di Gianluca Albanese (foto d’archivio di Enzo Lacopo)
SIDERNO – Contrordine compagni. Anche in Calabria è in atto la fuga dal Partito Comunista di Marco Rizzo dopo che quest’ultimo ha esternato l’idea di proporre una confederazione politica tra la formazione di estrema sinistra e altre “forze variegate che si battono contro i piani euroatlantici” tra cui il Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi e altre formazioni politiche di diversa estrazione come Italexit di Gianluigi Paragone e movimenti vari composti da ex Lega e Movimento 5Stelle.
Una proposta che alla base del Pc, che nella diaspora comunista aveva abbracciato da anni il simbolo del partito di Rizzo (anche quando dalla stessa sinistra si rilevavano alcune affinità programmatiche con la destra, come la lotta all’immigrazione) evidentemente non piace e che da molti viene intesa come una strategia elettorale per offrire allo stesso Rizzo e ai potenziali alleati, qualche possibilità di occupare uno scranno in Parlamento, stante lo sbarramento del 3% previsto dalla legge elettorale nota come “Rosatellum”.
In una lettera inviata nella giornata di sabato, e condivisa sul proprio profilo facebook, gli ormai ex militanti hanno reso nota la decisione. Tra loro la folta pattuglia locridea, composta, tra gli altri, da Francesco Talia, Damocle Argirò, Alessandro Cavallaro, Nicola Limoncino e il figlio Tancredi e Antonio Muià e altri big storici della sinistra calabrese come Franco Adamo (primo firmatario), Francesco Agostino, Francesco Cessario, Francesco De Rango, Gaetano Errigo, Angelo Foglia, Vincenzo Maressa, Cosimo Mazzeri, Nino Rappoccio e Francesco Silvestri.
La lettera, scritta col gergo tipico della comunicazione comunista, non fa esplicito riferimento all’ipotesi di alleanza con pezzi di destra ultracattolica o elementi antieuropeisti o filo sovranisti, bensì evidenzia la mancata consultazione della base e il non coinvolgimento del comitato centrale.
“I sottoscritti Comunisti di Calabria – è l’incipit della missiva – comunicano di abbandonare il Partito Comunista in quanto, da tempo, la vita interna all’organizzazione risulta impraticabile.
Difatti, si ritiene inconcepibile, in una formazione politica che si vuole richiamare ai valori di giustizia e uguaglianza professati dall’ideale socialista, che qualsiasi decisione, a livello nazionale e locale, venga presa dai vertici dell’organizzazione senza consultare o aprire dialogo con la base e i dirigenti territoriali, e né, tanto meno, con il Comitato Centrale ormai declassato da centro di elaborazione politica del Partito a organo di ratifica formale di decisioni e accordi già assunti senza il coinvolgimento dello stesso.
Una prassi, questa, che, oltre a rappresentare una mancanza di rispetto verso tutti i compagni che da anni lavorano per la crescita dell’organizzazione, ha portato il Partito su posizioni politiche diverse e distanti da quelle che le assemblee congressuali hanno approvato nelle sedi opportune”.
Da qui la decisione di andarsene in chiara polemica con le ultime scelte di Rizzo.
“Per questi motivi, i sottoscritti, ritenuto che continuare una militanza nei termini suddetti rappresenti esclusivamente la mortificazione e l’umiliazione dei compagni, e preso atto del cambio di linea politica assunto dai vertici del Partito senza aver tenuto conto dei sentimenti collettivi dei compagni, ritengono – conclude la lettera – inutile la propria permanenza nel Partito ed abbandonano l’organizzazione”.