In data 06 maggio 2013, personale del Comando Provinciale di Reggio Calabria, Viterbo, Terni, Chieti e Roma, su ordine del GIP del Tribunale di Reggio Calabria, accogliendo le richieste formulate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria – nella persona del Sostituto Procuratore dott. Antonio DE BERNARDO e del procuratore Aggiunto Nicola GRATTERI – ha dato esecuzione a nr. 22 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti, a vario titolo indagati per: associazione per delinquere di stampo mafioso, detenzione illegale di armi comuni da sparo, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, tutte ipotesi delittuose aggravate dall’art. 7 L. 203/91 (per aver favorito un’associazione per delinquere di stampo mafioso).
L’indagine nasce nel settembre 2009 nei territori di Condofuri (RC), ponendo la propria attenzione sulla famiglia NUCERA e sulle loro attività economico-commerciali.
Uno degli elementi essenziali è la scoperta del locale di ‘ndrangheta di “Gallicianò”, cuore dell’area Grecanica e frazione aspromontana del Comune di Condofuri, caratterizzato tra l’altro dalla presenza di già due locali: Condofuri Marina e Condofuri San Carlo.
Le attività, ancora una volta, dimostrando la presenza ed il controllo del territorio da parte della ‘ndrangheta, hanno consentito individuare, addirittura, le precise delimitazioni territoriali e le competenze dei rispettivi locali. Infatti, la località Acquapendente dividerebbe il confine del locale di Gallicianò con quello di San Carlo.
Eloquente è il contrasto sorto per l’assunzione del “comando” all’interno della famiglia, dove, per ribadire i poteri di un capo su un altro, sono dovuti intervenire altri soggetti “importanti” che, nonostante non appartenessero a quel locale, hanno posto soluzione alla questione. Il tutto nasce nel 2002 con l’arresto per 416 bis di NUCERA Giuseppe cl. ’46, già capo-locale di Gallicianò ed allorquando NUCERA Antonio cl ’55, si surroga il diritto di autonominarsi capo-locale, senza chiedere alcuna autorizzazione ne far giungere al primo alcuna “imbasciata”. Quando nel 2008, NUCERA Giuseppe viene scarcerato ed ha terminato tutti gli obblighi di legge, pretende nuovamente la carica toltagli. All’uopo, NUCERA Domenico, genero di Giuseppe e nipote di NUCERA Antonio, interviene per porre fine alla questione ed organizza un incontro il 26.12.2009, che si risolve a favore del NUCERA Giuseppe.
Le investigazioni hanno consentito appurare come sin dall’inizio, CORSO Alberto, socio in affari dei fratelli NUCERA e loro referente nella provincia di Viterbo, è indicato da FOTI Domenico e NUCERA Antonio come “contrasto onorato” ed è lui stesso a ricevere un illuminante lezione sulla ‘ndrangheta da parte di NUCERA Domenico che gli spiega l’organizzazione, l’assegnazione delle cariche in occasione della festa della Madonna di Polsi, la suddivisione dei locali, lo sviluppo della carriera ‘ndranghetistica dal basso, gli fa vedere la propria incisione e la carica di Santa che detiene. Il CORSO Alberto viene poi rassicurato dal NUCERA Domenico che gli promette direttamente la carica di sgarrista, senza passare per quella intermedia di camorrista e che, se poi vorrà andare oltre, non deve preoccuparsi poiché comunque lo aiuterà lui. NUCERA Domenico continua raccontandogli il rito del Battesimo, la lettura di una formula, la ferita da procurarsi con un coltello sul dito e la goccia di sangue che deve fare cadere su un limone ed infine il santino che deve essere completamente bruciato.
L’indagine ha consentito, ulteriormente, appurare un sistema di riciclaggio di denaro sporco che partendo dalla Calabria, passava per il Lazio attraverso alcune ditte e ritornava in provincia di Reggio Calabria. Già nel mese di aprile 2009, CORSO Alberto e NUCERA Francesco, titolari di alcune piccole aziende nella provincia di Viterbo, si presentano a Reggio Calabria e tramite NUCERA Antonio, chiedono del denaro poiché la ditta ortofrutticola CIMINA dei fratelli CORSO era in forti difficoltà economiche. Nel maggio 2009 NUCERA Antonio, fermato ad un posto di controllo nella provincia di Viterbo, viene trovato in possesso di circa 50.000 euro in contanti dalla Guardia di Finanza e lo stesso dichiara che erano soldi provenienti dalla Svizzera e che servivano ai nipoti NUCERA per pagare gli operai. Invece si evince che i soldi erano per i fratelli CORSO e provenivano dalla Calabria. I fratelli NUCERA e CORSO si stima abbiano preso circa 600.000 euro dalla Calabria e reinvestiti nelle ditte NUCERA TRASPORTI, VITERCALABRA ed ORTOFRUTTA CIMINÀ. La restituzione del denaro avveniva mediante l’invio mensile di 7.500 euro e di 50.000 euro una tantum, allo zio NUCERA Antonio, che per il tramite di VITALE Domenico, li restituiva a chi aveva dato il credito, fra cui MUSOLINO Rocco.
L’intera operazione, convenzionalmente denominata “El Dorado”, prende il nome proprio da questa attività di riciclaggio, che ha consentito di costruire un intero impero e paradiso economico nella provincia di Viterbo.Sono state poi sottoposte a sequestro probatorio 6 (sei) aziende, tutte riconducibili ai fratelli Corso e Nucera.