di Gianluca Albanese
SIDERNO – Chi pensa che le gravi illazioni esternate dal signor “Omissis” qualche tempo fa offendano o siano strumento di lotta politica contro i soli due gruppi di opposizione, o che intristiscano appena un giornalista “permaloso” che ama la propria Città, si sbaglia di grosso. Accostare il nome della Città di Siderno a ipotesi di nuovi scioglimenti del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose (strumento giudicato dai più superato e inefficace e per il quale è in corso da anni un processo di revisione della norma che butta il bambino con l’acqua sporca e non estirpa la longa manus della malapianta dalle istituzioni democratiche) offende tutta la comunità cittadina; in particolar modo rappresenta un’ingiuria a tutto il consiglio comunale e alle decine di migliaia di cittadini che lo scorso autunno sono tornati al voto dopo tre anni in cui quell’aula consiliare, chiusa per buona parte della seduta odierna, è rimasta vuota.
Lo abbiamo detto a chiare lettere durante il confronto pacato e costruttivo intercorso con quel Galantuomo del presidente del consiglio comunale, che spiegava le ragioni che lo hanno indotto ad applicare una norma del regolamento che è sì chiara e inequivoca, corroborando la decisione di discuterne in forma segreta con una nota inviata alla sindaca dal Segretario generale, posto al vertice dell’apparato burocratico del Comune. Gli abbiamo spiegato che il problema non è giuridico-formale o di natura normativa: il problema è politico, perché si crea un pericoloso precedente, in virtù del quale si dà la possibilità, potenzialmente a chiunque, di accostare il nome e il prestigio della Città di Siderno e del suo consiglio comunale all’ipotesi di scioglimento del civico consesso ai sensi dell’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali, senza che ricorrano i motivi per formulare tale ipotesi. Come se non fosse bastato l’ultimo decennio in cui, Ministri dell’Interno e viceministri di destra e di cosiddetta sinistra, prefetti e ispettori vari hanno operato a senso unico per privare comunità importanti dei propri organi elettivi e in cui certe Procure d’assalto hanno distrutto intere classi politiche, con accuse e ricorsi indiscriminati alla carcerazione preventiva che non hanno retto il giudizio d’Appello.
Non interessa accanirci contro il singolo (presunto) responsabile delle illazioni discusse oggi in Consiglio in forma segreta; non è il nostro obiettivo mettere alla gogna alcuno. Ciò che ci preme, semmai, è che si torni alla sacrosanta osservanza dell’etica della responsabilità in ogni azione della vita quotidiana, compresa l’espressione delle proprie opinioni, che sono libere e inviolabili “ex articolo 21 Cost.” fino al limite in cui non inficiano l’altrui reputazione, specie se non suffragate da fatti. Oggi assistiamo al paradosso in virtù del quale chi crede di poter sproloquiare sui social a proprio piacimento (e quindi senza obbedire alla legge e in maniera non ossequiosa dell’etica della responsabilità) vede tutelata la propria privacy da chi è tenuto ad applicare una norma giuridica regolamentare. Come se il diritto fosse un abito pret-à-porter, da indossare secondo la convenienza stagionale.
Non è così che funziona. La legge, la volontà popolare di quasi 4500 elettori che hanno votato le liste dell’attuale opposizione consiliare, il principio di democrazia e di rappresentatività dell’elettorato devono essere rispettati sempre e comunque. Piaccia o no, se ci si vuole sentire cittadini e non eremiti.
E le istituzioni democratiche, forti della legittimazione derivante dal voto popolare, devono fare quadrato contro gli attacchi di chi, magari senza nemmeno appartenere alla comunità cittadina, pensa di poter gettare fango su un intero popolo e su un consiglio comunale rieletto dopo tre anni di blackout e la cui stagione era ricominciata nel migliore dei modi: trasmissione delle sedute in diretta streaming (un lusso a queste latitudini) e spirito di collaborazione tra le parti, nel rispetto dei reciproci ruoli.
Lo sappiano, quelli che per un motivo o nell’altro vengono a Siderno, che non si trovano – con tutto il rispetto – in un paesino interno di poche centinaia di abitanti, in cui le beghe personali possono diventare motivo di scontro politico e viceversa. No, sono in una Città dalle salde radici democratiche e che, anche se ha conosciuto un passato recente difficile, non è più disposta a tornare indietro. E nemmeno ad accettare illazioni, attacchi anonimi e sproloqui pubblici da parte di chi, evidentemente, non ama questa Città. Che merita ben altro.