L’ex dirigente del Commissariato di P.S.di Siderno Rocco Romeo presenterà, il prossimo venerdì 11 maggio alle 18,30 nello spazio culturale “MAG. La ladra di libri” il suo primo romanzo “La triologia del caffè Malavenda” (2017, L’orto della cultura edizioni), un brillante affresco dei vizi e delle virtù della provincia di Reggio Calabria attraverso gli episodi che vedono protagonista un commissario di Polizia che ricorda, per certi versi, proprio l’autore della “triologia”, sullo sfondo dei quali ci sono tre affezionati avventori del caffè che, esattamente come i vecchietti terribili del “Bar Lume” sono presenti in ogni storia.
Un poliziesco divertente scritto da un poliziotto brillante, dunque, con un occhio attento a un territorio nominalmente metropolitano ma dall’animo e dall’essenza più che mai provinciale.
Appuntamento, dunque, a venerdì 11 alle 18,30 nello spazio culturale “MAG. La ladra di libri” di corso Garibaldi, 281 a Siderno (di fronte alla concessionaria Opel).
Gianluca Albanese dialogherà con l’autore.
Di seguito la recensione della “Triologia del caffè Malavenda”
Sembra di vederlo ancora lì, seduto ai tavoli dei bar del corso di Siderno, puntuale ogni mattina alle otto, con davanti un caffè, un cornetto e il giornale. Uno sguardo alle notizie, un sorso di ottima miscela e uno sguardo indagatore ai passanti, alle loro frequentazioni, con l’orecchio teso alle loro chiacchiere fin troppo rilassate, anche a un orario che imporrebbe ritmi serrati e frenetici.
Rocco Romeo, nel decennio precedente, è stato dirigente del Commissariato di P.S. di Siderno. Un grande investigatore, del quale serbiamo un ottimo ricordo. Magari poco incline a soffermarsi sulle scartoffie da ufficio, e conscio che le indagini si fanno anche e soprattutto in strada e, perché no, nei bar.
Proprio come il commissario protagonista del suo nuovo romanzo “La triologia del caffè Malavenda” (2017, L’Orto della Cultura, casa editrice) ambientato nella Reggio Calabria che conosce come le sue tasche, con le sue bellezze naturali, le ville decadenti e vizi e virtù dei propri concittadini, tra parcheggi di auto alla “mindifuttu”, buche per strada rattoppate alla bell’e meglio da operai svogliati, notabili che rammentano a ogni piè sospinto le loro conoscenze altolocate, e tanti misteri fatti di relazioni tra mondi apparentemente lontani e in cui nulla è come appare.
I quattro racconti della sua ultima fatica letteraria, hanno un unico filo conduttore: il caffè Malavenda, appunto, con le deliziose “sussumelle” esposte nel banco, il trio di anziani avventori che dà origine al titolo, le donne “svestite alla moda”, e i politicanti paesani con le loro frequentazioni trasversali.
Come nel “bar Mario” di Ligabue, dal reggino caffè Malavenda, passa di tutto. Ed è lì che il commissario protagonista dei racconti incontra le sue belle donne tutte curve e poco cervello con cui intreccia sofferte relazioni, e le amiche tutte prese dalla degustazione di improbabili intrugli esotici, sui quali l’autore ama ironizzare non poco, che disegnano attorno alle avventrici quel tocco di vacua mondanità, di cui il centro cittadino troppo spesso si ammanta.
Per fortuna ci sono loro, quelli del “trio”, che ammiccano al commissario quando entra con una nuova fiamma, condividono con lui i propositi di spedizioni enogastronomiche in provincia, con le mete più ambite che includono anche Ciminà e il suo squisito caciocavallo, e le chiacchiere del “più e del meno” che trae origine dalla lettura dei quotidiani locali, tra cui “La Gassosa del Sud” e “Il Fregantista” che gli avventori del caffè sfogliano svogliatamente.
Al di là della struttura narrativa dei racconti, che trova la sua espressione migliore, a nostro modo di vedere, nel quarto e ultimo episodio “Il futuro del tempo passato” in cui il protagonista, all’apparenza cinico e disilluso diviene sensibile e incline all’introspezione, è facile apprezzare il modo in cui Romeo descrive il mondo che lo circonda, e i comprimari dei racconti, dall’amico medico legale alla petulante Ispettore Millesanti, il cui debordante eloqui risulta essere per il commissario come la cripotnite per Superman.
Come un novello Montalbano, nato e cresciuto al di qua dello Stretto, Romeo descrive la sua Reggio passata e presente e i suoi concittadini senza fare sconti a nessuno: indulge ai piaceri della carne e della tavola e, complice la pigrizia nella gestione della sua casa, trova ristoro solo nei bar che sono per lui come l’approdo tanto cercato in diversi momenti della giornata.
Della sua esperienza professionale nella Locride, sembra di scorgere i nomi di alcuni comprotagonisti, prima tra tutte quella Donatella che gestisce un negozio di abiti da sposa e che diventa preziosa fonte d’informazioni, o le spiagge di Roccella e della Riviera dei Gelsomini, ma anche e soprattutto quella carica di umanità che non ha mai nascosto, e che lo rende così simile al protagonista del romanzo.
Al volante della sua decappottabile o in sella alla vecchia e rumorosa “Harley”, il commissario della “triologia” ricorda molto il vero Rocco Romeo, che se il destino professionale ha portato lontano da Siderno e dalla Locride, non ne ha mai allontanato il buon ricordo di lui nella popolazione locale.