di Gianluca Albanese (foto Enzo Lacopo)
LOCRI – Se il consiglio comunale di ieri sera doveva servire a capire l’orientamento dell’intero consiglio comunale sulla tematica dell’assenteismo e le inefficienze di alcuni dipendenti comunali, possiamo parlare di obiettivo raggiunto. Tutti, seppur con accenti diversi e differenze sottili, hanno detto che la macchina amministrativa così com’è va riformata e resa più efficiente.
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L’Aula ha approvato una proposta del gruppo di opposizione (sollecitare l’invio dell’ispezione ministeriale per individuare e correggere le anomalie dell’apparato comunale e sollecitare il Dipartimento della Funzione Pubblica a procedere a un’adeguata formazione del personale) redatta, a sua volta, sulla scorta di un chiaro orientamento manifestato nei giorni scorsi dalla maggioranza.
Una sintesi, quella trovata ieri sera, che minimizza l’importanza della tesi e dell’antitesi, riducendola a un mero gioco delle parti. E meno male. Perché come ha detto Pino Mammoliti «Sulle cose importanti il consiglio comunale parla una sola lingua».
Una bella prova di maturità, dunque, che fa il paio con la riapertura dell’amministrazione alla concertazione con i sindacati che rappresentano i dipendenti dell’Ente.
Insomma, il Consiglio è cresciuto, al punto tale che i nemici politici di ieri non ci sono più e si riconoscono i meriti altrui. Pino Mammoliti chiede scusa al sindaco per non averne riconosciuto il ruolo nelle prime (e turbolente) sedute della consiliatura. Non perde il vizio di sfoggiare metafore fantasiose quando parla di “luna di miele” col primo cittadino, mentre Raffaele Sainato tende la mano alle voci critiche (la minoranza, certo, ma anche il “battitore libero” della maggioranza come Alfonso Passafaro) quando dice che «Dobbiamo uscire con un obiettivo comune, anche correggendo in corsa il metodo utilizzato».
E allora ben venga una seduta come quella di ieri sera, dalla quale le istituzioni cittadine escono rafforzate.
Certo, gli accenti sono stati diversi. Ad esempio, Passafaro ha detto che «Così facendo l’amministrazione sta rompendo anche con la parte buona dei dipendenti comunali», manifestando la necessità di individuare e colpire i singoli dipendenti che non fanno il proprio dovere. «Ricordo che l’allora amministrazione Carnuccio – ha detto Passafaro – 25 anni fa comminò la sospensione di due dipendenti. Prendiamo i lavativi, sospendiamoli e proseguiamo con l’iter perché solo eliminando chi non fa il proprio dovere possiamo risanare la macchina amministrativa».
Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo di opposizione Cavo, che ha invitato a non fare di tutta l’erba un fascio e a non assecondare le superficiali generalizzazioni compiute dalla stampa nazionale, non ultimo l’infelice editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica.
Chi si aspettava una grande e attiva partecipazione dei dipendenti al dibattito è rimasto deluso. Molti hanno preferito lasciare parlare i rappresentanti sindacali, che hanno espresso un plauso alla riapertura al dialogo mostrata dall’amministrazione , chiarendo che non difenderanno i fannulloni e che non hanno chiesto l’invio della commissione di accesso agli atti.
Ha parlato solo Gianni Capogreco, che ha detto alcune cose precise e mirate. «La relazione Cervellini – ha detto – non ha avuto alcun seguito», lasciando intendere le responsabilità addebitate all’allora amministrazione Macrì, quando ha detto che «Nel 2009 eravamo 90 con diverse categorie “D”; ora siamo di più e mancano le categorie “D” che avevano i dipendenti collocati in prepensionamento. Mancano le figure intermedie – ha concluso – e l’apertura al dialogo del sindaco è intempestiva».
Molto tecnico l’intervento del vicesindaco Sainato, che ha esordito parlando delle difficoltà degli enti locali a utilizzare i fondi per la formazione «per non sforare – ha detto – i parametri necessari a rispettare il patto di stabilità». Titolare delle delega al Personale, Sainato ha denunciato l’inutilità di certi provvedimenti presi dall’amministrazione: «In passato – ha detto – sono stati spesi 5.000 euro per visite fiscali e l’Asp non ne ha potute eseguire ben 78 per mancanza di personale. Il punto dolente – ha ribadito – non è la stabilizzazione di 42 Lsu-Lpu part-time ma i regolamenti vecchi che non ci permettono di intervenire con una certa efficacia, e ora è prioritario formare adeguatamente le 96 unità residue».
Tutti (o quasi) hanno mostrato scarso attaccamento alla poltrona. Da Alfonso Passafaro che ha detto che «Tra uno-due mesi potrei andarmene dal Consiglio» a Giovanni Calabrese, che sembra escludere una sua ricandidatura alla carica di primo cittadino «Perché – ha detto – certi atti d’amore (e di sacrificio personale) per la città si possono fare una volta sola nella vita. Anche i consiglieri di maggioranza non pensano minimamente – ha aggiunto – ad accapigliarsi per occupare il posto di assessore rimasto vacante dopo le dimissioni di Passafaro».
Dopo aver stigmatizzato «Le 28 opere pubbliche iniziate e non concluse per responsabilità addebitabili alla gestione e non all’amministrazione», Calabrese si è tolto parecchi sassolini dalla scarpa.
Lo ha fatto quando ha ricordato che «La stabilizzazione dei 42 Lsu-Lpu non è mai stata un problema e i precari stabilizzati sono figli della legge Treu, per i quali abbiamo chiesto strumenti necessari alla loro crescita professionale», ma soprattutto quando ha rimarcato che alcuni punti nevralgici, nel senso di figure professionali oggi finite nel mirino dell’amministrazione sono frutto di scelte di amministrazioni passate.
«L’allora giunta Barbaro – ha detto – stabilizzò l’elettricista e tre autisti dello scuolabus e indisse il concorso per agenti di polizia municipale vinto da 3 persone legate tra loro da vincoli di parentela».
Ma non solo. Calabrese ha aggiunto che «Oggi i vigili passano il loro tempo a mandare dieci lettere al giorno al sindaco, lanciando accuse ai colleghi, invece che fare le multe a chi non rispetta il Codice della Strada», ricordando l’importanza dell’assunzione del testimone di giustizia Rocco Rispoli «Compiuta dall’amministrazione Macrì che diede un chiaro segnale alla ‘ndrangheta, i cui affiliati una volta sedevano tra i banchi del Consiglio».
E se la percentuale di assenteismo, quantificata dal sindaco nella misura del 22% contro una media nazionale del 2%, risulta essere altissima, il primo cittadino ha puntato l’indice contro l’ufficio comunale di Ragioneria: «Nel mese di dicembre – ha detto – si sono dimenticati di trasmettere un questionario al ministero, ritardando il pagamento di 700mila euro a favore dell’Ente», contro la gestione del cimitero cittadino e il blocco degli strumenti urbanistici che impedisce lo sviluppo della città.
«Il sistema sbagliato di una volta – ha concluso – non c’è più. Se non riusciamo a ottenere un cambiamento reale e radicale, la nostra esperienza amministrativa non avrà senso».
Un’ultima riflessione la dedichiamo all’uso distorto di un grande strumento di democrazia rappresentato da un consiglio comunale aperto, da parte di un cittadino seduto in seconda fila, che durante la seduta ha ripetutamente interrotto gli amministratori, scadendo in qualche provocazione e, in una evitabile coda polemica dopo la chiusura dei lavori, arrivando perfino a dire qualche parola di troppo, rendendo necessario, ancora una volta, l’intervento dei Carabinieri che ne hanno preso le generalità.
La democrazia è bella. Se la si sa usare, però.