di Maria Laura Morgione
MONASTERACE – Bagno di folla mercoledì pomeriggio nel giardino del Museo di Monasterace per festeggiare l’inaugurazione della sede che dopo nove mesi di ristrutturazione è stata riaperta al pubblico sfoderando la più tonica delle sue forme. Un grande evento per l’antica Kaulon che i discendenti della polis magnogreca non hanno mancato di omaggiare commossi dal ritrovato fasto distintivo di una vasta area attorno all’attuale Monasterace che almeno dal VII sec. a.C. è stata centro di scambi commerciali marittimi e di una fervente vita culturale.
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L’assessore regionale alle Infrastrutture Nino De Gaetano, il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, il sindaco di Monasterace Cesare De Leo, la direttrice Silvana Iannelli, la soprintendente del Veneto Simonetta Bonomi, la professoressa dell’Università di Pisa Cecilia Parra e la soprintendente in pensione Elena Lattanzi: alla conferenza di inaugurazione del bel museo che si affaccia sulle acque dello Ionio ci sono i rappresentanti del Comune, della Provincia e della Regione seduti al tavolo assieme alle archeologhe che hanno fatto la storia del museo dagli anni ’80 fino ai giorni nostri, da quando la direttrice e i primi custodi non avevano ancora un museo e perlustravano in auto le zone sensibili dell’area archeologica per controllare che non ci fossero costruzioni o scavi abusivi. Avevano un magazzinaccio nel centro di Monasterace Marina che accoglieva ammassati i reperti frutto degli scavi e i pochi dipendenti. Ma questa antica colonia greca meritava molto di più, risaliva addirittura al 1957 il vincolo dell’area archeologica da parte della soprintendenza che tutelò Kaulonia e la protesse dalle costruzioni sulla costa che dagli anni ’50 in poi diedero vita all’abitato di Monasterace Marina là dove prima c’erano solo ampie colline e un paesello in alto, l’attuale Monasterace Superiore che oggi sembrerebbe condannato ad un lento abbandono.
L’amministrazione di Cesare De Leo, sindaco negli anni ’80 e recentemente rieletto, ottenne i primi 500 milioni di Lire e si iniziarono i lavori che daranno vita al Museo di Monasterace. Seduti allo stesso tavolo mercoledì, a trent’anni di distanza, i protagonisti dei primi passi del museo si sono confrontati con qualche breve scintilla, ma in sostanziale accordo riguardo all’esigenza di una stretta collaborazione tra la politica e la soprintendenza che, negli anni, è stata il fulcro del successo monasteracese. Elena Lattanzi, gagliarda e frizzante ex-soprintendente ai Beni Culturali non risparmia una stoccatina a De Leo definendo il primo museo troppo simile alla Piramide del Louvre, mentre i progetti seguenti avrebbero reso l’opera architettonica “accettabile”, la storica direttrice Iannelli, da oggi in pensione in favore di Sudano alla guida del museo, omaggia invece la lungimiranza di tutte le amministrazioni succedutesi nel piccolo paesino, mentre Simonetta Bonomi, soprintendente in Calabria per cinque anni e fino a poco fa, difende il lavoro di protezione del tempio dorico affacciato sul mare e, negli ultimi anni, soprattutto sulle mareggiate. Oggi l’emergenza è rientrata perché la soprintendenza ha trovato i finanziamenti per un sistema di sostegno della duna – completato solo pochi mesi fa – che l’amministrazione locale promette di integrare a breve con un altro appalto il quale, dai toni della conferenza di inaugurazione, non sembrerebbe trovare il completo appoggio delle archeologhe. La minaccia del mare e la protezione del tempio sono problemi annosi del sito di Monasterace e il maltempo del 2013 non solo ha fatto crollare un fortino della prima guerra mondiale, ma ha anche inghiottito l’area che nel 2000 ha permesso il ritrovamento di un pezzo unico come la lamina bronzea in dialetto acheo. A preoccupare particolarmente la Bonomi sono, però, le decisioni romane. Con la riforma del Ministero, la soprintendenza cesserà di essere l’unico interlocutore dello Stato e la tutela e la valorizzazione dei beni culturali saranno affidate a due enti separati. Una riforma “traumatica” secondo la soprintendente che, rispondendo ad un accorato appello di De Gaetano a puntare su cultura, turismo ed enogastronomia, si domanda se dopo tutti i cambiamenti e con la valorizzazione gestita dai nuovi poli museali regionali, la riforma del Mibact possa servire davvero.
La collezione aperta al pubblico da ieri è davvero d’eccezione e sarà visitabile anche oggi, primo maggio. Il Museo di Monasterace apre le porte a tutti i visitatori sfoggiando il meglio di sé con installazioni e vetrine curate attentamente, ricostruzioni grafiche e strutturali, una postazione interattiva dotata di un monitor che spiega le fasi storiche di quella bella colonia magnogreca che senza dubbio era Kaulon. Le esposizioni delle vetrine contano bronzi e terrecotte ricostruite, specchi, anelli, schinieri ed elmi, statuette minuziosamente rifinite, reperti spesso ricostruiti dal lavoro certosino dei restauratori e rinvenuti in tutta la vasta zona archeologica, anche nell’ampia necropoli in cui già Paolo Orsi aveva scoperto 130 tombe ai primi del ‘900. Anche le strutture andate perdute sono state ricostruite per dare un’idea dell’antico fasto, come la parte frontale del santuario della Passoliera con le belle teste leonine della trabeazione giunte fino ai giorni nostri. Fiore all’occhiello della mostra è una piccola lamina di bronzo già citata che nella sua fragilità racchiude una grande forza: è la più lunga iscrizione in dialetto acheo mai rinvenuta al di fuori della Grecia. Si tratta di una poesia in 16 versi la cui traduzione fornisce informazioni importanti sulla vita dell’aristocrazia della polis e aumenta i tasselli del puzzle che svelerà quale fosse l’attribuzione divina del tempio. Le condizioni della lamina sembrerebbero piuttosto buone e le caratteristiche metriche del testo hanno facilitato l’intuizione di alcune parti andate perdute. Inoltre, piccole vasche ritrovate a Kaulon sono state poste a semicerchio ricostruendo la sistemazione nelle terme in cui, in situ, si trova uno splendido mosaico detto “Dei delfini” che è stato ricoperto di sabbia dagli archeologi e per adesso non sarà possibile esporre. Al centro esatto della mostra, star indiscussa e ormai simbolo della stessa Monasterace, si trova il Mosaico del Drago al meglio della sua forma dopo il restauro compiuto dal laboratorio Mantella. Lungo tutto il percorso espositivo, il visitatore è accompagnato per mano da continue mappe, fotografie e descrizioni contestualizzanti che gli permettono di capire i reperti senza annoiarlo mai. “Uno dei musei più didattici della Calabria”, precisa pronta la Lattanzi, plaudendo all’attenzione particolare della direttrice Iannelli sul tema della trasmissione del sapere, carta che ha dimostrato di voler giocare a più riprese, ad esempio quando ha aperto ai visitatori i laboratori di restauro – come di rado avviene – oppure quando ha ospitato per gli studenti del Liceo Scientifico di Soverato un workshop che ha permesso loro di acquisire le basi delle principali tecniche restaurative.
Dunque una grande inaugurazione e una riapertura al pubblico in grande stile per quel Museo di Monasterace che negli anni ha sempre destato l’interesse di alcune decine di turisti al giorno confermando la volontà popolare di sapere e di stupirsi delle ricchezze conservate nel grembo della Calabria. Adesso spetterà all’amministrazione locale potenziare l’accesso al museo e pubblicizzarlo. La sede non è raggiunta dagli autobus locali e Monasterace è collegata molto male con l’aeroporto di Lamezia Terme. Ci sono tanti giovani calabresi pronti a inventarsi un lavoro puntando sulla cultura e a loro bisognerà tendere una mano. La ricetta per il successo del Polo non deve passare solo dai grandi appalti, ma un potenziamento sapiente dei collegamenti e il reinserimento, ad esempio, della struttura nel Magna Græcia Teatro Festival – questa volta, magari, pagando davvero lo straordinario al personale rimasto fino alle due di notte – e altre soluzioni creative potrebbero dare a questa sede il lustro che ormai merita davvero.