di Domenica Bumbaca
LOCRI – Un vero e proprio disagio sanitario insopportabile ed inaccettabile, quello che stiamo per raccontarvi, direttamente dalle testimonianze di alcuni pazienti talassemici, vittime di un sistema meschino che getta nello sconforto e non da speranza a chi, invece, dovrebbe avercela.
Oltre la patologia, i pazienti dell’ospedale di Locri, devono scontrarsi con il meccanismo burocratico inceppato che, ad oggi, non permette loro, di potersi curare tranquillamente. È sempre colpa del “dio denaro” perché, a detta dei pazienti, la Regione Calabria che dovrebbe fornire dei semplici aghetti utili per somministrare un farmaco vitale, non avrebbe pagato la ditta fornitrice. Conclusione: niente aghetti e niente terapia.
Tra i pazienti c’è Rosita, giovane ragazza che nella sua vita ha sempre lottato, non ha mai chiesto nulla dalla vita se non rispetto. Lavora, si dedica al volontariato e con le sue sole forze, oggi, ha deciso di rompere quel muro del silenzio e raccontare la storia, ma principalmente fare un appello alle Istituzioni regionali, perché prendano seriamente in considerazione che la reperibilità di questi semplici aghetti equivale a vita.
«Siamo circa 40 pazienti seguiti presso il reparto pediatrico del nosocomio di Locri sin dagli anni ’70 – racconta Rosita- . Anno dopo anno i piccoli pazienti crescono, affrontano i disagi che si trovano davanti convivendo con una patologia la cui conoscenza cresce insieme a noi. Per i pazienti talassemici sono solo due le cure possibili: le trasfusioni periodiche e il trapianto di midollo. Con le trasfusioni però immagazziniamo oltre al sangue necessario anche ferro, che il nostro corpo non riesce a smaltire e che quindi si va a depositare sugli organi (soprattutto cuore e fegato), si solidifica danneggiandoli e a lungo andare creda danni irreparabili. Per cui bisogna intervenire con un farmaco ferrochelante. La terapia per questa problematica è una medicina a introduzione lenta che si fa con una macchinetta a cui viene attaccata una siringa con il farmaco (Desferal) e con un tubicino con all’estremità un ago tipo puntina da disegno che viene introdotta in un muscolo e programmata per le ore necessarie, tutti i giorni. Negli ultimi anni c’è stata anche la scoperta di due compresse che sostituiscono la macchinetta, ma non tutti possono cambiare terapia. Come si può dedurre questa terapia diventa salvavita».
Di chi è la competenza nella distribuzione di questi farmaci?
«Tutti i presidi necessari per la ferrochelazione ci vengono consegnati dall’ospedale, convenzionati dalla Regione. Adesso sono due mesi che siamo senza aghetti, quindi da due mesi non possiamo fare il Desferal, cioè da due mesi senza farmaco salvavita».
Perché sta accadendo tutto questo? Sembra assurdo che un ospedale e tantomeno un’stituzione regionale lascino “passare” tutto questo senza muovere un dito…
«La Regione non è in grado di farceli avere perchè morosa da alcuni anni nei confronti della ditta distributrice, che logicamente si rifiuta di mandarne altri, finché non viene pagata».
Qualcuno è intervenuto?
«E’ da due mesi che facciamo segnalazioni, ma sembra che nessuno si renda conto di cosa significhi la terapia per noi. Sembra che andiamo a ragionare con i mulini a vento! Inoltre, negli ultimi due anni, il reparto di Pediatria ha subito una forte riduzione del personale medico a causa di due pensionamenti, tra cui quello del dottor Roberto Trunfio che ci ha curati fin da piccoli, ed un trasferimento. Noi continuiamo, grazie solo alla buona volontà ed ai sacrifici del personale medico in servizio, ad essere curati presso il reparto ma, con la perdita di tre elementi su un organico di nove unità, si capiscono bene le difficoltà che si incontrano. Abbiamo fatto richiesta per avere qualche altro medico, siamo stati a Reggio Calabria ma nulla è possibile, la Regione non può, è in piano di rientro, ci dicono tutti.
Cosa pensate di fare?
«Purtroppo la nostra patologia non aspetta che la Regione risolva i suoi problemi. Problemi che non abbiamo causato noi, noi siamo vittime! Vittime prima di una patologia che non abbiamo cercato, vittime di una politica che per risolvere i problemi di bilancio taglia i fondi agli ammalati. La vera politica è quella che tutela la sua sanità, non la distrugge. Un aggiornamento della situazione afferma che forse, forse, avremo una scorta di aghetti per un mese, e poi? Siamo stanchi di elemosinare qualcosa che ci tocca di diritto, siamo stanchi di sentirci dire che la Regione non ha soldi, i nostri problemi non spariscono per problemi finanziari della Regione anzi… Noi ogni giorno c’impegniamo a vivere al meglio cercando di fare una vita normale ma invece di essere aiutati in questo veniamo spinti sempre un po’ più nel baratro. Il nostro intento è quello di lottare per la nostra patologia e per i nostri diritti di ammalati. Se non ci ascoltano nemmeno questa volta, provvederemo con tante altre forme di manifestazioni e proteste».