di Adelina B. Scorda e Gianluca Albanese
LOCRI – Dopo un’attesa di tre ore e trenta minuti il processo Black garden, ha inizio davanti al collegio presieduto da Alfredo Sicuro. Pietro Crinò il sindaco di Casignana, imputato è in piedi tra il pubblico, mentre il fratello Antonio, anch’egli imputato, sta seduto al fianco dei suoi avvocati, posizione che accomuna anche gli altri imputati. Un solo testimone, fornito dall’accusa da escutere, è il maresciallo del Noe dei carabinieri Carmelo Orlando.
L’ESAME DEL TESTE
È il pubblico ministero Sara Ombra che sottopone il teste a una serie di domande che entrano nei particolari dell’inchiesta senza tralasciare il minimo dettaglio. Un excursus storico domina i primi cinquanta minuti dell’udienza e a emergere con forza sono le criticità riscontrate nelle indagine del Noe, in un arco investigativo che va da giugno del 2010 ad aprile del 2011, indagini che hanno evidenziato come la discarica presentasse delle criticità strutturali, segnalate secondo l’accusa anche dall’Arpacal, la contestata presenza di percolato nel vallone Rambotta e infine un sovrabbancamento di rifiuti. Tre punti che secondo quanto dichiarato dal maresciallo Orlando sarebbero stati evidenziati grazie all’attività investigativa avvalsasi oltre che del monitoraggio del sito attraverso l’installazione di due telecamere: ‹‹una nell’incrocio che porta alla via d’accesso alla discarica in modo da controllare le targhe dei veicoli che entravano in discarica – ha dichiarato – e un’altra posizionata più a monte che consentiva una visione più ampia di tutto il bacino››. Un’indagine, secondo quanto affermato in sede giudiziaria da Orlando, iniziata a seguito di una serie di segnalazioni pervenute ai vari organi di controllo da un gruppo di cittadini, l’attuale comitato “no discarica di Casignana”, il quale segnalò sia la presenza di percolato nel vallone Rambotta, sia un gestione deficitaria del sito. Segnalazioni avvalorate dallo studio approfondito effettuato da Francesco Raso, specializzato in indagini ambientali, ‹‹facendo emergere un altissimo tasso d’inquinamento››. A completare il quadro investigativo le numerose segnalazioni dell’Arpacal che invitava il gestore della discarica, Zoccoli Saverio, ma secondo le ricostruzioni degli inquirenti di fatto Antonio Crinò, a provvedere alla messa in sicurezza del sito, la Zetaemme, la ditta che gestiva la discarica di Casignana, era difatti ‹‹incapace di curare la discarica per mancanza di mezzi e personale specializzato›› ha dichiarato Orlando nel rispondere alle domande del Pm. Da un primo esame sarebbero, inoltre, emerse secondo l’accusa ‹‹numerose violazioni del limite di conferimento di rifiuti imposto dal commissario per l’emergenza ambientale, con particolare riferimento ai quantitativi conferiti dalla Leonia di Reggio Calabria e dal comune di Gioiosa Ionica. Da quanto scaturito da alcune conversazioni intercettate fra il sindaco di Mazza di Gioiosa Ionica e Saverio Zoccali si è potuto comprendere che il sindaco di Mazza, disse che si era messo d’accordo con Pietro Crino’ per far scaricare anche i rifiuti di Gioiosa a Casignana. Provvedimento che non concordava con le decisioni prese dal commissario regionale che aveva autorizzato Gioiosa a scaricare una volta a Pianopoli e una volta ad Alli in concomitanza con alcuni problemi tecnici temporanei della discarica di Siderno, laddove Gioiosa scaricava normalmente. Ma dalle indagini è emerso con chiarezza che nella discarica di Casignana sarebbero stato scaricati anche pneumatici, utilizzati secondo la difesa per tenere fermi i teli necessari alla copertura dei rifiuti. In un’altra telefonata questa volta fra il sindaco Crinò e Tallarida il sindaco dice di non permettere lo scarico di pneumatici in discarica, scarico però avvenuto. L’impressione e’ che il mezzo sia stato lasciato in discarica una giornata intera, per poi il giorno seguente scaricare i pneumatici in discarica che dopo qualche ora sarebbero stati sotterrati. Ma il punto su cui l’accusa si è soffermata ha riguardato lo smaltimento di percolato. Come, quando, dove? Ad aggravare la situazione di Antonio Crinò sarebbe un filmato nel quali si vede l’ingegnere spostare il tubo di raccolta del percolato dal punto perimetrale e spostarlo in un’area poco più distante in prossimità di un dirupo e sversare il percolato. A due ore dall’inizio termina l’esame del Pm, l’ora è tarda e dalla difesa si avanza la proposta di un possibile rinvio, proposta rigettata dalla corte che decide di sospendere l’udienza per un breve pausa per riprendere dopo una manciata di minuti il controesame del teste, il maresciallo del Noe Carmelo Orlando.
IL CONTROESAME
Inizia alle 20 con le domande dell’avvocato Marco Martino, difensore di Saverio Zoccoli. Il legale reggino ha incalzato il teste dell’accusa, in particolare sulle quantità conferite in discarica e sulla effettiva presenza di percolato fuoriuscito dall’impianto di smaltimento rifiuti. Sulle prime, il teste ha risposto che «L’accertamento delle quantità eccedenti quelle autorizzate dall’ufficio del commissario regionale per l’emergenza rifiuti non è stato compiuto in maniera dettagliata, ma, sulla scorta dei formulari acquisiti, abbiamo quantificato un volume generale su un arco temporale di quattro mesi, senza compiere accertamenti particolari giorno per giorno», mentre sul percolato, il maresciallo Orlando ha ammesso che «Non abbiamo fatto analisi chimiche sul liquido di colore scuro che era filtrato, anche se – ha detto il militare del NOE – sono certo che si trattasse di percolato se penso al suo aspetto e alla sua origine».
L’avvocato Angelica Commisso, difensore di Pietro Crinò, ha concentrato la prima parte del suo controesame sulla eventuale presenza in discarica di soggetti estranei non autorizzati, che si sarebbero introdotti nel sito scavalcando il cancello. Il maresciallo Orlando ha ammesso che «Di notte non era possibile effettuare delle riprese attendibili, perchè l’impianto di videosorveglianza non dispone della tecnologia a raggi infrarossi e in ogni caso, non ho memoria di presenze di estranei nella discarica». Sull’introduzione di pneumatici, Orlando ha ricordato che «Possono essere anche stati usati per tenere fermo il telone di copertura dei rifiuti, ma anche come strato di protezione tra una guaina e l’altra», mentre il maresciallo del NOE ha aggiunto che «La discarica è entrata in funzione nel ’97 e non ho memoria di ordinanze di chiusura del sito da parte dell’Arpacal», che «Non so se sono state fatte analisi sulle matrici alimentari lungo il vallone Rambotta che, comunque, non viene interamente monitorato dalle nostre telecamere» che «L’indagine trae origine dalle denunce del comitato anti discarica» e che «La dottoressa Cardile dell’Arpacal ha dichiarato nel settembre del 2010 che non c’erano criticità nella discarica di Casignana». L’avvocato Giacomo Crinò, difensore dei fratelli Pietro e Antonio Crinò, ha inteso dimostrare, attraverso il controesame del teste che la tesi del presunto vantaggio economico conseguente all’abbanco di quantità superiori di rifiuti rispetto a quelle autorizzate dal commissario regionale non regge perché i rimborsi ai gestori delle discariche vengono erogati in base alle quantità autorizzate. Il teste, inoltre, ha ammesso che «Dopo la prima denuncia del comitato anti discarica non abbiamo compiuto ulteriori verifiche sull’origine del percolato trovato lungo il Rambotta perché davamo per scontato che fosse conseguenza della presenza della discarica» e che «non abbiamo disposto ulteriori analisi né indagini volumetriche sui rifiuti abbancati, ma ci siamo basati soltanto sui dialoghi intercettati telefonicamente». Dopo le domande poste dall’avvocato Antonio Russo (difensore dell’architetto Lafronte) e Tallarida (difensore di Stefano Tallarida) l’udienza è stata aggiornata al prossimo 4 giugno alle ore 15, quando verranno escussi altri testimoni dell’accusa.