di Gianluca Albanese
SIDERNO – Dunque, ci risiamo. Ancora un’intimidazione ai danni di una persona impegnata ad amministrare la cosa pubblica. Ancora un “avvertimento” contro chi spende parte delle tante energie dei migliori anni della propria vita a cercare di dare il proprio contributo per migliorare questa terra. Federica come Salvatore. L’assessore regionale al Lavoro e al Welfare come il sindaco di Gioiosa Ionica.
Tra i (purtroppo) tanti attentati e gesti intimidatori che la cronaca di questa regione ci impone di registrare, saltano agli occhi, infatti, parecchie analogie tra la vigliaccata compiuta stanotte ai danni di Federica Roccisano e quelle delle scorse settimane che hanno colpito il sindaco di Gioiosa Ionica Salvatore Fuda.
Entrambe ai danni di due giovani amministratori; ambedue nella notte tra sabato e domenica, o comunque in un prefestivo. Con una dinamica simile e un perfido denominatore comune: colpire la persona, ancora prima che la figura istituzionale, nelle ore della settimana in cui si allenta la tensione del lavoro e dell’attività amministrativa e si è persone come tutte, che varcano la soglia di casa e vanno a letto come cittadini comuni che certamente non si aspettano di essere svegliati nel cuore della notte dal boato di un’esplosione o dal citofono suonato dai vicini di casa che ti avvertono che la tua macchina è andata in fiamme.
L’intento destabilizzante delle mani vigliacche che hanno versato una tanica di benzina e hanno dato fuoco alla Opel Mokka parcheggiata sotto casa, così come alle due auto della famiglia Fuda, è evidente, così come il segnale che si è voluto dare: occhio che sappiamo dove abiti, che macchina hai e che se vogliamo non ti lasciamo stare nemmeno quando sei a letto con la persona a te più cara.
Roba da scoraggiare un leone.
E mentre registriamo ancora una volta, quasi distrattamente e con lo spirito di chi considera questa come un’operazione di mera routine, la pletora di messaggi di solidarietà che oggi giungono alla nostra redazione, avvertiamo un senso di angoscia diffuso, tipico di chi abita in una terra ormai in balìa di menti malate e criminali. Una terra in cui l’impegno politico appassionato di un giovane uomo, di una giovane donna e dei tanti come loro, sembrano dare fastidio a qualcuno. Federica come Salvatore e gli altri come loro. Puniti per essere assolutamente diversi, anzi, agli antipodi, da quei “quattro infamoni, briganti, papponi, cornuti e lacchè” che popolano certe stanze dei bottoni, da noi come nel resto d’Italia.
Tanto che viene da chiedersi se questa terra meriti amministratori come Salvatore Fuda e Federica Roccisano.
Entrambi giovanissimi, hanno imparato presto che il sogno di cambiare il proprio paese o la propria regione, può incontrare ostacoli molto più alti di quelli immaginati al momento dell’insediamento. Siano essi pastoie burocratiche, aspettative da taluni considerate deluse, apparati refrattari a un modo di amministrare aperto e senza tatticismi, mafie con lupara e kalashnikov e quelle coi colletti bianchi e la “ventiquattrore”, o, più semplicemente, invidie generiche, tentativi di delegittimazione che passano per ironie da bar e chiacchiere fuori luogo, partacce “coram populo” e sguardi torvi fugacemente incrociati.
Ecco, la sfida principale, oggi, riteniamo sia quella di fare in modo che Federica, Salvatore e tutti gli altri giovani (e meno giovani) di buona volontà che rivestono figure istituzionali o cariche elettive nelle nostra terra (o che aspirano ad essere eletti in qualche consesso pubblico) non gettino la spugna, cedendo ai “miti consigli” di qualche delinquente capace di vigliacchi avvertimenti, ma anche di qualche caporione allineato che dica loro “Ma chi te lo fa fare? Tanto non ne vale la pena…”.
Serve un’unità d’intenti tra le forze sane che la società esprime e che ignoranza, paura, rassegnazione latente, ma anche delinquenza e malapolitica tendono a tenere ai margini.
Serve anche che chi è al vertice degli organismi preposti alla sicurezza di questa terra e dei suoi cittadini si guardi allo specchio e si domandi se è ancora in grado di assolvere ai propri compiti.
Non serve l’esercito o eroi alla Rambo. Basterebbe che tutti viaggiassero alla stessa velocità, per impedire agli infami dalla tanica di benzina o dal grilletto facile di riuscire a muoversi impuniti e a colpire chiunque: macchine degli amministratori, autobus di linea e scuolabus, saracinesche di esercizi commerciali e così via.
Altrimenti, più d’uno potrebbe cedere alla tentazione di andare via. Per sempre.