REGGIO CALABRIA – Nella mattinata odierna i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 53 persone indagate, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, traffico di armi, intestazione fittizia di beni ed altri reati.
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L’articolata e complessa indagine, diretta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sviluppata dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri di Roma, trova il suo fondamento nelle mutate dinamiche connotanti gli equilibri mafiosi propri della piana di Gioia Tauro (RC) negli ultimi anni – ritenute obiettivo assolutamente primario sotto il profilo delle attività di approfondimento investigativo – ed acquisisce valore ancora più significativo laddove correlata alle antecedenti attività di contrasto condotte dal ROS, culminate con le note operazioni convenzionalmente denominate U Cent’anni di storia” e U Maestro”. Giova infatti fare breve cenno all’ omicidio del boss MOLE’ Rocco, ilIo febbraio 2008, che ha rappresentato una sorta di spartiacque nell’ ambito degli equilibri criminali propri dello versante tirrenico dell’ alta provincia reggina, determinando la sostanziale frattura dello storico sodalizio con la ‘ndrina PIROMALLI, e l’affermazione delle due cosche come entità autonome, operative sul medesimo territorio.
L’attacco frontale subito dalla cosca MOLE’ con eliminazione dell’unico dei tre fratelli in libertà imponeva dunque una necessaria riorganizzazione, in linea con la strategia dettata 1 nell’immediatezza del fatto di sangue proprio dal capo storico MOLE’ Girolamo cI.’61 che, dal carcere di Secondigliano (NA) ove era recluso, impartiva ordini alla famiglia -pedissequamente osservati – incentrati sul temporaneo allontanamento da Gioia Tauro verso Roma, sul periodico rientro a Gioia Tauro (RC) e sulla necessità di prendere tempo per raccogliere le forze e reagire all’ affronto subito.
L’indagine ha riscontrato a pieno quanto sopra, fotografando una ‘ndrina impegnata su più fronti, in ragione dell’ esigenza – da un lato – di continuare a manifestare la propria piena operatività sul territorio, indispensabile ai fini dell’ affermazione e del mantenimento del proprio 11 ruolo” I e della necessità – dall’ altro – di conquistare nuovi spazi fuori dai confini calabresi, finalizzati all’ampliamento del raggio d’azione ed al successivo reinvestimento dei maggiori proventi illecitamente conseguiti in attività produttive. Si assisteva infatti al graduale trasferimento di traffici ed interessi su tutto il territorio nazionale e soprattutto in direzione della Capitale ove veniva registrata la presenza di diversi elementi di vertice. Deriva laziale della cosca MOLE’I maturata non soltanto in ragione dei citati II fattori interni”, ma anche da “fattori esterni”, compendiabili nella citata continua e pressante azione di contrasto esercitata negli anni dagli apparati dello Stato.
Era infatti soprattutto la sempre più incisiva applicazione delle normative in materia di misure di prevenzione patrimoniale ad indurre anche la cosca oggetto delle investigazioni a ricercare ogni possibile accorgimento finalizzato ad eludere tali disposizioni di legge, sì da assicurare al sistema nel suo complesso la necessaria tenuta. Ciò ha infatti implicato la necessità di rendere sempre più difficilmente tracciabili i patrimoni illecitamente conseguiti, sia sotto il profilo prettamente Il geografico” – attraverso lo sviluppo dei molteplici illeciti interessi in zone meno “battute” – sia dal punto di vista delle stesse modalità di gestione ed amministrazione delle risorse in questione, sempre più accorte e raffinate.
Il risultato investigativo ottenuto ha reso possibile contrastare e colpire l’organizzazione tanto in Calabria, nel centro vitale dell’ accumulazione originaria in termini di potere criminale ed economico in senso stretto, quanto nelle altre aree del territorio nazionale ove la cosca MOLE’ ha inteso stabilire le proprie promanazioni. 2 Dato significativo, che va qui certamente ripreso e valorizzato, costituente un po’ il file rouge dello sviluppo investigativo, è costituito dalla costante guida del sodalizio da parte del boss detenuto MOLE’ Girolamo cl.’61 che, come si vedrà, nonostante le difficoltà legate al regime detentivo ha continuato ad imporre la sua linea dettando i tempi. Il tutto con grande accortezza, apprezzabile soltanto con occhi attenti e da profondi conoscitori di determinate dinamiche; laddove infatti, ad esempio, emergeva in precedenti impegni investigativi il tentativo di trasmettere “imbasciate” attraverso veri e propri messaggi criptati, da decodificare (emblematico quanto riscontrato proprio in occasione del libro – “Lo Zahir” di Paulo Cohelio, che MOLE’ Girolamo passò ai familiari, unitamente al codice necessario alla decriptazione dei messaggi ivi contenuti), nella fattispecie veniva invece fatto più frequente riferimento a metafore, laddove non a gesti e/ o segni convenzionali.
L’indagine “Mediterraneo”, tra i vari aspetti, consentiva di approfondire e documentare altro aspetto assolutamente significativo, ovvero quello attinente la disponibilità di armi da parte della cosca MOLE’. La ‘ndrina oggetto delle investigazioni manifestava infatti tutto il proprio elevato potenziale offensivo: molteplici le conversazioni nell’ ambito delle quali veniva manifestata chiaramente la disponibilità di un vero e proprio arsenale, attraverso la detenzione di “fucili, mitragliette, pistole e silenziatori”. Peraltro proprio il minore dei MOLE’, di cui si è detto, costituiva parte attiva della compravendita delle armi che venivano acquistate in provincia di Vibo Valentia attraverso l’intermediazione di persone pure raggiunte dalla ordinanza di custodia cautelare. Elemento di assoluta importanza veniva quindi fornito dall’individuazione del canale di rifornimento della cosca di silenziatori artigianali per pistola, realizzati da un “insospettabile” artigiano di Gioia Tauro (RC), BELFIORE Giuseppe d.’41, forte della copertura fornita dall’ officina meccanica della quale era titolare e nell’ ambito della quale svolgeva le proprie” ordinarie” attività lavorative. L’approfondimento investigativo in direzione del citato BELFIORE Giuseppe, conduceva successivamente all’ emersione del traffico internazionale di armi da questi pianificato unitamente al figlio Marino2 ed un ristretta componente di sodali italiani e di nazionalità slovacca. Il gruppo si dedicava infatti ad una serrata attività di riciclaggio di mezzi d’opera, oggetto di furto sul territorio nazionale, opportunamente BELFIORE Marino veniva arrestato in data 31 marzo 2014 in Rizziconi (RC), dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, poiché trovato in possesso di dieci kalashnikov, due mitragliette e cinque pistole con numero di matricola punzonato, e relative munizioni. 6 “ribattuti” e reimmessi in circolazione, il tutto finalizzato alla raccolta dei fondi necessari alI’avvio delle importazioni.
Giova in tale quadro fare riferimento all’ arresto di BELFIORE Marino che, a distanza di qualche mese, nel marzo 2014, veniva tratto in arresto dalla Guardia di Finanza, poiché fermato nelle campagne di Rizziconi (RC) con un’ autovettura carica di armi provenienti dalla Slovacchia, tra kalashnikov, armi lunghe, pistole con matricola abrasa e munizionamento di ogni genere. Le attività di reinvestimento La progressione investigativa consentiva di “chiudere il cerchio”, laddove venivano approfonditamente documentate anche le complessive attività di reinvestimento della cosca MOLE’, tanto nella gestione di diversi esercizi pubblici/ sale da gioco tra Calabria e Lazio, nell’ambito della quale riuscivano – tra l’altro – ad acquisire una posizione importante nel delicato settore delle slot machines, imponendo l’installazione di decine di macchinette. Il lucroso business delle sale giochi e, segnatamente, delle slot machines, vedeva infatti una sostanziale joint venture di più imprese, grazie all’ operato del binomio GALLUCCIO MAZZITELLt che riusciva ad amministrare decine di macchinette, installate nell’ ambito di numerosi esercizi pubblici siti tra le province di Roma e Latina. La perizia evidenziata da GALLUCCIO Giuseppe veniva acclarata anche dalle modalità di controllo dei vari esercizi, resa più agevole dallo sfruttamento delle telecamere ivi installate e che seguiva direttamente dalla propria abitazione.
Come accennato potevano distinguersi a pieno i 3 livelli “gestionali” (gestore del locale/GALLUCCIO – MAZZITELLI – MOLE’) che riportavano il complesso degli interessi alla criminalità organizzata e, segnatamente, ai MOLE’. Congiuntamente all’ordinanza di custodia cautelare è stato emesso decreto di sequestro preventivo di alcune società riconducibili all’associazione mafiosa. Reggio Calabria 24 giugno 2014
DI SEGUITO LE FOTO DEGLI ARRESTATI
ALBANESE CARMELINA CL 1979
BONOSORTA ANTONIO CL 1971
BONFIGLIO CARMELO CL 1980
CICCIARI CARMELO CL 1993
CICCIARI GAETANO CL 1957
FURFARO ARCANGELO CL.1969
GALLUCCIO GIUSEPPE CL 1963
MODAFFARI FRANCESCO CL 1969
MOLE’ ANTONIO CL 1989
MOLE’ ANTONIO CL 1990
RITROVATO VINCENZO CL 1991