Dal circolo sidernese del Partito Democratico, riceviamo e pubblichiamo la seguente nota:
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Come ormai è noto a tutti, il Consiglio Comunale di Reggio è stato sciolto per contiguità con la mafia. Il ministro Cancellieri ha usato questa particolare espressione per motivare le ragioni della sua “difficile e sofferta” scelta che ha sancito il triste primato, per Reggio, di essere il primo capoluogo in Italia a subire tale decisione. Su questa pietosa formula, sul significato di “contiguità” in un contesto municipale, si sono aperti e si apriranno dibattiti, si spenderanno fiumi di parole da parte dei vari opinionisti politici di turno e ognuno saprà dare il giusto significato, quello più consono alla propria tesi, alla propria parte politica. Noi preferiamo non unirci al coro dei commenti, delle difese o delle accuse d’ufficio, però una cosa dobbiamo dirla: a volte bisogna avere il coraggio e la dignità di ammettere i propri errori, non è possibile gridare al complotto ogni volta che ad una certa parte politica vengono contestate delle irregolarità nella gestione della cosa pubblica. La “timida accusa” del ministro dell’Interno, assieme alla “maldestra dichiarazione di non retroattività” delle contestazioni, è tale da offendere l’intelligenza del più distratto dei cittadini: dobbiamo davvero credere che la voragine nei conti del Comune di Reggio e la fitta rete di “contiguità” siano frutto e conseguenza di appena un anno e mezzo di amministrazione Arena? Si tratta di un eccesso di prudenza, prima della conclusione del lavoro della commissione di accesso, o piuttosto della cronaca dell’ennesimo, pietoso, “insabbiamento annunciato”? Il risultato comunque non cambia! Oggi assistiamo, increduli e un po’ rassegnati, al crollo di una “ certa politica” che in questi anni ha saputo creare un “non modello” che, se da una parte ha costruito la sua forza sul malaffare e ha collassato una città, portando il suo debito al limite del default, dall’altra ha prodotto una crescita vicina allo zero, con conseguente perdita di posti di lavoro e famiglie allo sbando. Ma soprattutto, così facendo ha contribuito a quel generale processo di disomogeneizzazione della società, con la parte povera sempre più povera, contrapposta alla minoranza sempre più ricca e sempre più incisiva sui processi “democratici”. Adeguando a questa deriva sociale anche il termine stesso “democrazia” dove il “Demos” (il Popolo) è sempre più staccato dal “Kratos” (il potere). Oltre all’indignazione per questo ennesimo, grave episodio di corruttela, che trascina sempre di più la tormentata società calabrese in un buco nero, a noi cosa rimane…… se non la triste e generica classificazione, da parte dei “soloni” di turno, di essere una comunità a rischio, talmente intrisa di “ndrangheta” da non poterne fare a meno. In realtà, però, non è così….. non possiamo accettare che sia così, non possiamo accettare di essere messi tutti quanti in un unico calderone… Sentiamo il dovere di rivendicare l’esistenza di una parte di società che tutti i giorni lotta in silenzio e che non ha mai avuto, ne vorrà mai avere niente da spartire con la logica del malaffare e di politicanti che usano la politica solo ed esclusivamente per fini propri. Sentiamo però anche il dovere di denunciare l’atteggiamento di “quella politica” che colpevolmente continua a tagliare fuori quella parte sana della Calabria. Quella politica che è sempre pronta a puntare il dito contro un’intera comunità, accusandola di colpevole inerzia, salvo poi dimenticarsene, al momento del voto, quando da tutti Italia invia i propri “vassalli” a conquistare un seggio sicuro, vendendo ciclicamente “l’anima” al diavolo di turno. Forse come mai prima d’ora, è necessario avere il coraggio di ridare fiducia e centralità alla parte sana della società, calabrese e nazionale….. Basterebbe mettere insieme alcune piccole e semplici regole per rinnovare in meglio l’attuale classe politica: in primo luogo, sembra quasi superfluo sottolinearlo, ci deve essere un serio sistema di regole per l’accesso all’elettorato passivo, attraverso la previsione di un rigido filtro fatto di ineleggibilità, incandidabilità e decadenza ex lege, per chiunque venga condannato, anche solo in primo grado, per reati non connessi né riconducibili ad attività politiche, mentre, per imputazioni di tipo mafioso, compreso il concorso esterno, ed altre forme di “contiguità”, anche il semplice rinvio a giudizio dovrà comportare l’applicazione dei filtri di cui sopra: il principio che deve passare è che il diritto soggettivo a ricoprire cariche pubbliche e quello collettivo del partito di beneficiare dell’apporto del candidato non possono in nessun caso rischiare di compromettere l’interesse generale ad avere una classe politica al di sopra di ogni sospetto (se in Germania ci si dimette anche solo per aver copiato una tesi di laurea, in Italia non possiamo accettare di avere più della metà de governanti inquisiti o con carichi pendenti…). In secondo luogo: primarie disciplinate per legge. Ovviamente a livello nazionale, per il candidato a Presidente del Consiglio, ma anche a livello territoriale, per individuare i candidati che oltre, a conoscere il territorio, nel senso che “vivono” il territorio, siano moralmente ed eticamente spendibili oltre che capaci di rappresentarlo a tutti i livelli. Al massimo 2 mandati per tutti gli eletti, in modo da fare una politica solo di servizio e non come professione. Divieto assoluto di cumulo di cariche politiche e/o istituzioni pubbliche di ogni tipo. Obbligo di certificazione e pubblicazione on line dei bilanci sia dei partiti che dei gruppi all’interno delle istituzioni nazionali, regionali e provinciali: i cittadini debbono poter controllare in ogni momento come vengono impiegati i loro soldi! Per evitare che il caso Reggio si propaghi, che il “modello culturale” Reggio si propaghi… più di quanto ha già, purtroppo, fatto, occorre che la politica, riconosca le proprie responsabilità ma soprattutto, che abbia il coraggio di trovare delle soluzioni serie. Ai cittadini, che dovranno essere cittadini e non sudditi, spetterà il compito di vigilare sull’operato dei propri rappresentanti, dovranno essere forniti dei veri strumenti di controllo diretto, dato che è proprio la possibilità, e l’effettiva volontà, di esercitare il controllo sociale sull’operato politico che decreta il successo o il fallimento di una democrazia. è arrivato il momento delle scelte, il tempo per il “Demos” di riprendere effettivamente il potere, ritornando ad assumere quel ruolo centrale che caratterizza ogni moderno stato di diritto. Ciò è quanto dobbiamo, prima ancora che a noi stessi, a chi ha speso, ed a volte sacrificato, la propria vita per migliorare la nostra, lo dobbiamo alle generazioni future, a cui non possiamo lasciare povertà, ingiustizia e disperazione, ma una società migliore: se ci riusciamo, di quella ricevuta dai nostri nonni, migliore, a qualunque costo, di quella in cui viviamo.
Il Circolo PD di Siderno”