R. & P.
La mia permanenza nell’ospedale di Locri dal 31 luglio al 2 settembre 2018.
Mi chiamo Giovanna Trombetta, nativa di Isola del Liri, emigrata in
America a 20 anni, dove ho lavorato per 35 anni; in fase di
pensionamento ho deciso di rientrare in Italia, a Gioiosa Jonica,
paese natio di mio marito Vincenzo Giuseppe Paganica. Da dieci anni
abbiamo comprato casa e viviamo nella Frazione S. Antonio di Gioiosa
Jonica.
Giorno 31 luglio, su consiglio del mio medico curante, sono stata
portata di urgenza al pronto soccorso dell’Ospedale di Locri in quanto
mi sentivo sfiinita, priva di forze, sentivo dolori al petto, avevo
problemi renali, la pressione era 250/130 e non riuscivo a respirare.
Mi hanno messo subito sotto controllo, non ricordo molto di quei
momenti perché ero fuori di me e respiravo a fatica.Fanno di tutto per
risolvere il problema.
Non so se sono stata al punto giusto e al momento giusto,ma sembrava
che tutti i dottori che mi servivano per il mio problema erano
presenti.
Il giorno dopo ho incominciato a stare meglio. Ma c’era un caos
indescrivibile. C’era tanta gente al pronto soccorso. Tutti
strillavano, gli ascensori non funzionavano, nessun malato poteva
essere accudito a dovere perché mancavano le materie prime.
Intanto io avevo i polmoni pieni d’acqua. Mi è stata fatta una
trasfusione (emoglobina valore 6) e la dialisi. Mi hanno tolto cinque
litri di acqua (poi più in avanti altri 15 litri di acqua).
Nel pronto soccorso le dottoresse cercavano di spiegare, ma nessuno
capiva niente perché parlavano uno sopra l’altro. Sono arrivati anche
i carabinieri siccome una nipote rischiava di perdere lo zio dato che
non potevano portarlo in cardiologia, proprio per mancanza di
funzionamento degli ascensori.
Uno aveva la gamba rotta e non gli potevano fare i raggi e portalo nel
reparto ortopedico, che forse non era nemmeno operativo.
Io ho dovuto passare una notte sulla barella del pronto soccorso in
questa confusione,senza potere riposare..
Il giorno dopo ancora l’ascensore non funzionava e quindi non mi
potevano trasferite nel reparto medicina al quarto piano, dove ero
stata assegnata.
Chiamai il dottore e gli dissi che non ne potevo più, che sarei salita
a piedi pur di avere un letto.
Il dottore mi ha capito, ma ero molto debole e non sapevo se c’è
l’avrei fatta, ma con l’aiuto di mio marito e di altri tre amici,
salendo le scale lentamente siamo arrivati al quarto piano nel reparto
medicina generale.
Non è stato facile nelle condizioni gravissime in cui mi trovavo.
,dover subire questi trattamenti non sono ideali.
Chi mantiene questo ospedale in piedi non sono i muri di cemento che
stanno cascando a pezzi ,ma quei pochi dottori ed infermieri che ce la
mettono tutto per fare il possibile con quel poco che hanno a
disposizione.
Ma per amore della verità devo pure dire che ci sono degli infermieri
che hanno comportamenti non adeguati, svogliati, stanchi sin
dall’arrivo e pure qualcuno professionalmente non adeguato. A me in
questo reparto medicina mi si presenta un (credo) infermiere, alto uno
e ottanta che trascina i piedi con scarpe della sanità sporche dalla
campagna. Non so quante volte mi ha punto con la siringa per trovarmi
una vena senza successo. Intanto il mio sangue era da per tutto e il
mio braccio era completamente nero,gonfio e lui visto ciò ha
cominciato con l’altro braccio. Mi sono ribellata e lui mi ha detto di
stare calma che la colpa era la mia se non riusciva a trovare la vena.
Sinceramente ho richiesto qualcuno che avesse più esperienza , ma non
c’era nessuno. Finalmente ha trovato una vena e il mio calvario era
finito, ma mi ha lasciata con i lenzuoli pieni di sangue, il pavimento
sporco e d’allora non l’ho visto più (meno male).
Ero sfinita,ma almeno avevo un letto. Passando la notte più tranquilla
il giorno dopo ricomincia l’inferno a motivo di una pazienta malata di
mente che strillava tutto il giorno impedendo a tutti i malati del
reparto di riposare.
Purtroppo nel mese di agosto a nostra disposizione c’era solo un
infermiera, gli ascensori ancora non erano operativi e perciò tutti si
lamentavano. Non c’era rispetto, fumavano nella stanza (non capisco
perché in una struttura sanitaria non si rispetta il “non fumare”)
essendo allergica al fumo ho cominciato a tossire e a respirare male.
Devo dare credito a quell’ infermiera che accudiva tutti e 15 pazienti
da sola, sotto insulti, invece le dovrebbero dare una medaglia d’oro
per la sua pazienza, ,bontà e amore verso il suo lavoro.
Ogni giorno che seguiva era sempre peggio, quasi più del pronto
soccorso (in quanto a confusione), quando finalmente hanno capito che
il mio problema era anche il cuore.
Sono stata trasferita al quinto piano cardiologia e stavolta con
l’ascensore finalmente funzionante.
Arrivata nel reparto si è presentato a me tutt’altro scenario,cioè gli
infermieri più professionali e seri nel lavoro, il primario mi ha
fatto la prima visita e da subito ha capito il problema,dandomi le
giuste medicine e cure per risolvere ciò che avevo.
Il piano era controllato,non erano ammesse persone al di fuori dagli
orari da visita.
Mi hanno salvato la vita, questo è certo ! Ed io voglio rendere questa
mia testimonianza e ringraziare tutti (reparto cardiologia e
nefrologia in particolare) per aver avuto pazienza con me, mettendomi
in sesto per poter tornare a casa,con queste mie dichiarazioni voglio
dire che se si assumono le giuste persone i reparti funzionerebbero
tutti ,nessuno escluso,quindi l’ospedale di Locri non è tutto
negativo.
Articolo di:
Giovanna Trombetta