LOCRI – È ormai all’ordine del giorno leggere notizie di lavoratori sull’orlo della crisi perché non retribuiti dalle proprie Aziende. Questo di cui stiamo per raccontarvi la storia, è un altro di quei casi che, deve andare oltre un articolo, oltre le righe, perchè leggerete la disperazione di uomo, e come lui ce ne sono migliaia, che non riesce a garantire un futuro ai suoi figli.
Lo chiameremo Giuseppe, nome comune, perché nonostante il suo coraggio a raccontare la situazione precaria in cui sta vivendo, sta attraversando un periodo critico da cui è difficile uscirne se le Istituzioni non iniziano a fare il proprio dovere. «Sono un uomo che si sente umiliato e preso in giro dai “potenti” (definiti imbroglioni e buffoni), perché non hanno idea di che cosa significa ritornare a casa, dopo ore di lavoro e a fine mese dover dire ai propri figli che non ci sono i soldi nemmeno per mangiare. È assurdo che oggi, un dipendente Afor, debba ascoltare le rassicurazioni degli amministratori regionali e attendere invano che le loro parole si tramutino in fatti». «È da luglio – dice- che non riceviamo una regolare retribuzione, ogni mese ci danno un contentino, e poi giungono, sotto elezioni, a dirci di non preoccuparci che saranno pagati gli arretrati». Lo hanno detto lo scorso 17 gennaio l’assessore regionale all’Agricoltura, foreste e forestazione Michele Trematerra, unitamente all’assessore al Bilancio e programmazione Giacomo Mancini, ad oggi, nessuno ha mosso un dito e «io, e spero che altri miei colleghi mi seguano, ho deciso di protestare, mi legherò ai cancelli del Palazzo della Regione. Lì dovremmo essere ascoltati, perché la nostra disperazione è, ormai, giunta al limite. Non mi vergogno assolutamente di richiamare e rivendicare i miei diritti di lavoratore onesto. Adesso è giunta l’ora di muoversi». Il signor Giuseppe, nome di fantasia, aspetterà qualche giorno, poi è determinato a prendere posizione e se da una parte non è sorpreso dall’atteggiamento dei politici, dall’altra rimane incredulo del comportamento passivo di alcuni suoi colleghi che, pur vivendo nella sua stessa situazione, rimangono inermi e attendono invano. Intanto la giornata del dipendente Afor si svolge in maniera frenetica tra lavoro, impegni quotidiani, banche e famiglia, ma forse, nemmeno per quello c’è più tempo, perché i problemi sono tanti e si rischia di trascurare anche gli affetti personali. Ma Giuseppe è uno tosto e non si arrenderà di fronte alla negligenza o dinanzi ha chi deciso sul destino altrui. «Il lavoro deve essere retribuito – chiosa- e vorremmo sapere in molti dove sono andati a finire tutti i contributi destinati ai vari progetti della Regione nel settore agricolo». Tante le perplessità ed è sempre più convinto ad andare avanti, anche da solo, perché dice: «Questa battaglia non può avere deleghe. O ti metti in prima persona a combattere e difendere i tuoi diritti o nessun altro se ne farà carico. Non credo nemmeno più ai sindacati, perché loro -e qui lo sfogo assume caratteri più decisi – hanno un pensiero fisso: le tessere che a fine anno giovano, per dipendente prendono 150 euro circa e le casse delle organizzazioni sindacali sorridono. Noi no…».
DOMENICA BUMBACA