di Francesco Tuccio
Ne avrete ricevute anche voi e tante. Io potrei mostrare quelle di Katrin, Silvia, Mara, Debyy, Grace, Mec ecc., ma mi fermo a Marina che le riassume tutte e la riporto fedelmente:
“Tu sei quello che voglio sapere bene. Il mio nominativo e Marina, 30 anni me. Ho visto il tuo profilo e ha deciso di produrre a voi. Come stai facendo? Ho uno stato d’animo meraviglioso. Sto cercando un individuo per relazione serio, che tipo di nesso che stai cercando? Sono molto interessato a conoscerti, ma credo che sarà meglio se tu e io corrispondera per e-mail. Se siete stimolati a fare la comprensione con me, ecco il mio indirizzo e-mail: (omesso). Oppure mi e-mail il tuo indirizzo e-mail ti scrivero una circolare. Spero che non si puo partire senza l’attenzione e la epistola mi scrivi. Sarei molto lieto di incassare la vostra opinione. Io vedo l’ora la tua missiva alla mail. Il tua Marina”
Ha visto il mio profilo e poiché cerca “un individuo per relazione serio” presumo ne abbia visti tanti altri, forse migliaia tra le centinaia di milioni di irretiti nella rete, ma ha scelto proprio me e me soltanto. Il mio orgoglio maschile già vola oltre le distanze siderali. Il suo italiano corrotto nella grammatica e nell’ortografia nasconde una bella, bellissima trentenne straniera, luminescente, esotica perfino. Le sue frasi contorte, in realtà, conturbano, sprizzano sensualità e fanno galoppare l’immaginazione al suo “stato d’animo meraviglioso”, che sarà pari alle sue sembianze ed alla sua essenza femminile.
Però, mi corre un dubbio: forse, sarà una ragazza che si può invitare soltanto a una delle sfavillanti cene di Arcore che per me sono irraggiungibili.
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Alla fine mi fanno crollare tutto quelle parole riferite al maschile mentre dice di essere donna. Potrei cadere in un inganno, pur non avendo nulla contro gli orientamenti sessuali diversi dal mio.
Non c’è dubbio: Marina è nata con gli occhi aperti e la sa lunga. Guardando al successo e ai numerosi clienti di Anna Marchi, a quelli di fattucchieri e maghi che hanno venduto numeri vincenti e soluzioni miracolose a qualunque problema, alla bufale lanciate sul web e dietro a cui corrono sciami di creduloni, ai tanti post vuoti lanciati in cerca di spasmodica compiacenza, alle molte solitudini invisibili (e in fondo siamo tutti dei solitari nella affollatissima internet) c’è da scommettere che Marina avrà una bella quantità di spasimanti virtuali.
E il punto pare proprio essere il mondo virtuale che sta soppiantando, o ha soppiantato, almeno in parte, quello reale con l’avvento di una sorta di idolatria dell’apparenza a discapito dell’essere, e ciò riguarda tutti: uomini e donne. I nostri comportamenti sociali hanno subito una palpabile mutazione attraverso le regole e le modalità volute dai social network, che tengono su di noi il microscopio sempre acceso per conseguire fini che ci possono essere ignoti. Noi lo sappiamo e ci piace, comunque, mostrarci nelle loro vetrine senza precauzione e spesso senza ritegno.
Quale abisso ci separa dal racconto lirico di Corrado Alvaro, “Ritratto di Melusina”, dove “basta presentarsi in una delle nostre strade con una macchina da fotografie perché tutte le donne volgano il capo dalla parte del muro”. E la bellissima protagonista quindicenne, mentre viene ritratta, atteggia la bocca tagliata come da una ferita, “un bacio cattivo su un volto ignaro”, per trasmettere a chi guarderà il disegno la condizione di costrizione a cui è stata sottoposta per farsi rubare l’anima. E’, allo stesso tempo, un atto di ribellione al sopruso subito per il quale “piange una morte e avrà da piangere per molto tempo”.
Sia chiaro: nessuno invoca un ritorno di tempi e mentalità trascorsi. Basta il loro fascino poetico e letterario, la riflessione che ognuno può trarre; ma rimarcare l’estremo opposto è quasi un obbligo per stabilire un termine di paragone, rilevare un processo di trasformazione durato decenni, cogliere meglio il segno della decadenza culturale e sociale odierna. Il fenomeno è vecchio, già quasi due secoli or sono il filosofo tedesco Arthur Schopenahauer scriveva: “a causa di una particolare debolezza della natura umana si attribuisce, in genere, soverchia importanza a ciò che uno rappresenta, vale a dire a ciò che siamo nell’opinione altrui”. Una delle differenze tra ieri e oggi, sicuramente, la fa la rete, la sua funzione pandemica, di contaminazione rapida e smisurata dei comportamenti omologativi, di globalizzazione di quella “debolezza” che affonda le sue radici in un atteggiamento generalmente acritico, in un appiattimento culturale verso il basso.
Non voglio, e sarebbe ingiusto, fare di tutta l’erba un fascio, parlo di ciò che mi pare negativamente prevalga o è rilevante, e dove tocchiamo il paradosso. La rete o il web offre una straordinaria possibilità di conoscenza che altre generazioni non hanno avuto. E’ accessibile lo scibile umano, ma viene scarsamente e seriamente cercato. Fa il paio con le statistiche che proclamano l’Italia tra i 5 (su 28) paesi peggiori d’Europa per abbandono scolastico, dicono che leggiamo poco e non scriviamo affatto, non abbiamo sufficiente cognizione del passato, ragion per cui il presente ci appare un magma indistinto e confuso non avendo chiavi di lettura corrette per approfondire, soppesare e distinguere, usare bene gli strumenti di comunicazione e di scambio delle opinioni a nostra disposizione.
L’era del virtuale è divenuta era delle occasioni perdute e la nostra prospettiva ha già un’urgenza: uscire dall’ansia indistinta e vaga di essere osservati, di piacere e di cercare compiacenza, avere consapevolezza di noi stessi per sviluppare il senso critico, che equivale al riappropriarsi, nella sostanza, della libertà inavvertitamente perduta. Smentiamo chi afferma che la cultura annoia chi non ce l’ha.
P.S. Ho rivisto le e-mail in questione e Facebook mi dice: “Questo messaggio non è più disponibile perché è stato ritenuto offensivo o contrassegnato come spam.” La censura è stata sempre pericolosa e può sortire l’effetto contrario poiché è inidonea ad agire sulle cause.