di Antonio Baldari
Anno nuovo vita vecchia. Anzi, senza vita, vita che non c’è, vita che muore nel corpo di un povero ragazzo di 24 anni, indiano, all’ospedale civile di Locri; poco prima che spirasse lo scorso anno, 2023, è spirato lui, giovanissimo, che non avrebbe mai e poi mai pensato di trovare la morte arrivando al nosocomio di contrada Verga per quella che è stata chiamata “occlusione intestinale”: ha atteso dieci, lunghissime, ore che non sono per niente “normali” in un Paese “normale”.
E, di normalità in normalità, ci viene in mente la dichiarazione ufficiale rilasciata dall’assessore regionale nonché ex sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, un mese fa circa: “Continuo a lottare, come ho sempre fatto con convinzione e determinazione per un ospedale funzionante e per una sanità giusta nella Locride. Anche nel ruolo di assessore regionale, quotidianamente, rivolgo l’attenzione massima nei confronti dell’ospedale della Locride. Grazie a tanto impegno e a tante battaglie oggi si registra una situazione completamente diversa rispetto a quella di qualche anno fa e, lo ricordo a me stesso, si era in procinto di chiudere il nosocomio”.
E poi ancora, l’esponente della giunta Occhiuto con delega al lavoro ed alla formazione professionale asserisce come “Molto c’è ancora da fare, in potenziamento dei servizi e assunzione di personale, per raggiungere la normalità ed è per questo che non abbassiamo la guardia e affrontiamo la situazione con costante confronto e dialogo” – chiudendo la propria riflessione a margine di un incontro tenutosi a Reggio Calabria, alla presenza del governatore della Calabria, Roberto Occhiuto; Lucia Di Furia, direttore generale dell’Asp; Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria nonché presidente del Comitato dei sindaci Asp Rc; Giuseppe Fontana, sindaco di Locri; Maria Teresa Fragomeni, sindaco di Siderno; Vincenzo Maesano e Giorgio Imperitura, rispettivamente presidente dell’Associazione e del Comitato dei Sindaci della Locride.
Cos’altro aggiungere? Nulla di più rispetto al fatto che la “normalità” è ancora di là da venire, lontana, troppo lontana: non v’è dubbio che l’impegno dell’assessore regionale Calabrese ci sarà, così come ci sarà da parte di tutti coloro che sono istituzionalmente coinvolti, di certo ciò che si chiede è che almeno non si muoia più all’ospedale civile di Locri, non nel modo in cui è spirato il giovane indiano, l’ultimo, ahinoi, di una lunghissima serie. Non di numeri ma di persone.