L’omicidio del dodicenne Giuseppe Di Matteo venne commesso l’11 gennaio 1996 dopo oltre due anni dal giorno del rapimento, che venne architettato il 14 novembre 1993 da mafiosi travestiti da poliziotti che prelevarono il bambino con la scusa di portarlo dal papà, sotto protezione in un luogo lontano dalla casa natìa in Sicilia. È possibile annoverare costui tra gli uomini d’onore? Colui che ha dato l’assenso per sciogliere nell’acido un bambino di dodici anni quando anche il codice di mafia il più tenero obbliga di tenersi lontano da donne e bambini?
di Antonio Baldari
In Italia l’inizio settimana è di quelli luttuosi: Matteo Messina Denaro è morto. Lo si immaginava potesse accadere da un momento all’altro, lo si aspettava in considerazione del fatto che egli soffriva da tempo di una neoplasia che gli ha imposto di concludere i suoi giorni poco oltre i sessant’anni; muore Matteo Messina Denaro e l’Italia non lo celebra tanto per i suoi misfatti ma ne parla, pure troppo, per quelli che sono stati i segreti, gli anneddoti, la verità – in special modo la verità! – che ineriscono la mole di omicidi commessi o commissionati e che mestamente porta con sé nella tomba.
Noi ci rifiutiamo di spendere una sola parola verso chi ha imbrattato le vie, le strade, i vicoli e gli anfratti più reconditi della nobile città di Palermo ed ora trovasi “nel mondo della verità”, quella di Chi sta sopra di noi e non la sua verità, ma vogliamo ricordare, questo sì ahinoi, l’omicidio più efferato, vergognoso, atroce e chi più ne ha più ne metta che sia mai passato allo storia personale di quest’uomo per dire se quest’uomo era un mafioso: facciamo chiaro riferimento all’uccisione di Giuseppe Di Matteo, di 12 anni, “colpevole” di essere il figlio di quel Santino Di Matteo, che si era evidentemente stancato di fare il mafioso avendo deciso di collaborare con la giustizia italiana.
L’omicidio del dodicenne Di Matteo venne commesso l’11 gennaio 1996 dopo oltre due anni dal giorno del rapimento, che venne architettato il 14 novembre 1993 da mafiosi travestiti da poliziotti che prelevarono il bambino con la scusa di portarlo dal papà, sotto protezione in un luogo lontano dalla casa natìa in Sicilia; per come è acclarato agli atti dei vari processi istruiti, tale operazione venne proposta da Giovanni Brusca in opposizione a Giuseppe Graviano che, al contrario, pretendeva di uccidere subito il bambino con l’intento di far vacillare le certezze del di lui papà Santino: Leoluca Bagarella, lo stesso Graviano e l’oggi defunto Matteo Messina Denaro dànno l’assenso alla proposta di Brusca.
Che era alla base dell’onda di “pentimento” scaturita all’indomani della “Strage di Capaci”, il 23 maggio 1992, in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e la sua scorta, con Brusca che venne aspramente rimproverato dai suoi sodali per non avere pensato a nulla atto ad impedire che i “traditori” potessero fermarsi e non collaborare con la giustizia italiana; da qui la decisione di prelevare il bambino, il dodicenne Giuseppe, tenerlo in prigione e quella mattina di gennaio scioglierlo nell’acido: terrorizzato, il piccolo gridava e urlava “Papà mio, amore mio” ma venne lasciato lì, legato come una bestia e abbandonato all’atroce morte in un cassone.
Matteo Messina Denaro, è possibile definire costui quale “uomo d’onore”? Colui che ha dato l’assenso per sciogliere nell’acido un bambino di dodici anni quand’anche il codice di mafia il più tenero obbliga di tenersi lontano da donne e bambini? Pace all’anima sua se la troverà, la pace!