LOCRI – Il “caso Locri” approderà sul tavolo del presidente della Corte dei Conti e delle sue Sezioni Riunite. E’ quanto riportato nella delibera numero 310 dello scorso 21 dicembre, con la quale, la sezione regionale di controllo della stessa Corte dei Conti, dopo l’incontro col commissario prefettizio Francesca Crea ha dapprima ribadito la sussistenza delle condizioni critiche dei conti comunali inquadrandole in una fase avanzata che conduce dritto al dissesto, e quindi si è soffermata su una questione interpretativa relativa alla possibilità, da parte dell’Ente, di accedere al fondo di riequilibrio ex articolo 243bis, comma 1 del Testo Unico sugli Enti Locali.
In particolare, la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti sottoporrà al presidente la seguente questione di massima: “se, l’avvenuta deliberazione di piano di riequilibrio ex art. 243 bis, comma 1, del Tuel (nel testo modificato dalla legge di conversione n. 213/2012), oltre ad interdire alla Corte dei conti l’assegnazione di termini per l’adozione di misure correttive ex art. 243 bis, comma 3, del Tuel, comporti altresì la sospensione o interruzione o arresto tout court dell’intera procedura di dissesto guidato ex art. 6 d.lgs. n. 149/2011, indipendentemente dalla fase procedurale in cui sia giunta e dunque anche qualora siano già proceduralmente emersi sia l’inadempimento delle misure correttive che la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la dichiarazione di dissesto finanziario”. L’orientamento della sezione regionale della Corte dei Conti, infatti, appare chiaro: il Comune di Locri versa in uno stato in cui è meglio ricorrere alla procedura di dissesto che tentare il piano di riequilibrio deliberato dal commissario Crea lo scorso 11 dicembre. Prima di mettere la parola fine all’estremo tentativo dei commissari locresi di evitare il dissesto, però, serve l’ultima parola da parte del massimo organo della magistratura contabile che dovrà chiarire la questione interpretativa che, a questo punto, assume un valore assai pratico e che va ben oltre alla questione accademica, e dal quale dipenderanno le sorti del Comune di Locri.
Ad ogni buon conto, pubblichiamo integralmente la deliberazione numero 310 in modo che i nostri lettori possano prenderne completa visione.
Deliberazione n. 310/2012
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CALABRIA
Composta dai Magistrati
dott. Roberto Tabbita
Presidente
dott. Giuseppe Ginestra
Consigliere
dott. Natale Longo
Consigliere
dott. Massimo Agliocchi
Referendario (relatore)
dott. Cosmo Sciancalepore
Referendario
Nell’Adunanza pubblica del giorno 14 dicembre 2012
VISTO l’art. 100, c. 2, della Costituzione;
VISTO il Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;
VISTA la Legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni;
VISTA la Legge 5 giugno 2003 n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
VISTO il D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL) e successive modificazioni;
VISTO l’art. 1, commi 166 e seguenti, della Legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006);
VISTO l’art. 6, c. 2, del D.lgs. 6 settembre 2011, n. 149;
VISTO il D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in Legge n. 213 del 7 dicembre 2012 (G.U. n. 286 del 7 dicembre 2012, S.O. n. 206);
VISTO il regolamento n. 14/2000 per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti in data 16 giugno 2000 e successive modifiche;
VISTA la deliberazione della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 2/AUT/2011/INPR del 29 aprile 2011 – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 148 del 28.06.2011 – con la quale sono state approvate le linee-guida per la redazione della relazione per il bilancio di previsione 2011, nonché del rendiconto 2010;
VISTA la deliberazione n. 2/AUT/2012/QMIG della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, depositata il 26 gennaio 2012, in ordine al procedimento previsto dall’art. 6, c. 2, del D.lgs. 6 settembre 2011, n. 149;
VISTA la deliberazione di questa Sezione n. 48/2012 del 24 maggio 2012 con la quale sono state accertate nell’esame del rendiconto 2010 del Comune di Locri (RC) gravi irregolarità contabili idonee a determinare, se non tempestivamente corrette, le conseguenze di cui all’art. 6, c. 2, del D.lgs. 6 settembre 2011, n. 149, e con cui è stato assegnato all’ente un termine di 3 mesi al fine dell’adozione delle necessarie misure correttive;
VISTA la relazione del 2 luglio 2012 sulla verifica amministrativo-contabile effettuata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale di finanza, trasmessa con nota del 12 settembre 2012, acquisita al protocollo della Sezione in data 21 settembre 2012 al n. 4924;
VISTA la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Locri del 29 giugno 2012, trasmessa con nota del 24 luglio 2012, acquisita al protocollo della Sezione in data 31 luglio 2012 al n. 3514, avente ad oggetto la discussione e le determinazioni conseguenti alla deliberazione di questa Sezione n. 48/2012;
VISTA la deliberazione di questa Sezione n. 295 del 15 novembre 2012 con la quale è stato accertato l’inadempimento da parte del Comune di Locri delle necessarie misure correttive indicate con la precedente deliberazione di questa Sezione n. 48/2012, la conseguente permanenza delle gravi criticità ed irregolarità già rilevate con la citata deliberazione n. 48/2012, si è inoltre contestualmente provveduto ad assegnare, ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, un ulteriore termine di 15 giorni, nonché si è ordinata la trasmissione della deliberazione anche al Prefetto di Reggio Calabria e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica;
RILEVATO che dal Comune di Locri è pervenuta comunicazione fax del 12 dicembre 2012 con cui è stata trasmessa la deliberazione della Commissaria prefettizia n. 8 dell’11 dicembre 2012 avente ad oggetto “Salvaguardia degli equilibri strutturali di bilancio, ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale – art. 243 bis D.lgs. n. 267/2000”;
VISTA l’ordinanza n. 42/2012 con la quale il Presidente della Sezione ha convocato la Sezione medesima per l’odierna Adunanza al fine di verificare il perdurare dell’inadempimento da parte del Comune di Locri delle misure correttive e la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 244 del D.lgs. n. 267/2000, come prescritto dal più volte citato art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, ovvero l’ammissibilità dell’istanza di accesso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale previsto dal nuovo art. 243-bis del Tuel;
UDITO il Magistrato relatore, dott. Massimo Agliocchi;
UDITA la Commissaria prefettizia del Comune di Locri (RC).
FATTO
Ai sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266, questa Sezione regionale del controllo ha adottato la deliberazione n. 48 del 24 maggio 2012 nell’ambito della procedura di controllo del rendiconto 2010 del Comune di Locri (RC). Tenuto conto della complessiva situazione finanziaria dell’Ente, la Sezione ha accertato gravi irregolarità e/o criticità contabili, rilevanti anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011. Con la medesima deliberazione la Sezione ha contestualmente richiesto al Comune di adottare le necessarie misure correttive, espressamente elencate nel dispositivo, assegnando all’uopo un termine di 3 mesi.
A completare il quadro della situazione finanziaria del Comune di Locri (RC) è medio tempore intervenuta, su specifica richiesta della stessa Amministrazione comunale, la verifica contabile della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale di finanza che ha esaminato le gestioni afferenti ad un arco temporale ampio, verificando i rendiconti di gestione 2007/2011, nonché i bilanci di previsione 2007/2012. La relazione conclusiva dell’ispezione ha rilevato una situazione finanziaria particolarmente critica che “porrebbe l’ente ad un bivio tra la dichiarazione di dissesto finanziario, ovvero il tentativo di adottare un credibile ed urgente piano di salvataggio in grado di ripristinare gli equilibri di bilancio”.
Con la deliberazione del 29 giugno 2012, n. 11, il Consiglio comunale ha valutato le questioni sollevate nella citata pronuncia di questa Sezione formulando alcune proposte finalizzate ad individuare le misure correttive richieste. Successivamente, il Comune di Locri è stato sciolto e commissariato ai sensi dell’art. 141 del D.lgs. n. 267/2000 a causa delle dimissioni del Sindaco e della maggioranza dei consiglieri comunali avvenute in data 2 novembre 2012.
In seguito, con la deliberazione n. 295 del 15 novembre 2012 questa Sezione regionale di controllo ha accertato l’inadempimento da parte del Comune di Locri delle necessarie misure correttive indicate con la precedente deliberazione di questa Sezione n. 48/2012 e la conseguente permanenza delle gravi criticità ed irregolarità già rilevate con la citata deliberazione n. 48/2012, provvedendo contestualmente ad assegnare ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, un ulteriore termine di 15 giorni, nonché ordinando la trasmissione della deliberazione al Prefetto di Reggio Calabria e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, oltreché al Comune di Locri e al suo Organo di revisione contabile;
Non essendo pervenuta alcuna controdeduzione né da parte del Comune di Locri, né dall’Organo di revisione, il Magistrato istruttore ha richiesto al Presidente della Sezione, nel rispetto dei termini stabiliti dal più volte richiamato art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, la fissazione dell’Adunanza pubblica per l’accertamento collegiale della permanenza dell’inadempimento delle misure correttive, nonché della sussistenza delle condizioni di cui all’art. 244 del D.lgs. n. 267/2000;
In prossimità dell’Adunanza pubblica, in data 12 dicembre 2012, il Comune di Locri ha fatto pervenire, a mezzo fax, la deliberazione della Commissaria prefettizia n. 8 dell’11 dicembre 2012, successivamente depositata in originale in Adunanza, con la quale è stato disposto il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’art. 243-bis del D.lgs. n. 267/2000, come introdotto dalla Legge n. 213 del 7 dicembre 2012;
Con ordinanza n. 42/2012, il Presidente della Sezione ha convocato l’odierna Adunanza al fine di accertare, ai sensi di quanto disposto dall’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, il perdurare dell’inadempimento e verificare la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 244 del D.lgs. n. 267/2000, ovvero l’ammissibilità del ricorso alla procedura pluriennale di riequilibrio finanziario recentemente introdotta dalla Legge n. 213 del 7 dicembre 2012.
DIRITTO
1. Premessa.
In via preliminare, si ritiene opportuno richiamare brevemente le disposizioni legislative che intestano alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti funzioni di controllo dei bilanci degli enti locali, in forza delle quali il Collegio è oggi chiamato a pronunciarsi in ordine alla situazione contabile-finanziaria del Comune di Locri.
In proposito, assume rilievo l’art. 1, c. 168, della Legge n. 266/2005 (ora confluito nell’art. 243-bis, c. 6, lett. a), Tuel, nonché nell’art. 148-bis Tuel) il quale stabilisce che le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, qualora accertino, anche sulla base delle relazioni sul bilancio di previsione e sul rendiconto trasmessi alle competenti Sezioni regionali di controllo dagli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità, adottano specifica pronuncia e vigilano sull’adozione, da parte dell’ente locale, delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto di stabilità interno.
Recentemente, con l’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, il legislatore ha previsto un ulteriore percorso, innovativo rispetto a quanto disposto dall’ordinamento degli enti locali, finalizzato all’accertamento delle condizioni che possono determinare il dissesto (c.d. dissesto guidato o coattivo). In particolare, la citata norma prevede che, qualora dalle pronunce delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell’ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall’art. 1, c. 168, della Legge n. 266/2005, la competente Sezione regionale, accertato l’inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. In tal caso, ove sia accertato, entro trenta giorni dalla predetta trasmissione (in questi stretti termini si esprime testualmente la norma), da parte della competente Sezione regionale della Corte dei conti, il perdurare dell’inadempimento da parte dell’ente locale delle citate misure correttive e la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 244 del D.lgs. n. 267/2000, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente il termine di cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del Consiglio dell’ente ai sensi dell’art. 141 del D.lgs. n. 267/2000.
Con riferimento a tale innovativa disposizione, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti (cfr. deliberazione n. 2/AUT/2012) ha formulato i primi indirizzi operativi, innanzitutto evidenziando come il procedimento stabilito dal legislatore risulti strutturato in due distinte fasi: con una prima deliberazione, la Sezione regionale, rilevate le gravi irregolarità e criticità che inficiano il bilancio dell’ente locale, procede ad assegnare all’ente locale medesimo un termine per l’adozione delle necessarie misure correttive previste dall’art. 1, c. 168, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266; la seconda fase, che è solo eventuale, viene introdotta dalla Sezione qualora venga accertato l’inadempimento alla adozione delle misure correttive conseguenziali alla (prima) delibera dalla quale siano già emersi gli squilibri strutturali o irregolarità o altri comportamenti difformi dalla sana gestione in grado di provocare il dissesto dell’ente. Nell’ambito di questa seconda fase, entro l’ulteriore termine decorrente dalla trasmissione degli atti al Prefetto (fissato dalla legge in trenta giorni), la Sezione regionale accerta, con una (terza) deliberazione di chiusura del proprio procedimento di controllo, il perdurare dell’inadempimento e la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 244 del D.lgs. n. 267/2000, ovvero, di contro, prende atto dell’intervenuta adozione, in extremis, delle misure correttive o, comunque, del venir meno delle condizioni di dissesto.
Inoltre, la Sezione delle Autonomie, sulla scorta di quanto già delineato nella propria relazione al Parlamento per il 2009 e il 2010 (delibera n. 7/AUT/2011), ha enucleato alcuni significativi indicatori di situazioni di squilibrio finanziario potenzialmente in grado di provocare il dissesto dell’ente, e in particolare: squilibri nella gestione dei residui, mantenimento in bilancio di residui attivi sopravvalutati, risalenti ed inesigibili; crisi irreversibile di liquidità con ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria di notevole entità; ingenti debiti fuori bilancio; sopravvalutazione di entrate e sottovalutazione di spese.
Nell’ambito del procedimento appena descritto risulta pertanto rilevante quanto disposto dall’art. 244 del D.lgs. n. 267/2000 in base al quale si ha lo stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistano, nei confronti dell’ente locale, crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’art. 193, nonché con le modalità di cui all’art. 194 per le fattispecie ivi previste. Ancora, va aggiunto che il dissesto finanziario costituisce un evento di carattere eccezionale e patologico al quale il legislatore connette varie gravi conseguenze. Infine, va rilevato che la decisione di dichiarare lo stato di dissesto costituisce una determinazione vincolata ed ineludibile in presenza dei presupposti fissati dalla legge (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 143).
Da ultimo, con la Legge n. 213 del 7 dicembre 2012, di conversione del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174 (c.d. decreto sui “costi della politica”), è stato introdotto nell’ordinamento un ulteriore strumento finalizzato al risanamento finanziario degli enti locali in situazione di squilibrio strutturale di bilancio. Si tratta del piano di riequilibrio finanziario pluriennale previsto dal nuovo art. 243-bis del Tuel che, in forza del finanziamento statale garantito da apposito fondo di rotazione, consente agli enti locali che si trovino in situazione di squilibrio strutturale di bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, senza utile possibilità di ricorrere agli strumenti previsti dagli articoli 193 e 194 del Tuel, di deliberare il ricorso a tale innovativa procedura. Tale disposizione prevede che la durata del piano sia di 10 anni (nel decreto legge era originariamente previsto un periodo di 5 anni), che lo stesso sia periodicamente soggetto al controllo delle Sezioni regionali della Corte dei conti e che la nuova procedura non possa essere adottata qualora le Sezioni regionali della Corte dei conti abbiano provveduto, a decorrere dall’entrata in vigore della Legge n. 213/2012, ad assegnare un termine (ex art. 1, c. 168, della Legge n. 266/2005) nell’ambito della procedura di cui all’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011.
Pertanto, allo stato attuale, per gli enti locali in situazione di dissesto finanziario l’ordinamento ha predisposto vari strumenti di risanamento che sono il dissesto finanziario autodichiarato dall’ente ex art. 244 – 246 del Tuel, il c.d. dissesto guidato o coattivo conseguente ad un’iniziativa della Corte dei conti ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011 e il nuovo piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’art. 243-bis recentemente introdotto nel Tuel.
Per quanto attiene alle conseguenze della dichiarazione di dissesto (ex 246 Tuel, ovvero ex art. 6, c. 2, D.lgs. n. 149/2011), va fatto riferimento a quanto previsto dagli articoli 248 e ss. del Tuel, mentre per il piano di riequilibrio finanziario pluriennale il referente normativo va individuato negli articoli 243-bis e seguenti del Tuel. In proposito si rileva che la procedura di dissesto presenta, per l’ente, degli aspetti maggiormente vantaggiosi rispetto al piano di riequilibrio, giacché, ad esempio, le procedure esecutive vengono sterilizzate sino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 (con conseguente blocco degli interessi e della rivalutazione anche sulle anticipazioni di cassa), mentre nella procedura di riequilibrio recentemente introdotta le azioni esecutive sono semplicemente sospese per il periodo decorrente dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura sino alla data di approvazione o di diniego del piano di riequilibrio (quindi per massimo 100 giorni). Ancora, sempre a titolo esemplificativo, nella procedura di dissesto è prevista la possibilità per l’organo straordinario di liquidazione di procedere alla vendita del patrimonio disponibile dell’ente, anche in deroga alle disposizioni vigenti che attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti dalla loro cessione (art. 255, c. 9, Tuel) e le anticipazioni di cassa possono, a determinate condizioni, essere elevate entro il limite di cinque dodicesimi per la durata di sei mesi (art. 222, c. 2-bis, Tuel, introdotto dalla Legge n. 213/2012).
In tale quadro normativo e giurisprudenziale si inseriscono le deliberazioni di questa Sezione n. 48 del 24 maggio 2012 e n. 295 del 15 novembre 2012. Come anticipato in premessa, con quest’ultima deliberazione è stato accertato che le determinazioni adottate dal Consiglio comunale di Locri nella seduta del 29 giugno 2012 (delibera n. 11) non sono risultate sufficienti a superare tutte le criticità riscontrate dalla Sezione e rilevate dalla relazione ispettiva ministeriale. È stato pertanto assegnato all’ente un ulteriore termine di 15 giorni ai sensi dell’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011. Dopo la trasmissione della deliberazione n. 295/2012 nessuna ulteriore controdeduzione è stata inviata, entro il termine assegnato, dal Comune di Locri che, medio tempore, ha visto l’insediamento della Commissaria prefettizia nominata ai sensi dell’art. 141 del D.lgs. n. 267/2000 a causa delle dimissioni del Sindaco e della maggioranza dei consiglieri comunali. È stata peraltro trasmessa dal segretario comunale la nota prot. 18823 del 6 novembre 2012, prot. Corte conti n. 6234 del 19 novembre 2012, con la quale si è rappresentato che il bilancio di previsione 2012 ed il conto consuntivo 2011 non sono stati approvati. Inoltre, da ultimo, è pervenuta alla Sezione la nota n. 20526 del 3 dicembre 2012, prot. Corte dei conti n. 7376 del 11 dicembre 2012, con la quale è stata trasmessa la deliberazione del commissario prefettizio n. 3/2012 avente ad oggetto la presa d’atto dell’impossibilità di adottare il piano triennale del personale 2012 – 2014 e il piano delle assunzioni del 2012 ai sensi del D.L. n. 78/2012. Infine, in prossimità dell’Adunanza pubblica, è stata trasmessa con nota fax del 12 dicembre 2012 la deliberazione n. 8 dell’11 dicembre 2012 della Commissaria prefettizia con la quale è stato deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale previsto dal nuovo art. 243-bis del D.lgs. n. 267/2000, introdotto, in via definitiva, dalla Legge n. 213 del 7 dicembre 2012 di conversione del D.L. n. 174/2012, nonché si è dato atto dell’approvazione del bilancio preventivo 2012 con deliberazione n. 6/2012 dell’11 dicembre 2012 (non trasmessa alla Sezione) e del rendiconto di gestione del 2011 (deliberazione n. 7/2012 sempre dell’11 dicembre 2012, anch’essa non trasmessa alla Sezione).
2.Accertamento del perdurare dell’inadempimento delle misure correttive richieste con la deliberazione n. 48 del 24 maggio 2012 e permanere delle criticità rilevate dalla relazione ispettiva della Ragioneria generale dello Stato.
Con la deliberazione n. 48/2012 questa Sezione regionale della Corte dei conti, nell’ambito del procedimento di controllo del rendiconto 2010, dopo aver accertato che la situazione contabile-finanziaria del Comune di Locri presentava gravi squilibri strutturali, sollecitava l’ente medesimo all’adozione delle necessarie misure correttive finalizzate a:
-garantire una situazione di effettivo e concreto equilibrio della parte corrente del bilancio, giacché, come in seguito ribadito anche nella deliberazione di questa Sezione n. 295/2012, gli equilibri di bilancio risultano fortemente influenzati da entrate di carattere non ripetitivo che finanziano spesa corrente;
-procedere, anche ai fini del superamento dei parametri di deficitarietà rilevati ai sensi del D.M. 24 settembre 2009, ad una specifica operazione di riaccertamento dei residui finalizzata a verificare, attraverso un rigoroso apprezzamento dell’esistenza dei requisiti essenziali previsti dall’ordinamento, l’attualità e la permanenza delle ragioni creditorie, nonché l’entità e l’effettività delle posizioni debitorie. Nella deliberazione n. 295/2012 è stato altresì precisato che, in base a quanto emerso dalla relazione ispettiva, può presumersi il superamento di almeno un ulteriore parametro di deficitarietà (connesso ai debiti fuori bilancio), oltreché il possibile superamento per l’esercizio 2011 del parametro afferente alla spesa del personale, con conseguente stato di deficitarietà strutturale ex art. 242 del Tuel verosimilmente sin dall’esercizio 2010. Infine, con specifico riferimento alla gestione dei residui, nella deliberazione n. 295/2012 è stata evidenziata la necessità di ottemperare a quanto prescritto dall’art. 6, c. 17, della Legge n. 135/2012 e quindi di istituire nel bilancio di previsione 2012 un fondo svalutazione crediti nella misura del 25% della massa dei residui attivi vetusti;
-realizzare concrete iniziative volte al contrasto e al recupero dell’evasione tributaria e tariffaria;
-monitorare costantemente la gestione di cassa, rimuovendo le cause che hanno determinano il verificarsi di pagamenti per procedimenti di esecuzione forzata eseguiti direttamente presso il tesoriere. In considerazione del rilevato disallineamento tra fondo di cassa risultante dal conto del tesoriere e le risultanze contabili del Comune, l’ente veniva altresì sollecitato a procedere ad una verifica dei valori finanziari di bilancio e di cassa al fine di provvedere ad eventuali scritture contabili di rettifica e di aggiustamento delle risultanze del conto del bilancio;
-garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti ed evitare ritardi nei pagamenti e la conseguente formazione di debiti pregressi;
-predisporre il rapporto relativo all’analisi e revisione delle procedure di spesa e dell’allocazione delle relative risorse in bilancio da allegare alla relazione prevista dall’art. 1, c. 166, della Legge 266/2005, da inviare a questa Sezione regionale del controllo (art. 9, c. 4, D.L. 78/2009);
-garantire una puntuale ricognizione e verifica dello stato economico-finanziario delle partecipazioni, in società, organismi o forme associative, possedute dall’Ente, assicurando sulle stesse la dovuta vigilanza;
-gestire diligentemente le partecipazioni societarie tuttora possedute e valutare eventuali ulteriori dismissioni, anche con riferimento alle forme associative tra Enti;
-assicurare il rispetto dei limiti della spesa del personale stabiliti dall’art. 1, c. 557, della Legge 296/2006, dall’art. 76, c. 7, della Legge n. 133/2008 e dall’art. 9, c. 28, della Legge n. 122/2010;
In seguito veniva trasmessa a questa Sezione con nota del 12 settembre 2012 la relazione ispettiva della Ragioneria generale dello Stato dalla quale emergeva un quadro contabile-finanziario ancora più grave rispetto a quanto già rilevato con la citata deliberazione n. 48/2012.
In sintesi, l’ispettore ministeriale evidenziava le seguenti criticità:
-esistenza di entrate accertate non veritiere, inattendibili o insussistenti, mancato rispetto di quanto previsto dall’art. 179 del Tuel e conseguente necessaria eliminazione di una notevole quantità di poste attive (euro 1.082.836,22 per ICI; euro 1.230.444,66 per TARSU; euro 3.529.187,89 per proventi acquedotto comunale; euro 324.983,11 per rimborso erario credito IVA; euro 218.048,73 per introiti e rimborsi vari; euro 2.177.035,65 per mutui cassa depositi e prestiti);
-sopravvalutazione dei residui attivi risultati in gran parte inesigibili o prescritti (euro 14.086.727,84);
-conseguente inattendibilità e non veridicità dei risultati di amministrazione degli esercizi 2007/2011, con emersione di un disavanzo di amministrazione presunto del 2011 pari ad euro -4.498.911,94. Il disavanzo di amministrazione 2011 è stato, tra l’altro, recentemente determinato con la deliberazione della Commissaria prefettizia n. 7 dell’11 dicembre 2012, tuttora non trasmessa alla Sezione, a mezzo della quale è stato approvato il rendiconto 2011, dal quale emerge un risultato negativo corrispondente ad euro -7.152.688,57;
-altrettanto conseguenziale inattendibilità e non veridicità degli equilibri di parte corrente e dei risultati della gestione di competenza riferiti agli esercizi 2007/2011;
-squilibrio della gestione di cassa riferita alla parte corrente del bilancio, con presenza di un saldo negativo pluriennale anni 2007/2011 (euro -1.832.369) e anche 2011 (euro -2.069.898);
-squilibrio della parte capitale del bilancio;
-deficit irreversibile di cassa ed impossibilità di garantire i servizi indispensabili;
-ingente mole di debiti fuori bilancio, corrispondenti ad una cifra presunta di almeno euro 8.382.508,64, nonché massa debitoria complessiva corrispondente ad euro 11.886.003;
-mancato rispetto di quanto prescritto dall’art. 41, c. 2, Legge n. 448/2001 in ipotesi di rinegoziazione di mutui;
-violazione del patto di stabilità interno per gli esercizi 2008, 2009 e 2010;
-mancato rispetto del principio di riduzione della spesa del personale in serie storica (art. 1, c. 557, Legge n. 296/2006) registrato negli esercizi 2007, 2009 e 2010;
-criticità ed illegittimità varie rilevate nell’ambito del procedimento di contrattazione integrativa.
A fronte di tutte le criticità appena evidenziate l’Amministrazione comunale ha adottato la deliberazione consiliare n. 11/2012, dalla quale non sono emerse soluzioni idonee a superare la grave situazione finanziaria riscontrata. Successivamente alla trasmissione all’ente della deliberazione di questa Sezione n. 295/2012 non sono pervenute controdeduzioni finalizzate ad individuare le necessarie misure correttive ai sensi degli articoli 193 e 194 del D.lgs. n. 267/2000. Va rilevato che risultano unicamente pervenute alla Sezione una nota del segretario comunale con la quale si attesta la mancata approvazione del bilancio preventivo 2012 e del conto consuntivo 2011, nonché la determinazione n. 3/2012 della Commissaria prefettizia con la quale si prende atto dell’impossibilità di adottare il piano triennale del fabbisogno del personale e del piano delle assunzioni per il 2012.
Pertanto, il Collegio non può che prendere atto del permanere dell’inadempimento delle misure correttive richieste con le deliberazioni di questa Sezione n. 48/2012 e n. 295/2012.
Infine, risulta in limine trasmessa alla Sezione, con nota fax del 12 dicembre 2012, la deliberazione n. 8 dell’11 dicembre 2012 a mezzo della quale l’ente ha deliberato di ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dal nuovo art. 243-bis del D.lgs. n. 267/2000 introdotto dalla Legge n. 213 del 7 dicembre 2012.
3.Accertamento della sussistenza delle condizioni di dissesto finanziario ai sensi dell’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011.
Come rilevato in premessa, l’art. 244, comma 1, del Tuel stabilisce che “si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’art. 193, nonché con le modalità di cui all’art. 194 per le fattispecie ivi previste”.
Lo stato di dissesto si configura pertanto ogniqualvolta l’ente non sia in grado di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili (c.d. incapacità funzionale) ovvero quando esistono nei confronti dell’ente stesso crediti liquidi ed esigibili di terzi rispetto ai quali l’ente medesimo non possa validamente far fronte attraverso provvedimenti di riequilibrio o di riconoscimento di debiti fuori bilancio (c.d. insolvenza).
Tali presupposti, alternativi tra loro, sono da ritenersi tassativi e, al loro ricorrere, l’ente è tenuto alla dichiarazione di dissesto, che appunto costituisce una determinazione vincolata ed ineludibile, non sussistendo alcun margine di valutazione discrezionale, anche al fine di evitare un ulteriore aggravarsi della situazione finanziaria (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 143).
Passando ad una più compiuta analisi delle singole condizioni del dissesto si rileva che per quanto riguarda la c.d. incapacità funzionale, ai fini dell’individuazione dei servizi e delle funzioni indispensabili, può farsi riferimento all’art. 37, comma 3, lett. h), del D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 in tema di finanza degli enti territoriali, che qualifica come indispensabili “i servizi che rappresentano le condizioni minime di organizzazione dei servizi pubblici locali e che sono diffusi sul territorio con caratteristica di uniformità”.
A tale indicazione si è riferito il Decreto Ministeriale 28 maggio 1993, nell’individuare i servizi locali indispensabili al fine di escludere l’assoggettabilità ad esecuzione forzata delle somme ad essi destinate, in applicazione dell’art. 159, comma 2, del Tuel.
Il predetto decreto riporta l’elenco di una serie di servizi il cui venir meno, a seguito di pignoramento delle relative somme, comprometterebbe seriamente le condizioni minime di funzionalità dei servizi pubblici locali, e dunque quel livello minimo compatibile con la giustificazione dell’esistenza dello stesso ente (servizi connessi agli organi istituzionali; servizi di amministrazione generale, compreso il servizio elettorale; servizi connessi all’ufficio tecnico comunale, servizi di anagrafe e di stato civile; servizio statistico; servizi connessi con la giustizia; servizi di polizia locale e di polizia amministrativa; servizio della leva militare; servizi di protezione civile, di pronto intervento e di tutela della sicurezza pubblica; servizi connessi alla distribuzione dell’acqua potabile; servizi di fognatura e di depurazione; servizi di nettezza urbana; servizi di viabilità e di illuminazione pubblica).
Per quanto riguarda “le funzioni”, va invece fatto riferimento all’art. 2 della Legge 5 giugno 2003, n. 131, che ha qualificato funzioni ‘‘fondamentali’’ quelle funzioni essenziali sia per il funzionamento di comuni, province e città metropolitane, sia ‘‘per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento’’, demandandone l’individuazione alla c.d. Carta delle Autonomie. Nelle more dell’emanazione di questa, l’art. 14, comma 27, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, ha stabilito che fino all’entrata in vigore della legge di individuazione ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera p) della Costituzione sono considerate funzioni fondamentali quelle provvisoriamente individuate dall’art. 21, comma 3, della Legge 5 maggio 2009, n. 42.
Pertanto, l’obbligo di dichiarare il dissesto per incapacità funzionale deve ritenersi sussistente nel caso in cui l’ente, al di là di episodiche disfunzioni, constati l’impossibilità di ripristinare celermente e stabilmente l’erogazione dei propri servizi indispensabili, secondo standard accettabili.
Il grave stato di insolvenza dell’ente, ulteriore condizione richiesta alternativamente dall’art. 244 del Tuel per la sussistenza dello stato dissesto, deve ritenersi riconducibile all’esistenza nei confronti dell’ente locale di crediti liquidi ed esigibili di terzi, cui quest’ultimo non possa validamente far fronte con i provvedimenti di riequilibrio, o con le procedure di riconoscimento dei debiti fuori bilancio previsti dagli articoli 193 de 194 del Tuel.
L’avverbio ‘‘validamente’’ deve intendersi riferito al rispetto formale dei limiti normativi previsti dagli articoli 193 e 194 del Tuel, con particolare riguardo alle fonti di finanziamento dei debiti fuori bilancio, alle tipologie di debito riconoscibili, al numero massimo di annualità entro cui è consentito rateizzare le passività.
Inoltre, l’art. 244 del Tuel richiede non solo la capacità dell’ente di adempiere alle obbligazioni assunte nei tempi contrattualmente previsti, e comunque compatibili con le pretese creditorie (‘‘validamente’’ nel senso di ‘‘utilmente’’), ma anche una modalità di adempimento tale da non pregiudicare l’affidamento dei terzi nella solvibilità dell’ente stesso, attraverso l’utilizzo di mezzi ordinari di pagamento.
Ne consegue che la valutazione di grave insolvenza postula un giudizio di sostenibilità finanziaria delle passività, alla luce delle reali capacità dell’amministrazione di ripristinare legittimamente gli equilibri di bilancio.
Tale valutazione, del resto, deve essere svolta in concreto in relazione alla specifica situazione finanziaria dell’ente quale emerge dai documenti contabili, anche attraverso il ricorso a particolari indici sintomatici della condizione di insolvenza irrecuperabile e quindi di dissesto dell’ente (cfr. Sezione controllo Piemonte deliberazione n. 260/2012 e Sezione controllo Sicilia deliberazione n. 359/2012).
Detti indici sintomatici, come precisato dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti (deliberazione n. 2/2012/AUT) possono essere individuati, in particolare, nel ricorrere delle seguenti condizioni:
-squilibrio nella gestione dei residui;
-mantenimento in bilancio di residui attivi sopravvalutati, risalenti ed inesigibili;
-crisi irreversibile di liquidità con ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria;
-ingenti debiti fuori bilancio;
-sopravvalutazione di entrate e sottovalutazione di spese.
Una speciale attenzione deve essere riservata soprattutto, come confermato dalla stessa Sezione delle Autonomie, “alla condizione di grave carenza di liquidità, alla quale l’ente non riesce a rimediare con gli strumenti di regolazione del bilancio di competenza in quanto tale condizione si consolida e diventa strutturale nella prospettiva triennale, tramutandosi in insolvenza”.
In sostanza, il dissesto costituisce l’istituto giuridico che, attraverso la procedura prevista dagli articoli 244 e seguenti del Tuel, consente agli enti in gravi difficoltà finanziarie di ripristinare gli equilibri di bilancio e garantire il regolare espletamento delle proprie funzioni fondamentali, assicurando al contempo la tutela di interessi primari relativi al buon andamento ed alla continuità dell’azione amministrativa, nonché al mantenimento dei livelli essenziali delle prestazioni.
Ciò posto, con riferimento agli elementi che caratterizzano la complessiva situazione finanziaria del Comune di Locri, per quanto rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, il Collegio rileva quanto segue:
1.Il Comune di Locri si trova in una situazione di grave e strutturale squilibrio di parte corrente, di parte capitale, nonché della gestione di cassa. I risultati di amministrazione e di gestione riportati nei documenti contabili riferiti quantomeno agli ultimi cinque esercizi (2007/2011) non appaiono attendibili, né veritieri, giacché pesantemente condizionati da entrate non veritiere, insussistenti o inesigibili derivanti principalmente dalla sopravvalutazione di entrate in realtà inesistenti (€ 995.676,18), e dal mantenimento in bilancio di una cospicua massa di residui attivi insussistenti e/o inesigibili (€ 14.086.727,84).
2.Appare altamente probabile che l’Ente attualmente si trovi in stato di deficitarietà strutturale ai sensi dell’art. 242 del Tuel, seppur i parametri di riscontro elaborati in base a quanto previsto dal Decreto del Ministero dell’Interno del 24 settembre 2009, per gli esercizi 2009 e 2010, riportino esclusivamente la ricorrenza di 4 violazioni su 10. Come è stato evidenziato nella precedente deliberazione di questa Sezione n. 295/2012, l’Ente ha verosimilmente violato anche il parametro inerente ai debiti fuori bilancio e potrebbe altresì non aver conseguito il rispetto del parametro inerente alla spesa del personale proprio in ragione della consistente eliminazione di poste attive ritenute insussistenti.
3.Va rilevato il cospicuo volume di debiti fuori bilancio accumulatesi negli anni e tuttora di incerto ammontare. In proposito, secondo la relazione ispettiva la somma di tali debiti al 24 aprile 2012 corrispondeva ad € 8.382.508,64, mentre nel documento elaborato dagli amministratori dimissionari, ed allegato alle dimissioni medesime, si parla di complessiva massa debitoria “comunque di gran lunga superiore ai 12 milioni di euro” evidenziando l’impossibilità per l’ente di garantire persino i servizi essenziali ai cittadini. Ancora, la relazione ispettiva ha evidenziato una massa debitoria complessiva superiore agli 11 milioni di euro (€ 11.886.003) rilevando peraltro la provvisorietà del dato, destinato ad aumentare, e segnalando la grave insufficienza di liquidità ritenuta ormai insufficiente a far fronte al ciclo ordinario di spesa, compresi i servizi indispensabili.
4.La gestione dei residui del Comune di Locri si è rivelata particolarmente critica. Dall’analisi effettuata si è potuto rilevare il mantenimento in bilancio di poste attive sopravvalutate, risalenti nel tempo e in gran parte inesigibili. Come è stato evidenziato nella deliberazione n. 295/2012, dall’operazione di riaccertamento è conseguita l’eliminazione di una cospicua quantità di poste residuali attive (€ 14.086.727,84) che ha inevitabilmente determinato pesanti riflessi sugli equilibri finanziari complessivi di bilancio.
5.Quale diretta conseguenza dell’operazione di riaccertamento dei residui va evidenziato il cospicuo disavanzo che ha registrato il rendiconto 2011, approvato in data 11 dicembre 2012 con deliberazione della Commissaria prefettizia n. 7/2012, peraltro non trasmessa alla Sezione, dalla quale emergerebbe un disavanzo di amministrazione di euro –7.152.688,57, nonché l’inattendibilità e la non veridicità dei risultati di amministrazione esposti negli esercizi pregressi che, almeno per quanto attiene agli ultimi 3 esercizi, avrebbero dovuto registrare risultati negativi, anziché positivi come esposto nei documenti contabili.
6.La situazione di cassa in cui versa l’Ente evidenzia una gravissima crisi di liquidità che fa presumere l’impossibilità per l’Ente di far fronte nell’immediato al normale ciclo di spesa, anche con riferimento ai servizi indispensabili, quale ad esempio il servizio idrico integrato, nonché all’impossibilità di onorare la consistente massa di debiti accumulata negli anni (€ 11.886.003). Come è stato evidenziato nella più volte citata deliberazione n. 295/2012 le cause di tale deficit di cassa devono essere attribuite principalmente all’iscrizione e al mantenimento in bilancio di entrate non veritiere, grazie alle quali, tuttavia, l’Ente ha accresciuto la spesa corrente senza una reale copertura finanziaria, nonché all’incapacità dell’ente di incassare le proprie entrate tempestivamente e alla mancanza di un’incisiva lotta all’evasione della fiscalità locale.
* * *
Tutto ciò premesso, la Sezione non può non rilevare che il Comune di Locri, in considerazione della complessiva situazione finanziaria appena descritta ed in assenza dell’adozione di specifiche misure correttive, si trova nell’impossibilità di fronteggiare validamente, con le modalità indicate dagli articoli 193 e 194 del Tuel, i crediti liquidi ed esigibili vantati da terzi e, analogamente, non appare in condizione di garantire l’assolvimento dei servizi indispensabili.
Pertanto, la Sezione, per le motivazioni sopra esposte ed in assenza di doverosa autodichiarazione di dissesto ai sensi dell’art. 246 del Tuel, ritiene che sussistano le condizioni richieste dall’art. 244 del Tuel per la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario del Comune di Locri.
4.Accertamento dell’ammissibilità della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’art. 243-bis del Tuel come introdotto dalla Legge n. 213 del 7 dicembre 2012. Questione di massima.
Come è stato riferito in premessa, il Comune di Locri, in prossimità dell’Adunanza pubblica, ha fatto pervenire, tramite fax del 12 dicembre 2012, la deliberazione della Commissaria prefettizia n. 8 dell’11 dicembre 2012 con la quale l’ente ha deliberato di ricorrere alla procedura prevista dal nuovo articolo 243-bis del Tuel.
Pertanto, nella sussistenza dei presupposti di cui all’art. 244 del Tuel, come è stato sopra rilevato ed ammesso dallo stesso ente nella citata delibera n. 8/2012, deve ora essere accertato dalla Sezione se la nuova procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, introdotta dalla Legge n. 213 del 7 dicembre 2012, possa essere attivata anche in pendenza del procedimento, ormai giunto alla sua fase terminale, di c.d. dissesto guidato o coattivo previsto dall’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011.
In proposito va preliminarmente osservato che l’art. 3 del D.L. n. 174/2012, con il quale è stato introdotto nell’ordinamento degli enti locali il nuovo art. 243-bis, è stato recentemente modificato dalla Legge di conversione n. 213 del 7 dicembre 2012. Invero, nel Decreto Legge n. 174/2012 veniva precisato (art. 243-bis, c. 1, secondo periodo) che la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale “non può essere iniziata qualora la Sezione regionale della Corte dei Conti abbia già provveduto, ai sensi dell’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, ad assegnare un termine per l’adozione delle misure correttive previste dall’art. 1, c. 168, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266”. Nella legge di conversione, invece, il Parlamento ha ritenuto di sostituire questo periodo con il seguente: “La predetta procedura (art. 243-bis, n.d.r.) non può essere iniziata qualora la Sezione regionale della Corte dei Conti provveda, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 6, c. 2, del D.Lgs. n. 149/2011, ad assegnare un termine per l’adozione delle misure correttive di cui al comma 6, lettera a), del presente articolo (ex art. 1, c. 168, della Legge n. 266/2005, n.d.r.)”. Altra modifica intercorsa in fase di conversione ha riguardato la durata del piano di riequilibrio che è passata da 5 a 10 anni. Non è invece stato modificato il comma 3 del medesimo art. 243-bis che tuttora prevede quanto segue: “Il ricorso alla procedura di cui al presente articolo sospende temporaneamente la possibilità per la Corte dei Conti di assegnare, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. n. 149/2011, il termine per l’adozione delle misure correttive di cui al comma 6, lettera a), del presente articolo”.
Ciò posto, va ora affrontato il nodo interpretativo inerente ai reciproci rapporti tra i procedimenti attivati ex art. 243-bis del Tuel ed ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, con particolare riferimento alle interrelazioni esistenti tra il primo procedimento e quello previsto dal c.d. decreto “premi e sanzioni” qualora quest’ultimo sia ormai giunto alla fase conclusiva.
A tal fine non può che esaminarsi, in primo luogo, il testo letterale, attualmente vigente, del nuovo art. 243-bis del Tuel che, come appena visto, appare delineare un rapporto biunivoco tra procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e procedura di dissesto c.d. guidato o coattivo ex D.lgs. n. 149/2011. Invero, la norma non sembra sottoporre all’interprete particolari problemi interpretativi nella parte in cui afferma, a regime, l’ammissibilità del ricorso al piano di riequilibrio qualora la Sezione regionale della Corte dei Conti non si sia già attivata ai sensi dell’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011 assegnando un termine per le misure correttive (c.d. prima fase) e, viceversa, la preclusione di tale procedura se la Sezione regionale del controllo abbia già assegnato un termine per l’adozione delle misure correttive (ex art. 1, c. 168, della Legge n. 266/2005, ora confluito nel medesimo art. 243-bis, c. 6, lett. a), nonché nell’art. 148-bis del Tuel). Quanto appena detto riguarda evidentemente i procedimenti (243-bis e art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011) attivati successivamente all’entrata in vigore della Legge n. 213/2012, come anche dimostrato dall’inciso, inserito nella legge di conversione del D.L. n. 174/2012, che precisa, quale condizione escludente la possibilità di ricorso al piano pluriennale di riequilibrio, che la Sezione regionale della Corte dei Conti provveda “a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione” ad assegnare un termine per l’adozione delle misure correttive.
Tuttavia, il problema interpretativo, come sopra accennato, riguarda le situazioni, come quella in esame, in cui il procedimento di dissesto guidato ex art. 6, c. 2, D.lgs. n. 149/2011 sia ormai giunto alla fase terminale e, ciononostante, l’ente abbia presentato, anziché misure correttive, la deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. In tali situazioni, avallando un’interpretazione strettamente letterale del nuovo art. 243-bis del Tuel, sembrerebbe comunque esclusa la possibilità per l’ente di ricorrere alla procedura di riequilibrio o, quantomeno, tale procedura non sembrerebbe assumere effetti preclusivi della già attivata procedura di dissesto guidato, giacchè la norma, al fine di disciplinare il rapporto escludente tra i due procedimenti, fa espresso ed inequivocabile riferimento ai procedimenti attivati dalla data di entrata in vigore della Legge n. 213/2012 (8 dicembre 2012) omettendo ogni riferimento ai procedimenti ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011 già avviati dalle Sezioni regionali della Corte dei Conti ed ormai in fase avanzata. Pertanto, per i procedimenti ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011 già in essere, ed addirittura nello stato terminale (terza fase), alla data di entrata in vigore del nuovo art. 243-bis, non sembrerebbe operare la preclusione prevista, a regime, dal nuovo art. 243-bis che fa riferimento, al fine di individuare la procedura applicabile, ad un criterio di priorità temporale. Inoltre, la nuova disposizione, nel disciplinare le relazioni tra i due procedimenti in esame, prevede quale atto preclusivo del ricorso al piano di riequilibrio, l’assegnazione di un termine per l’adozione delle misure correttive (ex art. 1, c. 168, Legge n. 266/2005) con ciò individuando chiaramente la prima fase del procedimento previsto dal D.lgs. n. 149/2011. Ne deriva, quale conseguenza logica, che qualora la procedura da ultimo indicata, sia già giunta nelle fasi successive, ossia la seconda fase di accertamento dell’inadempimento o addirittura la terza fase (come nel caso di specie) di accertamento del permanere dell’inadempimento e della sussistenza del dissesto, nessuna preclusione alla conclusione del procedimento di dissesto guidato sia più possibile.
A tale conclusione può peraltro addivenirsi anche esaminando la norma da un punto di vista logico-sistematico e teleologico. In proposito, si rileva che nella Legge n. 213/2012 non è prevista alcuna norma transitoria volta a disciplinare le relazioni tra procedimenti di dissesto guidato pendenti (e quasi ultimati) e la nuova procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, potendosi quindi dedurre la volontà del legislatore di non interferire, con l’adozione della nuova disposizione, con i procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore della legge n. 213/2012. Inoltre, sempre procedendo con l’esame della ratio legis, va rilevato che, dall’esame dei lavori preparatori parlamentari, non è dato riscontrare la volontà del legislatore di rendere prevalente la procedura di riequilibrio sui procedimenti di dissesto guidato in atto, né tantomeno è possibile dedursi che il legislatore abbia inteso agevolare un accesso diffuso alla nuova procedura ex art. 243-bis del Tuel, esteso anche a quegli enti attinti dalle procedure di dissesto ex art. 6, c. 2, D.lgs. n. 149/2011. Tali affermazioni sembrano altresì trovare fondamento nello stesso art. 243-bis, comma 3, laddove è prevista la sospensione, peraltro solamente temporanea, della possibilità per la Corte dei conti di assegnare, ai sensi del ridetto art. 6, c. 2, D.lgs. n. 149/2011, un termine per l’adozione delle misure correttive (prima fase), mentre non è prevista alcuna forma di sospensione, né tantomeno di interruzione, dei procedimenti ex D.lgs. n. 149/2011 ormai giunti in una fase successiva a quella dell’indicazione delle misure correttive (seconda e terza fase). Ancora, sul punto, va rilevato che la procedura prevista dal c.d. decreto premi e sanzioni non è stata minimamente modificata dal legislatore e quindi costituisce, tuttora, un percorso alternativo a quello previsto dall’art. 246 del Tuel (c.d. autodissesto). Ne consegue che se il legislatore avesse voluto sostanzialmente annientare tutti i procedimenti di dissesto guidato attualmente pendenti sul territorio nazionale, consentendo quindi un ampio accesso al fondo di rotazione e al piano di riequilibrio, lo avrebbe dovuto espressamente affermare nella legge di conversione del D.L. n. 174/2012 e non tacere (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit), soprattutto in considerazione del fatto che, tale soluzione interpretativa “implicita” implicherebbe inevitabilmente il travolgimento di varie pronunce già adottate dalla Magistratura contabile (il che, quand’anche in presenza di norma esplicita in tal senso, non potrebbe che sollevare perplessità di natura costituzionale). Infine, va rilevato che, accogliendo un’interpretazione diversa da quella sino a questo punto esposta, si potrebbero determinare palesi disparità di trattamento tra quegli enti che, attinti dalla procedura ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, abbiano tempestivamente e doverosamente adottato la deliberazione dichiarativa dello stato dissesto finanziario ai sensi dell’art. 246 del Tuel, seppur in pendenza della legge di conversione del D.L. n. 174/2012, ed altri enti che, lungi dall’assumere concrete ed effettive misure correttive, si siano semplicemente limitati ad adottare un atteggiamento attendista al fine di beneficiare delle risorse finanziarie assegnate dal nuovo strumento approntato dal legislatore. Disparità di trattamento che, tra l’altro, si potrebbe riverberare non solo dal punto di vista finanziario (in termini di accesso o meno alle risorse messe a disposizione dal fondo di rotazione), ma anche sul piano delle responsabilità nella causazione del dissesto previste dall’art. 248, c. 5, del Tuel (incandidabilità e sanzione pecuniaria).
A fronte di tale tesi interpretativa se ne pone, peraltro, una opposta, che farebbe leva sulla modifica, intervenuta nel passaggio parlamentare, dell’art. 1, secondo periodo, del nuovo art. 243-bis del Tuel. Seguendo questa interpretazione, potrebbe affermarsi che se nel decreto legge la nuova disposizione era chiara nel precludere l’accesso al fondo di rotazione agli enti che avevano già subito l’assegnazione di un termine ai sensi dell’art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011, l’eliminazione, avvenuta ad opera della legge di conversione, di tale inciso lascerebbe desumere, in base ad un ragionamento “a contrario”, che la nuova procedura di riequilibrio sia applicabile anche agli enti già attenzionati dalla procedura di dissesto guidato e che, di conseguenza, il rapporto escludente tra i due procedimenti esplichi i suoi effetti unicamente dalla data di entrata in vigore della Legge n. 213/2012, restando pertanto potenzialmente travolti (in seguito alla presentazione, in extremis, dei piani di riequilibrio) tutti i procedimenti di dissesto guidato attualmente pendenti.
Pertanto, in disparte le differenti conseguenze per l’ente prodotte dalla dichiarazione di dissesto e quelle derivanti all’accesso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale, che, come sopra accennato, evidenziano misure più favorevoli per l’ente in caso di dissesto (tra le quali basti citare il blocco delle procedure esecutive fino all’approvazione del rendiconto ex art. 256 nel caso di dissesto, a fronte della semplice sospensione delle procedure esecutive dalla data della deliberazione di riequilibrio fino alla data di approvazione o di diniego del piano, ossia circa 100 gg.) va deferita al Sig. Presidente di questa Corte dei conti, al fine di individuare una linea interpretativa uniforme su tutto il territorio nazionale, la questione di massima di eccezionale rilevanza inerente alle interrelazioni esistenti tra procedura di accesso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis del Tuel e di dissesto guidato ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n.149/2011, indipendentemente dalla fase procedurale in cui quest’ultima sia giunta e quindi anche se questa si trovi già nella terza fase al momento dell’entrata in vigore della Legge n. 213 del 7 dicembre 2012.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Calabria,
DELIBERA
– di accertare il perdurante inadempimento dell’ente, nei termini meglio descritti in motivazione, delle misure correttive necessarie a ripristinare gli equilibri di bilancio e a risanare la situazione finanziaria;
– di accertare, in via di fatto, la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 244 del Tuel per la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario;
– di sospendere il procedimento ex art. 6, c. 2, del D.lgs. n. 149/2011 e di proporre al Signor Presidente della Corte dei conti di deferire alle Sezioni Riunite, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 17, comma 31, del d.l. n. 78/2009, convertito nella legge n. 102/2009, e dell’art. 6, comma 4, del d.l. n. 174/2012, convertito nella legge n. 13/2012, la seguente questione di massima:
“se, l’avvenuta deliberazione di piano di riequilibrio ex art. 243 bis, comma 1, del Tuel (nel testo modificato dalla legge di conversione n. 213/2012), oltre ad interdire alla Corte dei conti l’assegnazione di termini per l’adozione di misure correttive ex art. 243 bis, comma 3, del Tuel, comporti altresì la sospensione o interruzione o arresto tout court dell’intera procedura di dissesto guidato ex art. 6 d.lgs. n. 149/2011, indipendentemente dalla fase procedurale in cui sia giunta e dunque anche qualora siano già proceduralmente emersi sia l’inadempimento delle misure correttive che la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la dichiarazione di dissesto finanziario”.
DISPONE
che la presente deliberazione venga trasmessa, a cura del servizio di supporto della Sezione di controllo, all’ufficio di Presidenza della Corte dei conti e al Comune di Locri.
Così deliberato in Catanzaro nella Camera di consiglio del 14 e del 20 dicembre 2012.
Il Relatore
f.to dott. Massimo Agliocchi
Il Presidente
f.to dott. Roberto Tabbita
Depositata in segreteria il 21.12.2012
Il Direttore della segreteria
f.to dott.ssa Elena RUSSO