di Gianluca Albanese
LOCRI – Sono in costante aumento, nel nostro comprensorio, i casi di persone affette da CoVid-19, un dato che è anche frutto dell’aumento del numero dei tamponi effettuati.
Il medico locrese Nicola Rulli, da sempre attento alle tematiche della prevenzione e della soluzione delle tematiche più spinose del nostro sistema sanitario, anche oggi sceglie l’interlocuzione con Lente Locale per esprimere alcune valutazioni, come sempre puntuali e opportune.
Lo fa a campagna vaccinale avanzata contro l’influenza stagionale che lo vede, come sempre, in prima linea nella diffusione della cultura della prevenzione attraverso i vaccini.
“Le dosi di vaccino tetravalente che come ogni anno consiglio vivamente ai miei pazienti – esordisce il dottore Rulli – sono quasi esaurite, segno che la popolazione ha colto l’importanza di questo strumento in una fase delicata come quella che stiamo vivendo”.
Ma è solo la premessa, perché è inevitabile entrare subito nell’argomento CoVid-19, che il medico locrese tratta con competenza e lungimiranza fin dall’inizio del 2020 quando questo pericoloso Coronavirus appariva ai più come un fenomeno circoscritto alla Cina.
“Le pandemie – dichiara – si combattono sul territorio, ricorrendo a una buona prevenzione. Ed è proprio la medicina territoriale che necessita di maggiori risorse e attenzione da parte delle autorità governative a tutti i livelli. E’ necessario prima di tutto instaurare una buona sinergia tra medici e pazienti, perché tutti uniti dobbiamo sconfiggere il virus. Per questo è necessario intercettare prima possibile i portatori del virus sia sintomatici che non.
Al momento abbiamo una sola Usca a Marina di Gioiosa, che risulta assai efficiente ma è oberata dalle richieste di tamponi che giungono da un territorio troppo vasto per i suoi mezzi, nonostante l’impegno di questi volenterosi e giovani colleghi. Bisogna ripopolare le strutture della medicina sul territorio (Saub) che costituiscono i corpi intermedi tra il medico di base e gli ospedali, andando in controtendenza rispetto a un trend che dagli anni ’80 in poi ne ha causato la desertificazione. Oggi gli ospedali alzano le barriere e non garantiscono più le visite ai pazienti non acuti, lasciando senza assistenza i malati cronici, le cui patologie necessitano di controlli frequenti, con la conseguenza che la medicina territoriale, così come è oggi, non regge più questa situazione, specie dopo la pandemia. Per combattere efficacemente il virus serve, dopo la diagnosi, un intervento di cura domiciliare da parte di personale dedicato, in sinergia coi medici di base, perché dobbiamo prevenire l’imprevedibilità del CoVid-19 ancor prima che concentrarci sull’indice di mortalità”.
Ma in che modo vengono coinvolti i medici di base nella lotta al Coronavirus?
“Il medico di medicina generale – risponde Rulli – intercetta i pazienti, compiendo una operazione di triage, ovvero ascolto dei sintomi e indirizzo vero le terapie più adatte in attesa della diagnosi certa. Per i casi sospetti, che necessitano di tampone orofaringeo, chiediamo l’intervento delle Usca, ma in attesa dell’esito (per il quale possono passare anche parecchi giorni), interveniamo ugualmente, pur senza che il Governo ci abbia fornito, a tutt’oggi, dei protocolli terapeutici, mostrando un atteggiamento molto deficitario da questo punto di vista. Noi però interveniamo lo stesso per prevenire conseguenze più gravi come la localizzazione polmonare della malattia, perché prima si interviene e meglio è per contenere gli effetti del contagio, e i farmaci che somministriamo sono privi di controindicazioni”.
Calabria e Lombardia sono entrambe regioni “rosse”, cioè ad alto rischio. Come è possibile, con le loro ben note differenze?
“La Lombardia sarà anche la migliore regione nelle fasi di diagnosi, intervento e cura, ma è sicuramente la peggiore in termini di prevenzione, perché ha penalizzato la prevenzione svolta tradizionalmente dalla medicina territoriale. La Calabria, dal canto suo, ha perso l’occasione di mostrare il coraggio che serve per prevenire efficacemente, prendendo anche delle decisioni impopolari”.
Tipo?
“Mesi fa dissi e ora lo ribadisco, con maggiore vigore, che la scuola è il maggiore moltiplicatore delle malattie e bisogna prendere delle decisioni forti, sulla scorta di valutazioni scientifiche e non di posizioni ideologiche. Per esempio, io non esito a dire che sarebbe assai opportuno chiudere tutti gli istituti fin da subito, riaprire dopo la somministrazione dei vaccini anti-CoVid e recuperare il tempo perso continuando le lezioni fino a tutto Giugno e ai primi di Luglio, se necessario. Noi vogliamo bene alla scuola, ma ancora di più alla vita e per questo dobbiamo fare qualche sacrificio in più adesso, manifestando quella tenacia che un domani sarà ricompensata al meglio, vivendo tutti una bella Primavera”.
Ieri, intanto, il presidente facente funzioni della Regione ha annunciato l’allestimento di un ospedale da campo per i malati CoVid a Locri…
“A mio modo di vedere, è una soluzione provvisoria per dare spazio a chi non può essere curato a casa, ma non è sufficiente, ed evidenzia lo stato “opaco” della nostra sanità. La verità è che bisognerebbe tornare a una gestione statale della sanità pubblica, con un pieno e compiuto servizio sanitario nazionale: non si può demandare a regioni piccole e povere la sanità del terzo millennio che implica l’utilizzo di diagnostica sempre più sofisticata, ma costosa e i bisogni dei pazienti aumentano sempre di più, tanto che la Calabria paga da tempo il costo della mobilità sanitaria, coi pazienti che per curare determinate malattie o sottoporsi a interventi complicati sono costretti a spostarsi nelle strutture del centronord che, a loro volta, incassano rimborsi salatissimi. Continuando su questa strada sarà impossibile riequilibrare il dissesto della sanità in Calabria.
Intanto, in Calabria, la sanità continua a essere commissariata…
“E’ una logica da superare al più presto quella dei commissariamenti: bisogna restituire a una politica responsabile e sottoposta al giudizio dei cittadini una sanità che, com’è concepita oggi, penalizza proprio le fasce più povere della popolazione, che costituiscono le maggiori fruitrici della sanità pubblica. A questo proposito, mi auguro che dalle prossime elezioni regionali giungano indicazioni utili in tal senso”.