di Luisa Ranieri
Non si può leggere tutto d’un fiato il libro L’ultimo drago d’Aspromonte di Gioacchino Criaco solo per la curiosità di trovarvi, già bella e confezionata, la soluzione dell’intera vicenda.
Bisogna, invece, soffermarsi a lungo su ogni parola, su ogni pensiero dello scrittore ed ogni disegno del fumettista, poiché ognuno di essi contiene un indizio che solo alla fine, sommandosi agli altri, si rivela come importante chiave di lettura non solo della vicenda narrata ma, soprattutto, di quella dell’essere umano nella sua globalità .
Vi ritroviamo i temi cari allo scrittore, ma più stringenti e significativi che negli altri suoi scritti: vediamo più da vicino le anime nere che si rifugiano nel cuore dell’Aspromonte cercando un’espiazione alla loro colpa e scopriamo che si vengono a trovare in un circolo vizioso di continua resurrezione e caduta; scopriamo i maneggi della malavita che fa di tutto per restare padrona del territorio e, miserabilmente, ci riesce.Tocchiamo con mano la disperazione esistenziale in cui gli atti delittuosi fanno precipitare gli innocenti condannandoli, come il protagonista della vicenda, a portarseli addosso come una croce per tutta la vita.
Ma scopriamo anche che il paesaggio montano, insieme aspro e lucente, può diventare sì condanna e pena perpetua ma anche fonte di salvezza e rigenerazione.
Basta seguire non l’esempio fuorviante degli uomini ma quello più autentico degli animali e delle piante che parlano una loro lingua permeata di antica saggezza: il porco sindaco, il capro bianco, le querce, i lecci, il bagolaro, le eriche e tutti gli abitanti del bosco insegnano molto al tossico che tra di loro trova non solo un rifugio ma anche, alla fine, la pace dopo una vita segnata da una malattia che altro non era che la conseguenza della malvagità altrui.
Romanzo intenso, commovente, e mirabilmente capace di scuotere tutte le false certezze nelle quali di solito ci rifugiamo, indicandoci una via diversa per l’interpretazione della nostra vita nel grembo di quella Universale.
Grazie, Gioacchino Criaco
Grazie, Vincenzo Filosa.