di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Ospedale Bambino Gesù)
Grazie alle “forbici” molecolari, in grado di correggere i difetti del DNA, i pazienti con talassemia e anemia falciforme, coinvolti in due studi internazionali, sono guariti. Gli studi, pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine, hanno visto l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù tra i centri di ricerca protagonisti della sperimentazione, basata sulla tecnica di editing genetico nota con il nome di CRISPR-Cas9. Il 91% dei pazienti talassemici ha raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni periodiche necessarie per mantenere adeguati i valori di emoglobina nel sangue e il 97% dei pazienti con anemia falciforme è divenuto invece libero dalle crisi vaso-occlusive che possono provocare complicanze gravi e fortemente invalidanti. Per il professore Franco Locatelli, che ha coordinato la sperimentazione sulla talassemia, si tratta di «una pietra miliare nella storia del trattamento di queste patologie».
L’editing del genoma con il sistema CRISPR-Cas9 funziona come un “correttore” del DNA: una sorta di forbice molecolare, la proteina Cas9, viene programmata per tagliare o modificare specifiche sequenze del DNA di una cellula portando così alla correzione di varie malattie. CRISPR-Cas9 è un complesso di molecole biologiche formato da frammenti di RNA (acido ribonucleico) e da proteine: il segmento di RNA indica il bersaglio da colpire, mentre la proteina Cas9 esegue il taglio o la modifica. Le cellule della persona malata vengono “corrette” in laboratorio e poi vengono infuse nuovamente nell’organismo dove si riproducono al posto di quelle difettose.
La talassemia e l’anemia falciforme sono le due malattie ereditarie del sangue più frequenti al mondo: in Italia vi sono 7000 pazienti talassemici e circa mille pazienti falcemici e 300.000 sono i nuovi nati nel mondo ogni anno con queste malattie.Queste patologie sono causate dalle mutazioni dei geni coinvolti nella sintesi dell’emoglobina ( la proteina dei globuli rossi che trasporta ossigeno nell’organismo). Gli inadeguati i livelli di emoglobina nel sangue nella talassemia fanno ricorrere regolarmente a trasfusioni in media ogni tre settimane e l’assunzione tutti i giorni di un farmaco in grado di eliminare il ferro che altrimenti si accumulerebbe causando complicanze di tipo endocrinologico (diabete, ipotiroidismo o ridotta fertilità), cardiologico o epatologico (fibrosi e addirittura cirrosi).
Nell’anemia falciforme, invece, non è la quantità ma l’alterazione della struttura delle catene beta che porta alla formazione di globuli rossi a falce, che ostacolano il flusso sanguigno e l’ossigenazione nei capillari provocando crisi vaso-occlusive con eventi celebro-vascolari acuti, ipertensione polmonare, patologie renali o ridotta funzione della milza.
L’origine della malattia: nel feto di norma c’è un tipo di emoglobina, emoglobina fetale, formata non da catene alfa-beta, ma da catene alfa-gamma. A partire dalla nascita, il gene BCL11A guida e blocca la sintesi delle catene gamma con la produzione, al loro posto, delle catene beta, responsabili della malattia nei pazienti con talassemia e anemia falciforme.
Il trattamento sperimentato si basa sul ripristino della sintesi dell’emoglobina fetale tramite l’editing del genoma. Le cellule staminali emopoietiche dei pazienti vengono modificate in appositi laboratori con il sistema CRISPR-Cas9 che“spegne” il gene BCL11A facendo ripartire la normale produzione di emoglobina fetale alfa-gamma. In seguito le cellule modificate vengono infuse nei pazienti che nel frattempo sono stati sottoposti a una terapia farmacologica per “distruggere” il midollo, in modo da fare spazio alle nuove cellule staminali ingegnerizzate che si moltiplicheranno nell’organismo correggendo la malattia. Questa terapia, che non è condizionata dalla necessità di avere un donatore compatibile in quanto ogni paziente è donatore di sé stesso, è stata approvata dalla Food and Drug Administration e dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) per i pazienti di età superiore ai 12 anni, mentre per i pazienti di età inferiore ai 12 anni sono in corso due nuove sperimentazioni, sempre all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che hanno già dato risultati incoraggianti.