di Gianluca Albanese
LOCRI – Cominciano ad emergere i disagi per i pazienti anziani della Locride dopo la chiusura del reparto di Geriatria nell’ospedale di via Verga. Dei 50.000 accessi all’anno al pronto soccorso, molti, in questi giorni, sono proprio di anziani che vengono ricoverati d’urgenza e che faticano a trovare un posto letto dopo l’accettazione. Una situazione comune anche ad altri nosocomi della provincia, e che desta forte preoccupazione tra i congiunti degli ammalati e costringe il personale medico e paramedico a fare i salti mortali per poter assicurare un minimo di assistenza. Passare dai 30 (considerate le strutture di Locri e Gerace) del reparto di Geriatria preesistente agli attuali 10 della Medicina a indirizzo geriatrico significa che chi ha bisogno di ricoverare un paziente anziano ha una possibilità minima di trovargli un’adeguata sistemazione.
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Gli esempi sono innumerevoli. Come quello accaduto giovedì scorso intorno alle 20, quando un’anziana novantunenne ha dovuto aspettare in una lettiga del pronto soccorso per poter essere ricoverata in Medicina. I congiunti sono infuriati, e scrivono a Lente Locale per denunciare che «Che senso ha chiudere reparti quando la domanda c’è ed è di vitale importanza la risposta? Il ricovero poteva essere girato per altri nosocomi ma si faceva prima a portarla a Stoccolma, considerata la precarietà atavica della viabilità nella nostra “bella terra di Calabria”. Giuseppe Scopelliti, in tempo di campagna elettorale, aveva promesso di sistemare le “cose” della Sanità Calabrese. Non v’è dubbio che l’arroganza politica di altri predecessori e la non consapevolezza del poi di gran parte degli addetti ai lavori sia stata causa di tutto questo ma la “goccia trabocca il vaso” e tutti, indistintamente tutti, ne parliamo e subito dopo ci dimentichiamo, come se non fosse un nostro problema (è il sistema della vita).
A niente valgono le proteste in catene se, poi, non si riesce ad ottenere risposte positive. Ci prendiamo il contentino e basta.
E se – chiude la nota inviataci dal genero della paziente – un giorno, anziché i pochi Sindaci della zona (in catene per pubblicità e propaganda elettorale), andassimo tutti, ma proprio tutti a protestare davanti ed intorno (per il gran numero di gente e per intenderci tutta la Locride) all’Ospedale di Locri pretendendo l’intervento di chi conta e chi decide (vedi Ministro e capoccioni)?».
Fin qui la rabbia dei parenti di una dei tanti anziani che necessitano di cure ospedaliere e fanno fatica a trovare posto. Questo, insomma, è il problema visto dalla prospettiva dei parenti degli ammalati.
Fonti ospedaliere, però, riferiscono di una realtà complessa da gestire e in cui non si riesce, con i mezzi a disposizione, a venire incontro a tutte le richieste d’intervento. Le stesse fonti chiariscono che la paziente in questione è stata, durante la sosta in lettiga che ha preceduto in ricovero, sottoposta a tutti gli accertamenti del caso (elettrocardiogramma, esame del sangue, terapia e consulenza specifica) prima di essere trasferita in reparto (non appena si è liberato un posto) nella tarda mattinata del giorno dopo.
Parlano di un’assistenza domiciliare integrata che non funziona, della mancanza di filtro da parte della medicina territoriale che spesso fa arrivare in ospedale pazienti che non avrebbero bisogno di andare al pronto soccorso, e di come le idee di chi amministra la sanità – seppur lodevoli – non siano suffragate dalla fornitura di personale e strumenti idonei per poter funzionare. E’ il caso dell’Osservazione Breve Intensiva, che necessiterebbe di locali idonei e a norma, di un infermiere e un ausiliario per dodici ore al giorno per almeno 12 ore, di servizi igienici dove si possono lavare “padelle, pappagalli” e quant’altro. E di una riduzione generalizzata dei posti letto che rende inutile perfino provare a cercare soluzioni alternative negli ospedali di Melito Porto Salvo, Polistena e ai “Riuniti” di Reggio Calabria. Qui, la situazione è peggiore, con tempi di attesa in lettiga che si dilatano fino ad arrivare anche a tre-quattro giorni.
E se i promessi 10 posti letto nuovi in Pneumologia non si sono ancora visti, la rabbia dei familiari dei pazienti sfoggia spesso in denunce per decessi e una pressione considerata eccessiva che toglierebbe serenità agli addetti ai lavori.
Su tutto, la scure del piano di rientro dal debito da osservare e le indicazioni che giungono dall’alto e che bloccano le nuove nomine dirigenziali. Il commissario Pezzi ha riconosciuto che per rilanciare l’offerta sanitaria ospedaliera bisogna potenziare il primo intervento. Ben venga. I pazienti, però, non possono aspettare molto, e di promesse (dall’hospice di Siderno mai realizzato al potenziamento della medicina territoriale) se ne sono sentite tante e realizzate poche.