(foto di Mimma Gullotta)
di Simona Masciaga
SIRACUSA – Un cimitero industriale, uno dei tanti che, ormai in disuso, invadono e alterano la paesaggistica alle periferie delle città e non solo.
Fumo, ruggine, macchie di olio e petrolio, ovunque tendono a sottolineare il passaggio da una concezione prettamente meccanicista ad una più consona realtà vitalista.
Prometeo (Alessandro Albertin al suo debutto a Siracusa), ribelle, quasi ” terrorista”, viene introdotto trascinato, incatenato e incappucciato, da un carro simboleggiante il potere e, da lì a poco, reincatenato su di una ciminiera arrugginita per ben un’ora e mezza: accusa? Quella di aver rubato il fuoco agli dei e averlo donato agli uomini.
Da qui lo sviluppo dell’intera opera svoltasi come fosse un processo giudiziario nei confronti di Prometeo; una sorta di accusa, da parte di Roberto Vecchioni, il quale ne ha curato la traduzione, nei confronti del nostro sistema giuridico che, a volte, per eccesso di zelo, condanna innocenti che poi, attraverso legali appelli e ulteriori indagini, vengono riconosciuti non colpevoli pur avendo trascorso tempo in custodia cautelare.
Senza scendere in polemica, che potrebbe scatenare disappunto, ci limitiamo all’analisi della tragedia in sé che potrebbe essere vista anche come una sfida teologica tra Dio e l’ uomo, tra ragione e fede, tra potere dittatoriale e uomo, tra centralità governativa e popolo.
Ad ogni modo, da qualsiasi angolazione la si guardi, il Prometeo incatenato, porta ad ampia discussione sociale, legislativa, umana e antropologica!
Da sottolineare la consolazione e la solidarietà delle Oceanine, di Oceano che sicuramente rappresentano l opinione pubblica, straordinaria Deniz Ozdogan nell’interpretazione di Io, e la performance di Michele Cipriani (Efesto), e Pasquale Di Filippo (Ermes) tutte vittime del potere di Zeus che, però, mai appare sulla scena.
A noi è balzata alla memoria la figura degli aguzzini, più o meno convintie delle vittime dei regimi totalitari ed esasperanti.
Un’opera volutamente critica e accusante nella trascrizione e regia; ottima ed impatto la scenografia e i costumi ma poca comunicazione e pathos nella completezza della tragedia in sé nonostante l’indiscutibile bravura e impegno degli artisti.