali, già in bilico per carenza di personale e mezzi in quasi tutte le strutture pubbliche. Da tempo, infatti, denunciamo le condizioni di lavoro, al limite della tollerabilità, in cui sono costretti ad operare molti medici nelle strutture pubbliche della nostra provincia e della nostra regione.
Non va dimenticato come la Calabria sia una delle regioni con il reddito pro capite più basso in Italia e con profonde deficienze economiche ed occupazionali. Dinnanzi ad un quadro economico – finanziario siffatto ed alla luce della nuova soglia di accreditamento, è altamente ipotizzabile la migrazione di una buona fetta dell’attuale utenza delle case di cura e delle cliniche private verso le strutture pubbliche, determinando, di tal guisa, un ulteriore innalzamento delle criticità che, quasi ogni giorno, vengono puntualmente segnalate dall’utenza con pazienti ricoverati in barelle e nei corridoi e liste d’attesa interminabili.
Di contro, le strutture private convenzionate rappresentano tutt’altro che una palla al piede per il sistema sanitario nazionale, garantendo un supporto fatto, in termini numerici, da circa 40 mila ricoveri e 20 mila interventi chirurgici. In Calabria, in più, tali strutture rappresentano un supporto ineludibile della rete ospedaliera pubblica alle quali, per via dell’accreditamento al sistema sanitario nazionale, possono essere a tutti gli effetti equiparate.
Il Consiglio dell’Ordine dei Medici della Provincia di Reggio Calabria ha più volte richiamato l’attenzione su queste problematiche auspicando interventi di segno totalmente opposto rispetto a quello oggi proposto dal Governo ovvero lo sblocco delle assunzioni nella sanità e la difesa dei Lea.
Sono a rischio decine o centinaia di posti di lavoro solo nel territorio provinciale reggino ma quel che più preoccupa è che ad essere a rischio è la tenuta di tutto il sistema sanitario calabrese già in apnea per far fronte alle legittime richieste di assistenza di cittadini che rivendicano un diritto fondamentale e costituzionalmente garantito come quello ad essere curati.
Esprimendo dissenso verso un provvedimento irresponsabile ed assolutamente inutile, siamo, al contempo, vicini ai cittadini calabresi sempre più depauperati dei propri diritti ed a tutti quei colleghi che vedono minacciato il proprio posto di lavoro. Sempre più convinti che la salute non può avere un prezzo.