di Giovanni Maiolo
CAULONIA – Il progetto di re-insediamento in Italia di circa 200 profughi iracheni, di discendenza palestinese, attivato nel 2010 e nel 2011 a Caulonia e Riace si è rivelato estremamente difficoltoso a causa delle pretese e della mancanza di collaborazione degli ospiti. Era loro intenzione andare a vivere nei Paesi della Scandinavia, gli Stati col più vasto stato sociale del mondo, per cui hanno rifiutato dall’inizio ogni processo di integrazione, chiedendo all’Italia un’impossibile assistenza a vita. Anche i tentativi più determinati di creare per loro delle prospettive di lavoro sono state frustrate dalla loro ostinata opposizione.
Fino a quando, dopo un anno e mezzo di vita super assistita, periodo durante il quale tutti gli operatori sociali venivano intesi dagli ospiti alla stregua di autisti e camerieri che dovevano servirli e riverirli, quasi tutti i beneficiari sono partiti per la Norvegia e la Svezia. Paesi dai quali, dopo alcuni mesi, in ottemperanza al Regolamento comunitario Dublino II, sono stati rimandati in Italia. Per evitare il ritorno in Italia hanno anche utilizzato i media arabi inventando una persecuzione dell’Italia nei loro confronti, per cui i sindaci, le assistenti sociali, i sociologi, gli psicologi, i medici e tutti coloro che si erano spesi senza risparmio per assisterli, sono stati dipinti come violentatori, mafiosi, torturatori. Nei loro racconti fantasiosi chi li aiutava è diventato un criminale che stuprava le loro mogli e le loro figlie, chi gli portava la spesa (una spesa così ricca che probabilmente quasi nessuno a Caulonia e Riace può permettersi) è diventato un razzista intollerante che disprezzando i musulmani offendeva le donne strappandogli il velo, chi gli pagava ogni mese un sostanzioso contributo in denaro (spesso molto superiore agli stessi stipendi degli operatori che si sono sempre prodigati per loro) è diventato un mafioso che li minacciava. Perfino l’emittente televisiva del Qatar Al Jazeera ha dato credito a queste fandonie, provocando quasi uno scontro diplomatico tra l’Italia e alcuni Paesi arabi.
Ovviamente è stato necessario smentire tali assurdità, ingiuste nei confronti di chi non si era risparmiato per strapparli al campo profughi di Al Tanf e agli stenti della vita nel deserto per dargli una prospettiva di vita migliore. Ed è stato possibile farlo soprattutto grazie alla collaborazione di Chiara Sasso della Rete dei Comuni Solidali e di Angela Lano, direttore dell’agenzia di stampa InfoPal e appassionata militante della causa palestinese.
Così gli iracheno-palestinesi in questione, più legati all’idea di una vita nel lusso che alla causa della Palestina libera così a cuore al sindaco di Riace Domenico Lucano, al sottoscritto, e a molti altri che si erano dimostrati entusiasti nell’accogliere un gruppo nutrito di figli della Palestina, sono stati rimandati in varie regioni italiane, inseriti nella rete dello Sprar. Allo scadere dei loro progetti di accoglienza hanno dovuto cercare una strada di autonomia, rimpiangendo le possibilità che Riace e Caulonia gli avevano offerto e che loro stessi avevano rifiutato.
Per cui Caulonia, dipinto come un paese di mafiosi e torturatori, sta tornando ad essere la loro casa, considerando che alcune famiglie di iracheno-palestinesi che erano stati accolti nella Locride, sono tornati proprio a Caulonia a vivere. In alcuni casi hanno comprato casa, in altre l’hanno affittata, in ogni caso dopo tanto peregrinare sempre più persone di quel gruppo stanno tornando, riconoscendo la civiltà del nostro paese che, nonostante sia stato da loro spregevolmente diffamato, non ha esitato un attimo ad accoglierli per la seconda volta come figli. Con rammarico per quello che è accaduto, ma senza rancore, dimostrando grande maturità.