di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Wikipedia)
Il cosiddetto Manifesto di Ventotene, dal titolo “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, fu scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nel 1941, quando per motivi politici (oppositori del regime fascista) furono confinati a Ventotene. E’ un documento che teorizza l’unità europea secondo il progetto rivoluzionario di quei ragazzi che stavano subendo le conseguenze della guerra e della dittatura ed è considerato, ancora oggi, uno dei testi fondanti dell’Unione. In sintesi esso prefigura la necessità di istituire una federazione europea dotata di un parlamento e di un governo democratico, con poteri reali in alcuni settori fondamentali come economia e politica estera e con una propria forza armata. Più chiaro di così! Un progetto di coesione proprio per quei settori strategici oggi forieri dei maggiori contrasti con circa 27 economie, 27 politiche estere e 27 forze armate o giù di lì. Quando è naufragato il sogno di Spinelli? O forse esso, metafora in progress, non ha mai navigato a vele spiegate, almeno così come il primo autore del Manifesto se lo figurava? E’ stata solo un’utopia in cui tanti hanno creduto, da De Gasperi fino a Schuman, solo per citarne alcuni, oppure abbiamo rinunciato alla sua piena realizzazione progressivamente, fino a rammaricarcene solo oggi che la minaccia politica e le interferenze geopolitiche si fanno sempre più pressanti?
Nelle settimane scorse abbiamo assistito ad un’ulteriore pagina della “schizofrenica” politica europea quando l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato, con 143 voti a favore, 9 contrari e 25 astensioni,una risoluzione che riconosce la Palestina come qualificata per diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite. L’ultima parola, per un’eventuale decisiva approvazione, tocca al Consiglio di Sicurezza dell’ONU a cui l’Assemblea Generale ha già raccomandato di “riconsiderare favorevolmente la questione”. L’Italia si è “salomonicamente” astenuta e così altri Paesi europei quali Bulgaria, Austria, Croazia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Olanda, Romania e Svezia. Al contrario, le vicine Francia e Spagna hanno votato a favore. Senza entrare in merito alla delicata e complessa questione sull’opportunità di votare pro o contro la risoluzione in questione, è palese come l’Europa si sia rivelata per l’ennesima volta disunita e, quindi, indebolita manifestando una serie di politiche estere con diversi intenti e strategie anziché un fronte compatto che le avrebbe conferito un’autorevolezza maggiore nei progetti di mediazione per la pace in Medio Oriente.
Per quanto riguarda la guerra nel cuore del nostro continente, la cartina dell’Europa politica (ce ne siamo improvvisamente accorti circa due anni fa) non corrisponde a quella dell’Europa geografica che si estende fino agli Urali, anche se nei decenni scorsi, dopo la caduta del Muro di Berlino, sono stati in molti gli osservatori internazionali ad auspicare che le radici culturali, e perché no anche quelle religiose, ci avrebbero avvicinato all’estremo Est europeo regalandoci un periodo di ulteriore stabilità e di pace. Così purtroppo non è stato e l’Unione, essendosi svegliata di soprassalto da un diplomatico dormiveglia, ha finalmente parlato all’unisono, naturalmente sotto l’egida della Nato. L’unanimità è durata fino a quando la grandeur francese, al momento impersonata da Macron, non ha fornito un’impropria risposta al fuoco acceso e strategicamente alimentato da Putin paventando l’inquietante possibilità (forse deterrente? visto che si vis pacem para bellum) di invìo di truppe in Ucraina. Questa, in ordine di tempo, l’ultima”distrazione”europea, ma in realtà è da sempre che riscontriamo prese di posizione unilaterali (e in quanto tali miopi e sorde politicamente) sia sulla questione dell’emigrazione sia su quella dell’economia assistendo a furbesche manovre di nazionalistici interessi legati sovente alle multinazionali di turno.
E, a proposito di interessi economici e valori prioritari, che fine ha fatto l’Europa, quale culla e maestra di civiltà a cui molti Paesi, in tutto il mondo, hanno attinto? Ha optato per un lento e prevedibile declino identitario uniformandosi prevalentemente a canoni laici fino a bandire qualsiasi riferimento alle sue radici cristiane sia nel progetto di Costituzione europea sia nel successivo Trattato di Lisbona. Questa pericolosa omissione non ha solo minato i valori religiosi e ideologici, ma ha anche sancito la formazione di un’ Europa distaccata dalla tradizione europea prevalentemente fondata sulla religione cristiana. E’ stato come rinnegare in un sol colpo storia, origini, cultura e religione. San Giovanni Paolo II, in svariate occasioni, ha sottolineato, per il nostro continente, la necessità di continuare ad attingere costantemente alla sua tradizione plurisecolare, essendo l’Europa portatrice di valori che non riguardano esclusivamente la società cristiana, ma coinvolgono l’ordine morale della vita e della società in toto.
La storia di duemila anni,quindi, che ha plasmato l’etica e la morale politica, civile e sociale, è stata rigettata dai testi fondanti, riveduti e corretti, e con essa l’essenza stessa della cultura europea. Tutto in nome di un pluralismo culturale, perseguito dall’Europa, che sembra abbia avuto timore degli “ingombranti” valori morali insiti nel suo retroterra culturale, indispensabili per un’autentica apertura a nuove culture e per il confronto costruttivo con esse. In tal modo si è solo offerto terreno fertile ad un’ideologia di mercato che porta con sé, a strascico, la mercificazione della società. Il voler ridurre tutto a interesse economico, e il conseguenziale esasperato individualismo, ha realizzato una società sempre più materialista che ha minato l’Europa e la sua coesione dalle fondamenta, come avevano tentato di fare precedentemente, seppur con altri scopi, le ideologie totalitaristiche del Novecento.
E’ comunque innegabile che la storia europea è stata continuamente costellata da guerre e trattati di pace, da rivoluzioni e dittature, da monarchie e repubbliche, da regimi totalitari o liberali, da popoli segnati in modo indelebilmente diverso dal fluire degli eventi e, da sempre, è connotata da economie a molteplici velocità e da governi con politiche d’interessi spesso diametralmente opposti e inconciliabili. Fra i cittadini europei tutto ciò ha favorito il consolidarsi di una scarsa consapevolezza e volontà di appartenenza all’Europa e ha diffuso la sensazione di vivere in una sicurezza precaria all’interno degli ordinamenti europei nei quali, infatti, non tutti si riconoscono. Avete presenti i polli di Renzo che, accomunati da un tragico destino, non facevano altro, legati dalle zampe e a testa in giù, che beccarsi a vicenda? Sciocchi e belligeranti fino all’ultimo quei polli! E nei decenni addietro la Gran Bretagna, come prima la Groenlandia , è entrata nell’Unione europea e ne è uscita con buona pace di tutti, la Francia e la Germania, forti della loro moneta, hanno impresso a tutti gli stati, economicamente più deboli, la loro tabella di marcia e l’Italia, uno dei Paese fondanti dell’Unione, è rimasta troppo occupata e concentrata sulle beghe interne per imporsi in politica estera pretendendo risposte esaustive quando le regole europee venivano ripetutamente e palesemente violate o interpretate discrezionalmente.
Nonostante ciò, il sogno dei ragazzi di Ventotene non può e non deve implodere. Esso invoca un urgente cambiamento di rotta, un’Europa che, forte della sua storia, manifesti lungimiranza e saggezza e, a una sola voce, mitighi le brame di potere a favore di una pace duratura.
Ci sembra utile ricordare la poesia “Per chi suona la campana”, del poeta John Donne , che, letta oggi, sembra assumere un significato quasi profetico nei confronti dell’Unione europea : Nessun uomo è un’isola,/completo in se stesso; /Ogni uomo è un pezzo del continente, /una parte del tutto. /Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,/la Terra ne sarebbe diminuita,/come se un Promontorio fosse stato al suo posto,/o una magione amica o la tua stessa casa./Ogni morte d’uomo mi diminuisce,/perché io partecipo all’Umanità./E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana:/Essa suona per te.