R. & P.
Ho appena inviato una mail agli organismi nazionali del partito, comunicando la mia decisione di restituire la tessera e indicandone sommariamente i motivi, dopo cinque anni di attività intensa e appassionata, sempre condotta in modo disinteressato verso dinamiche che avverto come sempre più distanti e, al contempo, pericolosamente vicine, di elitarismo partecipativo e dirigenziale.
Qualsiasi cosa facciamo può essere strumentalizzata, da chi ovviamente ne abbia tempo e voglia e, probabilmente, motivo.
Ma gli ultimi mesi all’interno del circolo dei Giovani Democratici di Locri e, di conseguenza, del Partito Democratico, per via del metodo diffusosi con crescente velocità e inquietudine – che non trova in me né il primo né l’ultimo privilegiato destinatario e che poca attinenza ha con le norme statutarie e, quel che è peggio, col nome stesso del Partito di cui sono stato vicesegretaro di circolo per un anno con importanti deleghe, non per conteggiare orpelli ma per manifestare, spero e credo, attività e metodo democratico, appunto – mi hanno portato alla scelta di lasciare, non l’agone politico locale, di cui continuerò a interessarmi con lo stesso entusiasmo di prima e probabilmente con un po’ più di consapevolezza, ma un partito in cui non mi sento più bene accetto.
E quando non si sta bene in un posto, è meglio andarsene con le proprie gambe, piuttosto che continuare ad essere sfrattato in modo velato e talvolta neppure tanto. Dico questo perché già nel mese di novembre, in occasione di alcune mie dichiarazioni radiofoniche critiche verso la gestione del partito e non solo, espressamente autorizzate durante una riunione in presenza, sono stato oggetto di smentita da parte del circolo stesso a fronte – si diceva – di minacce di chiusura del circolo provenienti da dirigenti nazionali.
Smentita più volte inviata ma mai pubblicata dagli organi di stampa.
Prima lesa maestà.
Quindi, il circolo dei Giovani Democratici preferiva, piuttosto che difendere me, difendere chi ci minacciava ma, dal momento che potrei pure comprendere tale posizione, quel che è ancora peggio si pretendeva che non ci fosse alcuna mia reazione.
E nessuna reazione ebbi, ma la fiducia – evidentemente non solo da parte degli altri – iniziava a venire meno.
Tale episodio scatenante, per la gravità e l’assurdità di quando accaduto, ha rasentato il ridicolo per via del fatto che tali dichiarazioni erano appena state concordate e votate, queste si, all’unanimità dei presenti alla riunione.
Mi sono ritrovato successivamente a sentirmi escluso progressivamente sempre di più da ogni attività, attività che si faceva passare più di recente come frutto di decisioni assunte in riunioni, anche pubblicamente, che invece era talvolta programmata tramite sondaggi, cui si impediva materialmente di partecipare in quanto aperti di notte e chiusi di domenica pomeriggio.
Senza interessarsi del parere di tutti.
Senza avere contezza del fatto che le decisioni erano talvolta rilevanti e andavano discusse, elaborate, con la partecipazione di tutti quelli che potevano e volevano.
Fatto che ho segnalato, senza che nulla cambiasse, ai dirigenti del circolo, soprattutto poiché tali decisioni venivano pubblicamente messe agli atti come prese in riunioni in presenza a cui io avevo partecipato e nelle quali di nulla di tutto ciò si era discusso.
Seconda lesa maestà.
Non mi è stato garantito di votare, ad esempio attraverso un semplice sondaggio, alle elezioni del Segretario regionale e dell’assemblea stessa del Partito, pur essendo un iscritto – in quel momento a Bologna per ragioni di studio – senza tenere in considerazione il fatto che lo Statuto mi garantisce tale facoltà e che il circolo, quale che sia la mia posizione, deve mettermi nelle condizioni di esercitarla.
Chissà avrei potuto votare in dissenso, andando contro anche questa volta l’ambizione dell’unanimità.
Terza lesa maestà.
Infine, qualche giorno fa due eventi.
Un articolo sulla Gazzetta del Sud riporta di “scontenti” del PD e dei GD locresi per via del mancato ottenimento di alcune cariche all’ultimo congresso provinciale – che era stato fatto il mio nome sono stato informato a tavolo chiuso e a decisioni assunte senza aver mai chiesto nulla per me e avendo sempre, invece, favorito gli altri in ogni occasione utile anche contro la mia convenienza politica – che sarebbero stati pronti a fare parte dell’ANPI quale nuovo “ritrovo” del centrosinistra locrese.
A onor del vero, non ho mai chiesto di entrare nell’ANPI.
Non sono mai stato scontento di non avere ottenuto incarichi, come i dirigenti locali ben sanno avendo con me avuto contatti subito dopo le decisioni, in quanto mai avrei potuto non essendo stato informato delle candidature.
Nell’articolo però il giornalista, quel che è peggio, rende di me come di altri esponenti del partito, una descrizione personale come legati a questo o a quell’incarico, dandosi autonomamente risposte a domande mai poste e pretendendo di conoscerci – chi altro? – meglio di noi stessi.
È questa, non la notizia politica, la cosa che dà più fastidio a livello personale.
E, infine, il 24 marzo viene diffuso un comunicato stampa in cui si dà atto dell’elezione “all’unanimità dei componenti dell’Assemblea” del nuovo segretario dei Giovani Democratici del circolo di Locri, elezioni a cui non sono stato convocato, di cui non sapevo nulla e di cui ho appreso dai giornali.
E che quindi, in quanto fino a ieri sera tesserato al partito e membro di diritto dell’assemblea del circolo, non può essere avvenuta all’unanimità dei componenti della stessa.
Sarà facile, lo so già, sommariamente buttare ulteriormente fango su chi scrive, magari con due parole buttate su un foglio, magari alimentando voci di paese e pennivendoli proni, magari facendo facili illazioni, ma il fango qualifica chi lo lancia, non chi se lo ritrova addosso.
E dal momento che se ci sono o non ci sono lo spartito è sempre uguale e nulla cambia, me ne vado, con le mie gambe.
Auguro buon lavoro alla nuova segreteria e al nuovo ufficio di presidenza auspicando vivamente un cambiamento reale che passi dal metodo, non dalle persone.
Perché di personale, in quello che io ho scritto e fatto, non c’è nulla, ma c’è un’enorme questione politica.
E girarsi dall’altra parte la ingigantisce, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Giuseppe Clemente