di Emanuela Alvaro – Adelina Beatrice Scorda – Francesca Cusumano – Antonella Scabellone
Foto e Video ESCLUSIVI di Enzo Lacopo
LOCRI – «Siamo qui perché amiamo la vita e abbiamo un debito con chi è stato assassinato e con le loro famiglie. Non basta ricordarli, ma farli vivere attraverso il nostro impegno». Nella XXII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, Don Luigi Ciotti così ha accolto in piazza le venticinque mila persone che hanno deciso di trascorrere questa giornata a Locri.
All’indomani della visita di domenica del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e delle frasi comparse in diversi luoghi della cittadina da alcuni, come Nicola Gratteri, opera “di gente che odia le istituzioni, che ha sposato la legge criminale della ‘ndrangheta, degli ignoranti stupidi, ubriachi del suo modo di pensare e agire criminale. Una scritta che non è stata fatta su ordine della ndrangheta doc, quella che conosco io da anni”, mentre per altri, come, Cafiero De Raho “una scritta di questo tipo corrisponde esattamente alla strategia della ‘ndrangheta che vuole addossare ad altri l’assenza di lavoro. Il lavoro manca perché la ‘ndrangheta impedisce alle imprese di investire”, ci si è ritrovati oggi a manifestare accanto ai familiari di vittime di mafia.
Prima la marcia partita puntuale dal lungomare e poi l’appuntamento in piazza dei Martiri ad ascoltare i quasi mille nomi di vittime di mafia, alcuni dei quali letti dal presidente del Senato, Pietro Grasso, con l’accompagnamento musicale dei violini e l’interprete Lis. Una piazza in cui i parenti sono stati simbolicamente accolti dall’abbraccio della folla ed anche dei molti primi cittadini presenti, buona parte in piedi alle loro spalle.
«I vostri cari, i nostri cari ci hanno lasciato in eredità la speranza di una società più giusta ed umana. A noi il compito di realizzarla, attraverso una cittadinanza attiva, che significa corresponsabilità, dove il bene comune è premessa di quello individuale. Cittadinanza corresponsabile che nasce prima dai rapporti educativi, dalla crescita cultura e dalla partecipazione alla vita sociale».
Il fondatore di Libera prosegue parlando di buone pratiche quotidiane, dalle quali cogliere il positivo evitando di enfatizzare il negativo. Dove non sono bastevoli le regole, ma a fare la differenza è la responsabilità di ogni singolo cittadino che deve utilizzare la legalità come strumento per raggiungere l’obiettivo che è la giustizia.
«Il lavoro, la scuola, i percorsi educativi, i servizi sociali sono il primo antidoto alla peste mafiosa. I diritti non sono solo una questione di umanità, ma il presupposto di ogni progresso sociale. Se oggi i diritti sono così fragili – ha proseguito Don Ciotti – non è solo a causa di chi li attacca, ma anche di chi li difende debolmente, in modo troppo tiepido e troppo prudente».
Don Ciotti ha continuato parlando di inclusione sociale come base della democrazia e di quel poco finora ottenuto. Parla delle sue visite a scuola e di come per alcuni insegnare non è un lavoro, ma una vocazione e poi si concentra sui giovani presenti in piazza.
«Siete dei meravigliosi portatori di vita, di diversità di vita. Accogliere voi è accogliere la vita che cambia, è rigenerarsi insieme. La vita è un dono, riempite la vita di vita, non lasciatevi vivere. Nessuno è necessario e insostituibile, ma nessuno può agire al posto nostro. Giovani c’è bisogno di voi, del vostro contributo, della vostra passione, della vostra partecipazione responsabile, protagonisti di un cambiamento e le diversità che rappresentate sono una ricchezza. L’educazione permette ad un ragazzo di scoprire una passione. I giovani devono poter avere un’opportunità, altrimenti si fanno solo parole e le parole ormai sono stanche. Devono poter ottenere riscontri prima di tutto nel presente. In assenza di progetti credibili rischiamo di rassegnarci alle mafie. Abbiamo bisogno di politiche sul lavoro, politiche concrete e misure che offrano ai giovani l’opportunità di ritornare nella loro terra. A Locri non è giusto che ci sia un centro di aggregazione fornito di tutto, ma non una cooperativa che lo gestisca. Giovani tocca a voi abbiate più coraggio».
E poi, inevitabilmente, un passaggio sulle scritte offensive, anzi, come da lui sottolineato, scritte anonime, quindi un chiaro segno di mancanza di coraggio. «Gli sbirri sono persone al servizio dello Stato, a cui bisogna essere grati. Oggi tutti calabresi e tutti sbirri. Calabresi di quella Calabria che non accetta di essere identificata con la ‘ndrangheta, con la massoneria, con la corruzione. Una Calabria che vuole riscatto. Una terra che io e Libera amiamo, dove ho trovato dei maestri».
Ha proseguito ricordando alcuni progressi, ma anche i tanti ritardi, le misure urgenti rinviate o approvate con compromessi al ribasso, dove tra criminalità organizzata, criminalità politica ed economica è sempre più difficile capire e districarsi.
Ai primi cittadini presenti ha chiesto loro di lavorare per una città educativa dove tutte le componenti devono mettersi in gioco per dare delle certezze. E rivolgendosi al sindaco della Città Metropolitana, Giuseppe Falcomatà, ha ricordato il padre.
«Non possiamo delegare solo alla famiglia il ruolo educativo, seppur centrale. Lo ripeto non dimenticatelo mai, noi siamo qui oggi per la vita, ma le mafie non uccidono solo con la violenza. Vittime sono anche i morti vivi a cui è stata tolta la dignità. Penso all’usura in mano a criminali che distruggono la vita, cappa che uccide, ma morti vivi sono anche coloro i quali per mancanza di coraggio si rassegnano ai compromessi. In una società giusta ed equa le mafie non avrebbero modo di entrare. E se oggi il male è così diffuso è perché le ingiustizie si sono alleate con le nostre omissioni. L’omertà uccide la libertà e la speranza. Quante verità passeggiano per le vie delle nostre città. Non chiedo eroismi, ma responsabilità e collaborazione».
Un ricordo va ai giornalisti in difficoltà, per i quali sembra che si sia ad una svolta e a quelli che hanno perso la vita per portare avanti il proprio lavoro. Ricorda i magistrati uccisi e le persone assassinate prima del 1961 che non possono ottenere lo status di vittima di mafia. Si sofferma su quello che lui chiama “olocausto”, ciò che si sta compiendo nei nostri mari.
Alla piazza riporta le parole del Presidente Mattarella, contento di essere stato a Locri, ma soprattutto di essersi sentito uno di loro e conclude dicendo: «la vera terra promessa su questa terra è l’impegno per costruirla».
Foto e Collage ESCLUSIVI 1^ Parte
(il Video del Corteo con immagini e interviste)
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