di Patrizia Massara Di Nallo
Nel 1895 l’italiano Vincenzo Tiberio, ufficiale medico della Regia Marina Italiana, laureato a 22 anni, pubblicò sulla rivista “Annali di igiene sperimentale” i risultati eseguiti sulle muffe del cortile della sua casa di Arzano, alle porte di Napoli. Notando che i parenti, presso i quali viveva, soffrivano di infezioni intestinali nei giorni successivi alla pulizia dalle muffe dei serbatoi dell’acqua e poi tornavano a star bene con il riformarsi delle muffe, intuì che quelle muffe preservando dalle infezioni, esercitavano cioè un’azione positiva sulla flora intestinale. Allestì tre culture di muffe dai rispettivi estratti acquosi, cosiddetti “succhi di muffa”, e di queste analizzò il potere battericida su batteri di carbonchio,tifo, colera, concludendo che nella sostanza cellulare delle muffe esaminate erano contenuti dei principi forniti di azione battericida e inducenti una leucocitosi, segno di una stimolazione dei poteri di difesa dell’organismo.
Mise inoltre in evidenza l’inibizione dello sviluppo batterico, cioè la competizione tra due specie di microrganismi in cui prevaleva solo una specie, concetto poco prima codificato dal francese Paul Vuillemin preceduto dall’ inglese Lister.
Precedentemente avevano trovato impiego, nella cosiddetta medicina empirica, muffe fra cui muschio, tele di ragno e polvere accumulata sulle travi. Tiberio continuò ad iniettare estratti di muffa non purificati in cavie infette ottenendo dei risultati sorprendenti. Andò soprattutto oltre la semplice intuizione teorica di Vuillemin e di Lister scoprendo l’esistenza di attività antibiotica in una muffa coltivata su una colla di amido con gelatina come sostanza organica azotata. I suoi studi, che gli avevano fatto intuire il potere degli antibiotici trent’anni prima di Fleming, furono presto dimenticati.
Il capitano medico, impegnato in Marina, sospese le ricerche e nel 1915, quando le riprese, morì poco dopo. Nel 1928 Alexander Fleming fa le prime ricerche sulla penicillina, una cultura di stafilococco inquinata da una muffa, il Penicilium notatum, per giungere infine all’importante scoperta che rivoluzionerà la medicina: gli antibiotici. Nel 1945 quando Fleming riceverà il premio Nobel per la scoperta della penicillina non mancherà di citare onestamente le ingegnose e fruttuose ricerche condotte almeno un secolo prima dall’italiano Vincenzo Tiberio.
Gli antibiotici sono quindi stati una conquista lunga e faticosa della ricerca scientifica, ci hanno aiutato a combattere malattie che prima avevano esiti infausti e, con il passare del tempo, sono stati perfezionati a tal punto che oggi basta un antibiogramma per individuare, all’interno delle grandi famiglie di antibiotici, l’antibiotico specifico per ogni batterio o almeno quello più efficace per il singolo paziente.
Purtroppo è subentrato un grosso problema: l’indiscriminato uso che se ne fa nel mondo occidentale. Invincibili quindi nel debellare alcune malattie del secolo scorso stanno ora diventando un’arma a doppio taglio:la resistenza agli antibiotici è sempre di più una minaccia per la salute pubblica. Un primo rapporto dell’OMS sull’entità della resistenza antimicrobica a livello globale dal titolo “Antimicrobical Resistance – Global Report on Surveillance”, metteva in guardia su un’«era post-antibiotica» in cui perfino le infezioni più comuni possono diventare causa di morte.
Un secondo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dal titolo “Worldwide country situation analysis: Response to antimicrobial resistance” si è focalizzato sulle azioni intraprese per combattere la resistenza ai farmaci antimicrobici. L’indagine rivela che anche se molti governi sono sempre più impegnati a mettere in atto pratiche efficaci per affrontare questa questione, permangono importanti lacune. Circa un quarto dei Paesi che hanno risposto al sondaggio si sono infatti dotati di piani nazionali per preservare i farmaci antimicrobici, ma molti altri Paesi devono ancora fare passi avanti.
Ogni antibiotico ha uno spettro d’azione costituito da quei batteri che reagiscono positivamente al farmaco e un ampio spettro dell’antibiotico vuol dire che esso è efficace contro la maggior parte dei batteri gram-positivi e gram-negativi perciò il loro uso è comunemente consigliato anche in via preventiva da dentisti e chirurghi, in casi di intervento, per evitare complicazioni post operatorie.
Purtroppo un uso sempre più frequente ha creato lo sviluppo di ceppi batterici sempre più resistenti agli antibiotici stessi. Ecco perché si stanno studiando alternative agli antibiotici finora conosciuti, mentre in ambito sanitario-assistenziale il lavaggio delle mani resta sempre il modo più efficace per ridurre le infezioni anche del 50% sia per i batteri che per i virus (Covid docet). Alternative. Al Politecnico di Stoccolma, in Svezia, è in fase di sperimentazione un sofisticato gel dalle proprietà antibatteriche che dovrebbe essere applicato durante le operazioni chirurgiche per inibire la crescita dei batteri senza la necessità di antibiotici.
Anche la combinazione di più antibiotici si sta rivelando un’altra delle possibili terapie alla resistenza dei ceppi batterici. Tra le alternative ci sono anche gli anticorpi monoclonali e i fagi, ovvero virus che mangiano i batteri dannosi o letali per l’uomo. La terapia con i fagi sembra sicura ed efficace, ma, già utilizzata in passato, è stata poi abbandonata nel mondo cosiddetto sviluppato proprio per il successo degli antibiotici.
In attesa di alternative efficaci non resta che evitare quindi l’uso indiscriminato di questi amici-nemici ad ogni colpo di tosse come d’altra parte viene consigliato spesso dai nostri medici di famiglia. Non sono farmaci autoprescivibili. Spesso, per esempio, si pensa che l’influenza vada trattata con terapia antibiotica, ma essa ha origine virale, per cui gli antibiotici non sono efficaci e non occorre assumerli. Possono infatti essere alleati della nostra salute quando è necessario estinguere un’infezione batterica e inibirne la diffusione, sono invece inutili e potenzialmente dannosi in presenza di infezioni virali. L’ultima parola spetta quindi ai medici che conoscono le singole situazioni e hanno il polso, è proprio il caso di dirlo, dell’andamento epidemiologico. Bandito quindi il fai da te.
(Notizie storiche da bollettino EMPAM , scientifiche da news Aifa e da Humanitas- salute )
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