RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Ormai le aggressioni ai medici di Reggio Calabria e provincia avvengono con cadenza settimanale senza che nessuno batta ciglio aggiornando un vero e proprio bollettino di guerra; tutto ciò nonostante i nostri ripetuti appelli che non sono solo a garanzia dei colleghi ma anche e soprattutto della totalità dei pazienti che si trovano a dover essere trattati e curati in un contesto che non è degno di un Paese civile. Pur rischiando di essere ripetitivi, constatata l’innegabile gravità della situazione, siamo, nostro malgrado, costretti a rilanciare un vero e proprio “sos sicurezza”.
L’ultimo fatto gravissimo, in ordine di tempo, è quello di sabato notte, presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Locri allorquando un energumeno, andato in escandescenza, ha messo a soqquadro i locali solo per essere stato invitato ad attendere in sala d’attesa la fidanzata sottoposta ad una flebo di Levopraid per nausea e, quindi, in codice bianco. Difficile richiamare tutti gli episodi verificatisi in questi ultimi mesi, con modalità similari, ma che hanno quale comune denominatore la violenza nei confronti dei sanitari impegnati in prima linea nella tutela della salute del paziente.
Noi, come Ordine, siamo molto preoccupati ed, al contempo, ci sentiamo sconfortati dal totale immobilismo, se non anche indifferenza, che regna dinnanzi a questa escalation criminale. In mancanza di referenti amministrativi non sappiamo chi sia deputato a garantire la sicurezza dei nostri colleghi (Forze dell’ordine, Prefettura, Asp, Aziende Ospedaliere). Abbiamo invocato più sicurezza per i medici, abbiamo avanzato proposte concrete e dettagliate, abbiamo evidenziato questa drammatica situazione su vari tavoli istituzionali e cercando di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, delle istituzioni e delle politica. Ma niente. Ad oggi, i nostri appelli, sono caduti nel vuoto e riteniamo che oltre ad esprimere la nostra assoluta solidarietà ai colleghi che, loro malgrado, sono incappati in questi spiacevoli episodi, è doveroso rinnovare il ricordo di quei medici che, negli anni passati, sono caduti sul campo vittime di una atroce ed incontrollata violenza.
Non possiamo far altro che ripetere, se qualcuno questa volta ci ascolterà, che urge assumere le dovute iniziative volte a garantire un ambiente sereno e tranquillo dove operare al fine di tutelare la salute dei nostri concittadini.
Alla base di tutto c’è un problema culturale che, certamente, non potrà essere risolto dall’oggi al domani ma sul quale è necessario che tutta l’opinione pubblica rifletta. Medico e paziente sono alleati e non nemici. Campagne mediatiche e speculazioni economiche da parte di associazioni costruite ad hoc stanno creando una enorme sfiducia nei confronti di una categoria che, fino a qualche decennio addietro, godeva della giusta considerazione sociale.
A tutto ciò, dobbiamo aggiungere le difficoltà che da tempo denunciamo e che sono legate a doppio filo con quel piano di rientro che dura ormai da sette anni, e dal blocco delle assunzioni con ha portato a gravi carenze di organico, carichi di lavoro enormi, lunghe liste d’attesa ed un sistema sanitario, di fatto, vicino al collasso nell’attesa che l’annunciato e agognato sblocco del turnover possa far sentire qualche effetto.
Tutto questo crea un clima di sfiducia e diffidenza nei pazienti che si tramuta spesso ad identificare nel medico, che in verità rappresenta ultimo baluardo alla sanità, il capro espiatorio con il verificarsi di un numero sempre crescente di episodi di violenza nelle corsie.