R. & P. (foto d’archivio)
Nel 1865, dopo lunghe e tormentate tragedie umane, venne abolita l’odiosa schiavitù, crimine contro l’umanità.
Per la prima volta, dopo circa tre secoli, di ininterrotta tratta umana tra Africa e Occidente, l’isola di Gorèe, nel 1865, resta senza schiavi da scambiare all’asta, non con soldi, ma con banale mercanzia, portati dall’occidente, dopo un lungo viaggio triangolare.
Il galeone partiva da Gorèe, carico di schiavi africani, ammassate come bestie nelle stive, giunto in America, lasciava il carico umano e imbarcava zucchero, cotone, cacao, ripartendo alla volta dell’Europa, dove scaricava e prendeva a bordo delle merci di scarso valore come: ciprea, merletti, specchi, perline di vetro, ecc., prima di riprendere il mare, di ritorno verso Gorèe.
Gorèe, isola dell’oceano atlantico, era la prigione naturale degli schiavi, ricorda un crimine contro l’umanità, dichiarato dell’Onu nel 1984, oggi, patrimonio dell’Unesco dal 1978.
La gioia per la conquista di libertà, è stata immensa, tocca ogni angolo del mondo, ripaga le lotte fatte, ma non sarà mai sufficiente a colmare il dolore per il sangue versato in quelle acque, lungo un viaggio proibitivo di circa seimila chilometri, durante il quale solo la metà, quelli più forti, arrivavano a destinazione nel porto di New York.
Il resto finiva in mare in pasto agli squali, gente innocua, che non aveva creato del male a nessuno, prelevata con la forza dai propri affetti e dalla propria terra, negli stessi luoghi da dove provengono i flussi di immigrati odierni.
Ieri, schiavi catturati, incatenati, spostati con la forza, verso altri continenti.
Oggi, schiavi persuasi, con promesse impossibili da mantenere, spostati a pagamento verso l’Europa.
Ieri, gli organizzatori della tratta, frustavano gli schiavi per farli mangiare e danzare, mantenendoli in forma per negoziarne il prezzo.
Oggi, i trafficanti, incassano i soldi, li caricano su barconi malmessi senza cibo né acqua, in balia delle onde nel mediterraneo.
È sorprendente scoprire come lungo questi viaggi della sofferenza, ieri venivano trattati meglio che oggi, ma in entrambi i casi, in molti, finivano senza vita in acqua.
Oceani e mari imbrattati di sangue innocente, di gente sradicata dalla propria terra per giungere in terre lontane a fare gli schiavi, lavorando come bestie dall’alba al tramonto, ininterrottamente, mal nutriti, mal pagati, mal vestiti, mal alloggiati.
C’è poca differenza tra schiavi di ieri e immigrati di oggi, ecco perché questo breve confronto storico.
In entrambi i casi, impiegati per fare lavori nei campi, sfruttati e calpestati nella dignità di uomini e donne, quando non vengono applicati i contratti e le regole previste dalla legge o ancora peggio quando cadono nelle grinfie di caporali senza scrupoli.
L’Italia, porta sul mediterraneo, come l’isola di Gorè, penisola di approdo degli schiavi d’Europa, che tutti cercano di rifiutare, ma non disdegnano la loro presenza, magari a basso costo, nei faticosi lavori dei campi.
Peccato che della loro esistenza c’è ne accorgiamo quando manca la manodopera nelle campagne per la deperibile raccolta dei prodotti e non durante il resto dell’anno, magari per dare uno sguardo sulle condizioni in cui vivono, nelle tendopoli o baraccopoli, disseminate in quelle aree di attrattiva per le grandi campagne di raccolta di frutta e ortaggi.
Riflettiamo su alcuni provvedimenti da prendere non più rinviabili, ad iniziare dalla regolarizzazione di coloro i quali si trovano già da tempo nel nostro paese, senza aver commesso reati, poiché non si giustificano in alcun modo, tenute di comportamenti irriguardosi nei confronti di questa gente, desiderosa di lavorare onestamente, oltretutto, quando questo tipo di manodopera manca.
Serve puntare ad una riorganizzazione dell’immigrazione regolare, per impedire alla criminalità di continuare a lucrare sulla povera gente, pressata dalla disperazione e costretta a muoversi in cerca di conforto e condizioni di vita migliore.
Il nostro Paese, per non dire l’Europa, deve dotarsi di una specifica istituzione snella e libera da questa imperante, quanto mai odiosa burocrazia, che continua a creare disagi senza prospettive.
Deve istituire una specifica “diplomazia dedicata all’immigrazione”, che faccia contrasto all’illegalità, mediante accordi continui con i principali paesi di origine, oltre a creare le precondizioni affinché si possa giungere ad attività produttive e lavorative, in questi luoghi, per mitigare quanto possibile le partenze dei migranti economici.
Diplomazia significa, l’impiego di esperti in quelle discipline, utili a studiare e indagare, mediante un’attività complementare alle istituzioni locali direttamente sul territorio, per orientare una scelta oculata sui bisogni reali di chi è desideroso di spostarsi, secondo criteri oggettivi di necessità, personali e familiari. Significa organizzare momenti educativi su; lingua, cultura minima normativa e primi nozioni di formazione professionale del paese di accoglienza, da riprendere e perfezionare una volta giunti a destinazione e occupati in attività lavorative.
Significa continuare a sostenere le fragilità durante la permanenza nel nostro paese, con attività di inclusione, studiate per specifici segmenti di inserimento al lavoro, vitto, alloggi, attività sportive e ricreative, ecc.
Significa affiancare lavoratori e aziende per creare presupposti, affinché si possa giungere ad avere alloggi dignitosi, magari, mediante moduli abitativi Green, da noi già studiati e proposti, da ubicare in quelle aziende che ne facciano richiesta e hanno una dimensione e una forza lavoro tale da poter ricorrere a questo agile strumento, affiancate da un sostegno finanziario da prevedere e erogare alle aziende.
Come già presentato in altre circostanze, alleghiamo, intero schema progettuale dei moduli abitativi da prendere in considerazione, oggi più che mai, posto che il distanziamento sociale diventa uno degli accorgimenti più importanti per frenare il contagio di questo dannoso virus.
Questo, permetterebbe di alleggerire la presenza di immigrati dentro strutture collettive come la tendopoli, ad elevato rischio contagio.
Sono questi a nostro giudizio alcuni provvedimenti utili ad alleggerire la tensione e i disagi createsi intorno ai lavoratori immigrati, soprattutto in questa delicata fase di coronavirus, dove vige una crescente incertezza sulla salute dei lavoratori.
Romolo Piscioneri – Fai Cisl Reggio Calabria
DI SEGUITO IL PROGETTO INTEGRALE:
Sito abitativo “Green Economy Immigration” lavoratori agricoli intera piana di Gioia Tauro.
Il progetto si pone l’obiettivo di superare le forti e confuse aggregazioni di manodopera agricola immigrata, richiamata dalle produzioni stagionali e per la concentrazione dell’elevato numero di presenze, di difficile gestione.
Le conseguenze che si colgono, a prescindere dall’impegno espresso dalle Istituzioni, a tutti i livelli, sono, il permanere del “ ghetto “ con enorme concentrazione di immigrati sia nella tendopoli sia nella baraccopoli di San Ferdinando – Rosarno.
I disagi odierni, conseguenti, sono sotto gli occhi di tutti.
Un permanere poco dignitoso, in assenza di servizi e utenze minime, per non dire delle precarie condizioni igieniche sanitarie, correlate al cibo e relativa alimentazione.
L’idea progettuale tende al superamento di queste odiose difficoltà e consiste nel:
Individuare e acquisire la disponibilità di quelle aziende agricole organizzate e di coerente dimensione, di partecipazione al progetto, presenti in tutta l’area della piana di Gioia Tauro;
individuare, nell’ambito di ciascuna azienda, un’area idonea dedicata e riportata in uno schema planimetrico semplice e di pronta lettura, codificato in un processo abitativo di green economy non invasivo, dedicato all’accoglienza dei lavoratori agricoli, occorrenti all’azienda;
Individuare, uno strumento idoneo di monitoraggio condiviso tra: Prefettura, Comuni, Organizzazioni Sindacali, Organizzazioni Imprenditoriali, Azienda Sanitaria Provinciale, Parrocchie, Strutture di Volontariato; che tenga conto costantemente dello stato dei luoghi, con la possibilità di anticipare le eventuali criticità, derivanti da condizioni igieniche, sanitarie, sicurezza, criteri e modi ricettivi;
Individuare e sostenere un adeguato collegamento tra la campagna e i centri abitati, mediante mezzi di trasporto dedicati, per giorni e orari.
Il progetto, dopo gli adempimenti sopra elencati, dovrà concretizzarsi mediante l’ubicazione di prefabbricati moduli abitativi ecocompatibili, 4/6 posti, ciascuno, in tutte quelle aziende che hanno aderito al progetto.
Tutto il materiale usato per la realizzazione dell’intero impianto abitativo deve corrispondere ai requisiti previsti per un’economia verde, ben contestualizzato in delicati ambiti produttivi agricoli, iniziando dalla piattaforma di base, ricavata per la posa del modulo abitativo, nonché dai
materiali usati per gli impianti idrici, elettrici, fognari e di riscaldamento.
I beneficiari di questi nuclei abitativi in legno, devono essere solo quei lavoratori in regola con tutta la documentazione prevista per soggiornare nel nostro paese.
In regola con l’applicazione del contratto agricolo e relativa assunzione, al punto che possono soggiornarvi solo coloro i quali hanno un regolare rapporto di lavoro in essere.
Alla scadenza del contratto o al venir meno del regolare rapporto di lavoro si deve lasciare l’alloggio.
Il progetto, su una stima approssimativa di area, si basa su un annovero di 150 moduli abitativi, con una capienza di 600/900 posti letto.
Le aziende che partecipano al progetto devono poter contare su:
una diretta e snella collaborazione di tutte le Istituzioni, volta a velocizzare parte delle procedure burocratiche, senza aggravio di ulteriore spese;
una ponderata agevolazione fiscale o detassazione, per impegni di spesa, coerente con la gestione del progetto;
una condivisine di responsabilità, in partenariato istituzionale, per il mantenimento efficiente degli alloggi e sicurezza in generale;
una facilitazione di accesso al credito dedicato, con la possibilità di agire, in convenzione, con alcuni istituti bancari e finanziari, per aprire spazi di nuova negoziazione per facilitare la canalizzazione dei pagamenti dei salari dei
lavoratori, secondo le ultime norme sulla tracciabilità e antiriciclaggio;
una ulteriore considerazione, affinché emergano le buone pratiche, da premiare quando si tratta di entrare nella rete del “ lavoro agricolo di qualità”, privilegiando, per quanto possibile, il consumo di tutti quei prodotti frutto di sane scelte organizzative, che antepongono etica e responsabilitàd’impresa, senza sfruttamento alcuno.
una dotazione di strumentazione informatica adeguata, per assicurare un costante monitoraggio telematico sulle specificità di settore e sui collegamenti multimediali, proprio per una prima formazione e entrata in una dialettica di ricognizione giornaliera e periodica, sulle criticità e punti di forza di questo diverso modo di presenziare l’azienda e più complessivamente il territorio.
Un collegamento in rete, con monitor dedicato in tutte le strutture, affinché, su specifici piani di scambi culturali e formativi, si possa interagire in videoconferenza, per comunicare, contemporaneamente, con tutte le 150 strutture.
Questo, non presuppone spostamenti, tornando utile quando si vuole dialogare con coerenza nelle diverse lingue, per spiegare ai lavoratori, le prime cose essenziali, sulle regole emanati dagli Enti Locali, dai contratti di lavoro, dalle norme generali, dai provvedimenti Prefettizi o di natura sanitaria, oltre che per l’esplicazione di moduli formativi dedicati.
La necessaria costituzione di un partenariato operativo, di campo, che deve poter agire per trovare le risorse e
fronteggiare la spesa e tutto il fabbisogno per la buona riuscita del progetto, con una specifica pianificazione e relativo piano di gestione.
Possibili soggetti animatori
Il progetto, combinato a finanziamento plurimo, vede, per molte attività connesse, possibile l’impiego dei giovani.
I giovani, potrebbero agire, su progetti integrati, riguardante le diverse attività di accompagno verso un’integrazione e indispensabile emancipazione dei lavoratori e lavoratrici agricoli immigrati.
Devono muoversi su due differenti livelli:
il primo, rivolto a un percorso di prima formazione e animazione culturale e linguistica, migliorando quelle conoscenze pratiche e di primo accostamento, per facilitare una guidata e condivisa integrazione di questi lavoratori immigrati.
Per questo tipo di attività i giovani devono avere un adeguato livello di istruzione e una specifica formazione particolareggiata;
il secondo, dedicato ai servizi in generale, da quello di trasporto, da e per i centri urbani o centri commerciali, a quello di lavanderia, somministrazione di vivande, pulizie ecc..-
Le iniziative giovanili, sotto le diverse forme e le risorse di:
“ io resto al sud “ potrebbero tracciare una via percorribile, facendo inserire i giovani in veri progetti di grande utilità umanitaria ed economica, in un’area che presentadelle grosse difficoltà di gestione del fenomeno immigrati.
Possibili soggetti finanziatori
Europa, attraverso specifici provvedimenti, bandi e
progetti;
Governo, mediante provvedimenti adottati dai diversi Ministeri competenti; Lavoro, Interno ecc.;
Regione, con i finanziamenti propri, oltre che PSR/POR ecc.;
Città Metropolitana, attraverso un possibile fondo dedicato di sostegno al progetto;
Fondazione per Sud, dopo aver posto la necessaria attenzione, su un diverso modo di gestione delle criticità, legate al lavoro agricolo con soggetti svantaggiati, meritevoli di processi formativi e di integrazione, animati e culturalmente sostenuti;
Fondi dei Comuni, recuperati e dedicati a una migliore gestione territoriale del complesso fenomeno dei braccianti immigrati a seguito di pertinente ( ATS) Associazione Temporanea di Scopo, che ne indichi tutte le modalità di sostegno;
Fondi datoriali, sindacali e di altre organizzazioni,
sensibili al problema e impegnati sul versante delle possibili soluzioni.
Impegno di spesa previsto
Per la realizzazione di detto progetto, è prevista una spesa complessiva di 3.000.000 di euro, meglio dettagliata nei prospetti riepilogativi.
Riportiamo la maggiore spesa, che, vede il costo di ciascun modulo abitativo scelto, completo di tutto di:
euro 15.000 x 150 = 2.250.000 il progetto è composto dalle seguenti voci:
- – MODULI ABITATIVI PREFABBRICATI IN LEGNO DA 5/6 PERSONE
- – IMPIANTO RECUPERO ACQUA PIOVANA DA GRONDAIA
- – VASCA IMHOFF PER TRATTAMENTO ACQUE NERE
- – KIT FOTOVOLTAICO PANNELLI SOLARI
- – FRIGORIFERO BASSO CONSUMO
- – KIT VIDEOSORVEGLIANZA
- – COMPUTER
Voci in dettaglio con relativi costi
MODULI ABITATIVI PREFABBRICATI IN LEGNO
Strutture modulari antisismiche, monopiano, smontabili con isolamento termico completi di impianti tecnologici. Realizzate su fondazioni prefabbricati.
Da 5 persone
m 10,15 x m 7,55 mq 76,7
Da 6 persone
m 11,35 x m 7,55 mq 85,7
Prezzo € 10.000,00 a modulo abitativo
IMPIANTO RECUPERO ACQUA PIOVANA DA GRONDAIA
Impianto ecosostenibile per il recupero di acque piovane dalla grondaia completo di serbatoio 3.000 litri, tubazioni, ed elettropompa.
€ 800,00
VASCA IMHOFF
contenitore in polietilene corrugato rinforzato e provvisto di sedimentatore di pomis. Ø 1250 x H 1200 mm, capacità 1200 Lt compatta da interro indicata nel trattamento delle acque nere provenienti dai wc cucine ad utilizzo domestico, escluse acque piovane, polietilene lineare ad alta densità (LLDPE)
€ 2.000,00
KIT FOTOVOLTAICO
Con pannelli solari fotovoltaici per alimentare luci, TV, PC, frigo.
€ 900.00
FRIGORIFERO
Con alimentazione pannello fotovoltaico, corrente continua a 12/24V, a basso consumo, 60 litri
€ 700,00
VIDEOSORVEGLIANZA
Telecamera da esterno 360° + router 4G + alimentazione solare, senza fili.
€ 400,00
COMPUTER
Da utilizzare per videoconferenze, informazione
€ 200.00