(ph. Enzo Lacopo)
di Domenica Bumbaca
LOCRI – Da piccola, in quelle case popolari gialle, quando arrivavamo dai nonni, lo vedevamo sempre, passavamo da casa sua e, sempre con il sorriso, ci salutava. Eravamo piccoli io e i miei fratelli e insieme a qualche altro bambino che abitava lì, giocavamo giù in cortile e lo vedevamo sempre indaffarato.
Giovane intraprendente sapeva gestire la sua famiglia tra hobby e mestiere, quello del calzolaio, ereditato da suo padre, per poi continuare quello che lui stesso definiva uno dei mestieri più affascinanti quanto meticolosi, umile e instancabile. Sempre disponibile con i suoi vicini di casa come i clienti per poi rendere ancora più preziosa la sua disponibilità da collaboratore scolastico.
Quanti ricordi tra i colleghi (parole di stima ed affetto hanno riservato in questo giorno triste), con gli alunni e i docenti, qualcuno lo ricorda per il suo estro, qualcun altro per la serietà professionale, altri perché era di compagnia, gioviale e affettuoso; quanti sorrisi a bordo della sua affezionata 500 nei raduni che organizzava con il suo club che amava tanto, quelle stesse automobiline che lo hanno aspettato alla porta della Cattedrale di Locri per l’ultimo saluto.
Lui era Mimmo Tallura, un locrese che amava la sua città e le sue tradizioni. Un locrese che alla città, tutta riunita in preghiera per il suo funerale, mancherà, per il suo garbo e la sua educazione. Mancherà alla moglie, ai suoi figli che da lui hanno preso la determinazione, mancherà alla sorella, ai fratelli, a suo fratello l’attore Antonio, che con il cuore in gola l’ha voluto ricordare dopo l’omelia, come mancherà a tutti i familiari e amici, quanti amici. Mancherà ma sarà in ogni ricordo di chi, conoscendolo, non può che rievocare bei momenti insieme a lui.
Tutti lo conoscevano e tutti non potevano fare a meno di scambiare quattro chiacchiere con lui; lui, anche quando la sua sofferenza era palese, sorrideva, parlava, e nonostante si sforzasse a farsi comprendere, era chiarissimo, perché era il suo cuore che parlava. Faceva ogni cosa con il cuore. Saranno i ricordi e le testimonianze, di quanti oggi tra i social network, nei bar, nei supermercati, in piazza raccontano di lui, a farlo vivere ancora.
Si parla di lui e della sua bontà e c’è un motivo: la sua semplicità che lo rendeva unico. Quella semplicità che notavi recandoti nella calzoleria, nel suo “rifugio”, dove oggi IL feretro ha sostato; quel posto dove il calzolaio riusciva tra una scarpa da riparare e un suo manufatto, ad intrattenersi con la gente, ad organizzare uno dei suoi tanti raduni e poi la mattina vestire i panni di collaboratore scolastico ed essere sul posto sempre disponibile e cordiale. Con orgoglio si faceva chiamare il bidello calzolaio, con grande determinazione ha affrontato la malattia, ma oggi, Mimmo ha detto “ciao”, un saluto dalla sua 500 in moto. Un “ciao” dal sapore diverso che, senza sorriso, ci lascia sgomenti. Ma sapremo ricordarlo… il bidello calzolaio buono. Locri, tutta, ti saluta.