di Alessia Candito (fonte www.corrieredellacalabria.it)
REGGIO CALABRIA Solo in tre riusciranno ad evitare il procedimento scaturito dall’inchiesta Metropolis, l’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dal sostituto Paolo Sirleo che ha svelato come le cosche Morabito e Aquino – due famiglie dell’élite della ‘ndrangheta del mandamento jonico – dal 2005 ad oggi si siano assicurate la gestione, il controllo e la realizzazione di decine di importanti e noti complessi immobiliari turistico-residenziali, ubicati nelle più belle aree balneari calabresi.
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Per Nicola Rocco Aquino, ufficialmente irreperibile, Domenico Aquino e Francesco Strangio il gup di Reggio Calabria ha disposto il non luogo a procedere, mentre tutti gli altri si dovranno presentare di fronte al Tribunale di Reggio Calabria il prossimo 25 marzo per l’inizio del procedimento con rito ordinario che li vede alla sbarra. È fissata invece per il 19 maggio l’udienza iniziale del filone in abbreviato, rito scelto da Giuseppe Carrozza e Daniele Scipione.
Nell’ambito di uno dei due procedimenti è infine più che probabile che venga trattata anche la posizione di Henry James Fitzsimons – l’uomo gravitante attorno all’Ira e al partito del Sinn Fein pizzicato a fare affari con gli Aquino e i Morabito, arrestato in Senegal dopo mesi di latitanza – la cui posizione è stata momentaneamente stralciata per motivi tecnici. Verrà processato in contumacia, ma rimane – allo stato – latitante l’imprenditore campano Antonio Velardo. Insieme a Fitzsimons, stando alle risultanze investigative, sarebbe uno dei partner stranieri dei clan nel business immobiliare che ha ricoperto di cemento la costa jonica reggina.
Un’area che – in barba a norme urbanistiche e di tutela ambientale, aggirate secondo la Procura grazie a tecnici comunali compiacenti come Francesco Sculli, padre dell’ex under 21 Giuseppe e genero del boss Peppe “Tiradritto” – gli uomini delle ‘ndrine avrebbero coperto di case, ville e piscine, pronte ad essere vendute a sprovveduti acquirenti stranieri, agganciati da Velardo e Fitzsimons. Un business che le ‘ndrine si sarebbero divise in maniera salomonica: da Reggio a Siderno comandavano i Morabito, da lì fino a Catanzaro, era tutto in mano agli Aquino. Una spartizione chiaramente evidenziata anche dalla divisione delle quote della società “BellaCalabria”, uno dei terminali economici e finanziari utilizzato dai clan, finite per il 50% in mano a un prestanome degli Aquino e per il 50% a una testa di legno dei Morabito. E sono numeri da capogiro quelli del business che secondo l’accusa sarebbe stato messo in piedi dai due clan: 17 villaggi turistici, 1343 unità immobiliari, 12 società, tutti beni di un valore pari a 450 milioni di euro oggi finiti sotto sequestro. Un affare dai volumi impensabili se paragonato alla miseria imperante nell’area jonica – precipitata in fondo a tutte le classifiche di vivibilità e reddito – ma che le cosche non gestivano da sole.
Fitzsimons e Velardo, i soci stranieri
Soci in affari di Rocco Morabito, figlio del boss “Tiradritto” e Rocco Aquino, rispettivamente al vertice dell’omonimo clan, erano infatti non solo una pletora di imprenditori spagnoli che nel corso delle conversazioni intercettate definivano la Calabria il nuovo Eldorado, in cui investire senza avere problemi, ma anche Henry James Fitzsimons.
A mettere in contatto l’ex terrorista con gli ‘ndranghetisti del mandamento jonico sarebbe stato un noto imprenditore campano, Antonio Velardo. Insieme sarebbero entrati in quella che – a detta degli inquirenti – si configura come una vera e propria joint venture internazionale tra uomini delle ‘ndrine e imprenditori spagnoli, che avrebbe dato vita a un articolato intreccio di società, italiane e straniere, finalizzato alla realizzazione di complessi immobiliari destinati al settore turistico-residenziale.
Aquino e Morabito al centro del business
Un flusso infinito di capitali triangolavano fra il Nord Europa, la Spagna e la Calabria e solo grazie ad un errore tecnico che ha portato al fallimento della società schermo italiana è stato possibile ricostruire tutto.
A mettere gli inquirenti sulle tracce del business milionario che le famiglie Aquino e Morabito avevano messo in piedi è stato un controllo occasionale su un’auto proveniente dall’Albania effettuato da due finanzieri di Bari. A bordo non solo c’erano quattro persone di San Luca, già note alle forze dell’ordine, ma soprattutto le planimetrie del complesso turistico-alberghiero “Gioiello del mare” – oggi finito sotto sequestro perché totalmente abusivo – riconducibile alla Metropolis 2007 srl, una delle società della galassia dei clan. Un particolare che ha acceso l’interesse investigativo degli inquirenti che per anni hanno battuto la pista dell’edilizia turistica e residenziale fino a scoprire la rete tessuta attorno a sé da Rocco Morabito, figlio del boss Peppe Tiradritto. Una doppia beffa per la Calabria, devastata dal cemento e piegata al consenso dettato dal ricatto occupazionale, grazie al quale i clan hanno consolidato il loro potere in cambio di un pugno di posti di lavoro.