Diciotto anni che sono tanti, tantissimi, da apparire un’eternità nonostante i gonfaloni, la presenza mediatica massiccia, le personalità più o meno di rilievo a ricordarne “il sacrificio”, è stato scritto e detto ma…a quale “sacrificio” ci si riferiva? A quello di una persona perbene? A quello di uno stimato medico che aveva fatto del bene in lungo ed in largo non soltanto nella sola Locri ma un po’ ovunque nella terra di Calabria? A quello di chi aveva democraticamente ottenuto il numero di preferenze necessarie tanto da essere il prescelto sul secondo gradino della massima rappresentanza consiliare della Regione? No, di certo non a quel “sacrificio” altrimenti Fortugno sarebbe ancora tra noi.
di Antonio Baldari
Francesco Fortugno è barbaramente ucciso a Locri il 16 ottobre 2005. Muore il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria per un dolore immenso, inenarrabile e anche…maggiorenne! Sì, sono effettivamente trascorsi diciotto anni da quel tragico pomeriggio, soleggiato e per una giornata atmosfericamente splendida ma, di colpo, ottenebrata da quei colpi a bruciapelo che tolgono la vita a Fortugno, togliendola, di fatto, un po’ a tutti i Calabresi di buona volontà.
Diciotto anni che sono tanti, tantissimi, da apparire un’eternità nonostante i gonfaloni, la presenza mediatica massiccia, le personalità più o meno di rilievo a ricordarne “il sacrificio”, è stato scritto e detto ma…a quale “sacrificio” ci si riferiva? A quello di una persona perbene? A quello di uno stimato medico che aveva fatto del bene in lungo ed in largo non soltanto nella sola Locri ma un po’ ovunque nella terra di Calabria? A quello di chi aveva democraticamente ottenuto il numero di preferenze necessarie tanto da essere il prescelto sul secondo gradino della massima rappresentanza consiliare della Regione? No, di certo non a quel “sacrificio” altrimenti Fortugno sarebbe ancora tra noi. Ed allora, linguaggio retorico a parte, ciò che è tristemente vero dopo così tanto tempo è che quello che allore venne definito il “caso Fortugno” oggi, purtroppo, lo è ancora perché manca quello che in illo tempore venne appellato il cosiddetto “terzo livello”, che la stessa, inconsolabile, vedova Fortugno, Maria Grazia Laganà, affermò con forza ed anche un pizzico di sdegno per volere fare piena luce, come si dice in questi casi, su quello che destò grande impressione e sgomento un po’ in tutto il mondo.
Il cosiddetto “terzo livello” per stabilire in maniera chiara e netta, scritto nero su bianco, chi e perché volle eliminare per sempre il vicepresidente regionale della Calabria: il “chi” per avere contezza piena del contesto in cui maturò il delitto di Francesco Fortugno, e poi l’altrimenti appellato “movente”, la mossa da cui prese ispirazione la sentenza di morte; dopo così tanti anni, tanto da esserne “maggiorenne”, l’allora “caso Fortugno” è destinato ad essere il classico dei “cold case” in salsa italiana. Un caso da “James Bond agente 007”, o da “Tenente Colombo” o ancora da “Signora in Giallo”, condannato ad essere ancora tale, ahinoi, per tanto, troppo, tempo come del resto avviene nello Stivale dove, come ben sappiamo, c’è anche di peggio dopo trenta, quarant’anni, o anche mezzo secolo senza uno straccio di verità. Senza la verità.