R. & P.
SE QUALCUNO pensava che la pandemia in corso e gli appelli alla solidarietà nazionale per far fronte prima e magari sconfiggere poi il nemico comune rappresentato dal virus potessero servire a creare un nuovo clima di solidarietà e rinnovata intesa anche fra le parti sociali si sbagliava di grosso.
Perchè gli operai continuano ad essere operai cui si può chiedere tutto e tutto devono dare mentre i datori di lavoro possono continuare a fare i propri interessi e a violare tutte le norme.
Come prima.
Anzi peggio di prima, sfruttando indecorosamente il paravento delle limitazioni e della sospensione delle udienze e dell’attività processuale in genere, per guadagnare tempo e continuare nei propri atavici vizi fatti di sistematica violazione delle regole e di reiterati inadempimenti.
Tanto nella confusione di questi giorni e con la scala di priorità dettate dall’emergenza sanitaria in atto, le istituzioni – in verità mai particolarmente solerti ad intervenire in questo campo – risultano ancora più lente del solito a darsi da fare.
Prendiamo ad esempio il caso della Locride Ambiente che, tanto per cambiare, non perde occasione per distinguersi anche in questo grave momento in cui tutti – esclusi evidentemente i vertici aziendali – siamo chiamati ad un maggior senso di responsabilità e ad un rinnovato impegno.
Così abbiamo i lavoratori dipendenti di tale azienda che, con tutti i rischi del caso, senza potersi fermare in quanto addetti a servizi essenziali, sono stati mandati a prestare servizio prima a mani nude, senza cioè le adeguate protezioni sanitarie.
Risolta questa urgenza i problemi di sempre sono però rimasti.
Ed infatti di fronte all’encomiabile impegno di questi lavoratori, che esponendo sé stessi e le proprie famiglie al rischio di contagio, hanno continuato a lavorare, ci si aspettava che, in controtendenza con le inveterate abitudini aziendali, gli stessi venissero puntualmente retribuiti alla scadenza della mensilità.
Ebbene, e senza che tutto ciò in verità ci sorprendesse affatto, così non è stato con l’azienda che continua a fare quello che ha sempre fatto: cioè non retribuire per tempo i lavoratori lasciandoli, anche in questo momento di crisi, privi di risorse (e, sia consentito dirlo con una battuta, facendoli trovare in questo particolare momento in una situazione peggiore di quelli che il lavoro non lo hanno più o lo hanno perso ma che, al contrario di loro, stanno a casa al sicuro e ricevono gli aiuti messi a disposizione dello Stato…) e preoccupati di come fare a conciliare pranzo con la cena.
E, quindi, viene da chiedersi se neanche una catastrofe mondiale come il Coronavirus è servita a cambiare le abitudini ed il modo di pensare della Locride Ambiente, allora crediamo veramente che non vi è niente e nessuno che potrà insegnare a chi tale società la rappresenta e la amministra i fondamentali principi su cui andrebbe impostato il rapporto con le proprie maestranze.
Ma tant’è questa è un’azienda che, approfittando – non essendo la sola per come si avrà modo di dire più avanti – della sospensione dei termini processuali, licenzia un lavoratore sulla base di accuse false, e, poi, di fronte all’ordinanza del Giudice del Lavoro che annulla il licenziamento, lo reintegra ma omette accuratamente di corrispondergli l’indennità dovutagli per come liquidata in sentenza , fornendogli, dopo reiterate richieste e diffide,un corposo acconto di ben 500 euro di fronte alle migliaia che il lavoratore ingiustamente licenziato ancora accredita.
Tanto i Tribunali sono chiusi…
Che poi è lo stesso ragionamento che devono aver fatto molte Amministrazioni Comunali, chiamate in causa dai lavoratori per rispondere della mancata attivazione dell’intervento sostitutivo delle stazioni appaltanti previsto dal Codice degli Appalti per il pagamento delle retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore, che rappresenta un vero e proprio obbligo; tali Amministrazioni, a fronte della notifica dei ricorsi che li espongono alle conseguenze del loro inadempimento, approfittando della sospensione dei processi e del rinvio delle udienze, si sono affrettati ad attivare le procedure con un ritardo che tuttavia non li esimerà dall’essere chiamati a rispondere della loro inerzia ma che certo rappresenta una conferma, sia pur postuma, della consapevolezza da parte loro dell’esistenza di un obbligo in tal senso guarda caso riconosciuto come tale solo a seguito della notifica dei relativi ricorsi .
Questo è quello che succede, in tempi di Coronavirus, in società come la Locride Ambiente e per Amministrazioni Comunali come Monasterace e Motta San Giovanni, Grotteria. Marina di Gioisa e tante altre (limitandosi al solo Comune di Siderno la puntuale attivazione dell’intervento sostitutivo senza necessità di azioni giudiziarie).
In questo contesto, pertanto, ed in questo clima, ci rivolgiamo al Presidente del Consiglio che, sia pur pressato dalle migliaia di impegni che, specie in questo periodo, lo assillano da mille lati, speriamo possa trovare il tempo per leggerci, per chiedergli se è giusto che lavoratori chiamati a dare prova in un momento come questo del loro senso civico per il bene della collettività, pur in possesso di un impiego, finiscano oggi con il trovarsi in una situazione peggiore di quelli che non lavorano, sono al sicuro nelle loro case, e ricevono gli aiuti governativi.
Ecco quello è l’interrogativo che poniamo al Capo del Governo e alle Autorità a cominciare dalla Prefettura.
I lavoratori e la loro organizzazione sindacale la loro parte l’hanno fatta, prestando servizio e astenendosi dalla pur legittima possibilità di scioperare.
Ora tocca alle istituzioni intervenire a tutela dei loro diritti e della legalità.
Perchè se aspettiamo uno scatto di reni da parte dell’azienda ed un cambiamento spontaneo del suo comportamento, allora crediamo proprio che dovremo aspettare a lungo, molto più del tempo che durerà l’emergenza e, forse, le nostre esistenze.
Vibo Valentia, 21 aprile 2020
Il Coordinatore Provinciale
dello Slai-Cobas di Vibo Valentia
Nazzareno Piperno