di Domenica Bumbaca ed Emanuela Alvaro
LOCRI – Con la notizia dell’avvio della procedura 223, afferente al licenziamento collettivo avviato al call center, coinvolgendo oltre 120 dipendenti, inevitabile lo sconcerto e la paura per il futuro da parte dei diretti interessati, molti dei quali hanno come unico sostentamento economico proprio lo stipendio derivante dal lavoro a Call&Call Lokroi.
“NOI NON SIAMO NUMERI” è l’hashtag che ha iniziato a circolare sui social network (così come l’immagine allegata) e che racchiude preoccupazioni e stati d’animo.
In questi giorni pubblicheremo le storie di alcuni di loro che ringraziamo per averle voluto condividere con noi, ma soprattutto con tutti voi!
- Non spezzateci le ali – Giuliana C.
Ho iniziato la mia avventura lavorativa in azienda nel 2006, mio figlio aveva solo tre anni. Tante le paure e le incertezze di imparare un mestiere che tutti criticavano! Ero io quella che chiamava a casa delle persone nelle ore più improbabili per vendere magari una rivista o un abbonamento telefonico, tanti quelli che mettevano giù la cornetta apostrofandomi con parole non gentili, ma tanti altri che ti ascoltavano, anche chi si complimentava e magari poi decideva di acquistare il prodotto. Ed ecco arrivare le prime soddisfazioni, gli applausi e le incitazioni dei colleghi perché siamo sempre stati una grande squadra compatta e solida. Lo stipendio non era molto, 2.50 euro all’ora, ma ho tenuto duro nella speranza che potesse arrivare quel giorno in cui sarebbero cambiate le cose ed ė stato così!!
Il 14 novembre 2008 ė arrivato il contratto a tempo indeterminato. Quel giorno ė indelebile nella mia mente, la gioia che ho provato ė indescrivibile. Ero nel mio amato paese a cinque minuti da casa ed avevo uno stipendio dignitoso. Con il tempo il lavoro ė migliorato con l inbound e la complicità tra colleghi e la forza che ci davamo l’un l’altro si intensificava sempre più!
Tante volte i problemi familiari o di salute in questi anni, ma varcata quella porta passavano in secondo piano, bastava un sorriso o una pacca sulla spalla e tutto prendeva colore! Amo questo lavoro che ho imparato a fare mio con sacrifici e dedizione ogni singolo giorno. Ma tutto questo si ė spezzato quando ho letto il comunicato delle sigle sindacali con il quale siamo stati informati che la commessa alla quale stavo lavorando non sarà più a Locri. Il mio cuore ha tremato quando ho sentito dire il termine licenziamento collettivo. La delusione ė stata tanta, l’amarezza, la rabbia e la tristezza hanno colpito la vita di una madre ora di due splendidi figli ai quali non vorrebbe far mancare nulla e negare qualcosa perché non se lo può più permettere o addirittura doverli lasciare per emigrare chissà dove per potergli garantire una vita dignitosa.
Non siamo numeri… siamo vite, siamo battiti di cuore, siamo anime che vogliono continuare a veder sorridere i propri cari, che vogliono continuare a fare un lavoro onesto ed essere liberi di dire Locri ė vita, Locri ė una realtà lavorativa concreta. Locri siamo noi, umili, testardi, orgogliosi di essere Locresi e di occupare il proprio posto tra le postazioni colorate di via Oliviero.
- Io ragazza madre cresco mio figlio grazie a questo lavoro – Carmelina S.
Sono Carmelina, ragazza madre da circa nove anni. Lavoro al call center grazie al quale vivo e cresco mio figlio. Non sono un numero, sono una donna che lavora per andare avanti e offrire il meglio a mio figlio. La vita non mi ha riservato sempre delle belle sorprese e da un po’ lotto per sconfiggere una malattia che mi ha portata ad assentarmi dal mio lavoro.
Sono ammalata, ma guarirò e la mia più grande speranza e a settembre rientrare. Il lavoro al call center di Locri è la mia unica strada per riprendere in mano la mia vita per continuare a lottare per me e mio figlio.
- Una passione accantonata, un lavoro per ricominciare – Sandra C.
Sono una ragazza, donna, mamma che lavora al call center di Locri, dove sono cresciuta. Era il 27 marzo 2007 oltre dieci anni fa. Avevo aperto un negozio sempre a Locri o meglio ho provato ad aprire un negozio di gioielleria dopo cinque anni di studio in materia e un corso di specializzazione a Vicenza. Il mio sogno era quello di continuare a fare ciò per cui avevo studiato. Anni difficili, il mio sogno non è stato così facile da portare avanti. Da poco aveva aperto il call center, me ne parlarono e riuscì ad. L’idea era quella di lavorarci per pagare l’affitto del negozio.
L’anno successivo decisi di fare le pratiche per chiudere la mia attività ed entrare definitivamente nella famiglia di Call&call. Grazie a questo lavoro sono riuscita a comprare l’auto e sto cercando piano piano di pagare i debiti accumulati con la gioielleria. Nel frattempo mi sono creata una famiglia, lo stipendio fisso mi ha dato e spero continuerà a darmi la tranquillità di pensare al futuro, con meno apprensione.
- Con questo lavoro avevo la certezza di mantenere la mia famiglia – Emanuela C.
Prima Jonitel poi Call&Call Lokroi, bellissima realtà di lavoro, in un paese dove lavoro purtroppo non c è ne. Azienda e lavoro che per me hanno rappresentato e spero continuino a rappresentare una grande opportunità di vita. Uno stipendio fisso con il quale mantengo la famiglia composta da me mio marito e un bimbo di quasi tre anni.
La certezza e la tranquillità di poter mandare avanti in modo onesto e dignitoso la mia famiglia ora viene meno e per me vorrebbe dire non poter più assicurare il pane a mio figlio.
Avvilita e delusa non mi resta che confidare nel buon Dio affinché questo non accada e tutti noi possiamo continuare a lavorare.