Due anni di indagini per 43 arresti, che hanno messo fine questa mattina una vera e propria holding criminale dedita al traffico internazionale di stupefacenti. L’operazione “Cicala”, che deve il nome al dominus dell’organizzazione, abbraccia territori nazionali e internazionali, dalla Calabria alla Lombardia, dalla Spagna alla Colombia.
Sono stati sequestrati oltre 41 g di cocaina e 286 kg di hashish, a testimonianza di un traffico di enorme portata, a cui si erano interessate cinque cosche della ‘ndrangheta locale calabrese: tra gli arrestati risultano infatti affiliati ai D’Agostino di Siderno, agli Jerino di Gioiosa Jonica, ai Serraino-Di Giovine di Reggio Calabria e ai Pesce-Bellocco di Rosarno.
E proprio a questi ultimi appartiene Pasquale Cicala, classe ’67, ritenuto esponente di spicco nel Nord Italia della cosca, coinvolto anche nell’operazione “Crimine”. Cicala era il contatto diretto con i narcotrafficanti, e da loro acquistava, grazie ai soldi messi a disposizione dalle cosche, grandi quantità di droga destinate principalmente alla Lombardia, ma anche allo smercio calabrese. Cicala manteneva i contatti con le ndrine locali grazie ad alcuni affiliati, tutti finiti in manette questa mattina, tra cui G. Guglielmo, genero di Cicala e “broker” addetto a reperire la cocaina.
L’uomo, residente ormai da anni a Barcellona, in Spagna, si ritiene appartenga alla cosca Serraino-Di Giovine, e si avvaleva di alcuni stretti collaboratori – come ha spiegato il procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza – tra cui sua moglie, cittadina colombiana e amica della sorella di Cicala. “Le indagini – ha detto Sferlazza – sono state condotte principalmente con intercettazioni ambientali”, fornite principalmente dalla polizia spagnola che ha assicurato in tempo reale un continuo flusso di informazioni sui soggetti. Cicala si era servito anche di un altro emissario, Sergio Carretta, arrestato nel marzo del 2011 nell’ambito dell’operazione “Imelda”, amico del rosarnese Rocco Ascone, arrestato anche lui nella stessa operazione. Caretta si era recato più volte all’estero per incontrare i fornitori e discutere delle condizioni contrattuali per lo smercio delle sostanze stupefacenti, che una volta acquistate venivano trasportate in Italia principalmente via terra – e non via mare come avviene di solito – grazie alla disponibilità di una ditta di trasporti, la Rocky Trans s.r.l. di Rocco Zagari – ritenuto affiliato ai Pesce-Bellocco – che si occupava di occultare la merce tra carichi di copertura come frutta e verdura.
Il GOA di Catanzaro, definito dal procuratore Nicola Gratteri “una delle migliori – se non la migliore – struttura investigativa antidroga perché meglio riesce a stare al passo con le nuove metodologie del narcotraffico”, già l’8 gennaio del 2009 aveva sequestrato su uno dei camion di Zagari oltre 5 kg di cocaina presso il valico di confine del Frejus. E un mese dopo, altri 15 kg di cocaina venivano sequestrati dallo S.C.I.C.O. di Roma. Ancora, ad aprile del 2009 a Torino ne sono stati sequestrati altri 11 kg. La cocaina proveniva dall’abitazione di Guglielmo, nel centro di Barcellona, ed era nascosta all’interno di un’autovettura. In quest’ultimo caso si affaccia nel panorama del narcotraffico anche la cosca lametina dei Da Ponte-Cannizzaro, a cui era destinata un’ulteriore partita di cocaina, di circa 1 kg, che i finanziari del GOA di Catanzaro e del Gruppo Pronto Impiego di Lamezia Terme riusciranno a sequestrare il 2 febbraio del 2010 a Falerna.
Un ultimo sequestro viene effettuato infine il 29 ottobre del 2009 a Genova, quando all’interno di un’autovettura che rientrava dalla Spagna vengono rinvenuti 7 kg di cocaina. Dopo gli ingenti danni subiti con i sequestri, il gruppo criminale aveva ripiegato sul traffico di hashish, entrando in contatto con un fornitore marocchino operante tra la Spagna e l’Italia, detto “Billy”, con il quale pianificavano acquisto e trasporto di grandi quantità di hashish, anch’esse sequestrate nel corso delle indagini: a giugno del 2009 a Turate, in provincia di Como, verranno sequestrati 225 kg di hashish provenienti dalla Spagna, e nel giugno 2010 altri 61 kg destinati a Cicala verranno rinvenuti all’interno del portabagagli di una macchina a Lissone.
Il ruolo centrale della Spagna, in questo caso, definita da Gratteri “ventre molle”, è cruciale. “Innanzitutto – ha spiegato Gratteri – è , è lo Stato più prossimo dopo aver attraversato l’Oceano, e i mari del Nor sono meno controllati rispetto al Mediterraneo. In Spagna – ha aggiunto – c’è una legislazione non proporzionata a quella che è la realtà criminale in Europa, e la legislazione antimafia è inesistente”. Dalla Spagna si passa più facilmente, e i grossi carichi vengono trasferiti principalmente via mare. In Spagna, inoltre, vivono stabilmente dei colombiani – e la Colombia è il primo Paese per la produzione di cocaina – che fungono da base operativa per il traffico e lo smercio.
Il gen. Antonio De Nisi ha sottolineato come si sia operato oggi in molte regioni italiane, oltre alla Calabria, specialmente al nord: nonostante l’interessamento delle cosche calabresi, infatti, la maggior parte della droga è destinata ad essere smerciata in Lombardia. “La ‘ndrangheta assume quasi sempre il ruolo di finanziatore – ha spiegato Gratteri – e ci sono sempre soggetti appartenenti a più locali di ‘ndrangheta. Questo è normale, perché c’è chi si specializza in vari campi”.
Gratteri ha anche confermato la convivenza tra più ceppi della mafia italiana, tra cui la camorra e cosa nostra: “Non ci sono problemi di spazi per procurarsi fette di territorio sulle quali vendere la cocaina – ha detto – anzi spesso troviamo uomini di cosa nostra, dei casalesi, pugliesi, basilischi. Perché le quantità ingenti di cocaina arrivino a buon fine – ha concluso – c’è bisogno della collaborazione di più persone”.
(Benedetta Malara per www.ildispaccio.it)
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