di Pepè Napoli
LOCRI – Nello spazio antistante l’antico casale della blasonata famiglia Candida , sono stati presentati a Locri i libri della collezione archeologica “Domenico Candida” , opera in tre volumi riassunta dall’archeologo Domenico Falcone ed edita da “Franco Pancallo Editore” di Locri. A moderare l’evento il giornalista Bruno Giurato. Vi hanno partecipato Anna Rosa Sofia, assessore alla Cultura del Comune di Locri e il barone Arturo Nesci di Sant’Agata, Delegato di Reggio Calabria del Sovrano Militare Ordine di Malta.
In particolare i volumi presentati sono riferibili alla “ Civiltà preellenica”, ai “Rilievi votivi arcaici in terracotta” e agli “Elenchi degli oggetti della collezione Domenico Candida nel museo di Taranto”. A fare gli onori di casa è stato Domenico Candida omonimo discendente della famiglia che annovera Andrea Candida, vescovo a Gerace dal 1552 al 1574, amante d’arte, che dotò la Cattedrale di Gerace e l’episcopio di tante opere.
Di questa pregevole collezione archeologica il dottore Falcone ha spiegato le dinamiche e la genesi della formazione della raccolta. Visitata già nel 1890 e catalogata sui propri taccuini da Paolo Orsi, allora Direttore del museo di Siracusa, questa, nel primo decennio del Novecento, era già stata notevolmente accresciuta di reperti. Visto l’interesse all’acquisto dimostrato da parte di mercanti , quali il palermitano Virzì (ricordato come emissario d’acquisto della statua della Dea Persefone, oggi in bella mostra a Berlino) e l’antiquario bavarese Hirsh, indusse l’Orsi ad intervenire e a lanciare un grido di allarme al Ministero dell’Istruzione. In un alone quasi di giallo storico, su input continuo dell’Orsi, il Ministero intercalò, alle riservate trattative commerciali, un giovane archeologo Riminese, Quintino Quagliati, allora direttore pro-tempore del Museo archeologico di Taranto.
Lo incaricò di trattare per l’acquisto dell’intera collezione di Domenico Candida, il quale “con generosità e senso filiale verso la propria terra”, come disse il Quagliati, affinchè non venisse disperso altrove l’importante materiale storico-archeologico, proveniente per gran parte dalle necropoli, dal Santuario della Mannella e comprendente anche un unicum di monete di Locri Epizefiri, fra cui il magnifico tetradramma in argento coniato in onore di Pirro Re dell’Epiro, cedette allo Stato nel 1906 la sua collezione.
Grazie a questi avvenimenti il patrimonio culturale archeologico oggi è reso disponibile al pubblico sia a Taranto, dal 1985 al Museo Nazionale di Reggio Calabria ed in parte al Museo Di Locri Epizefiri. Un compendio di cultura quindi che viene portato in luce per la prima volta grazie alla disponibilità della famiglia Candida, che ha messo a disposizione nuovi documenti, dell’autore e dalla “FPE” Editore” che con propri mezzi hanno contribuito a divulgare, ancora, un patrimonio storico-archeologico poco conosciuto.