di Gianluca Albanese
LOCRI – Per i 18 migranti provenienti dall’Africa Subsahariana e dal Pakistan, uno spostamento di dieci chilometri dalla precedente destinazione è una bazzecola. Si trasferiscono a Gioiosa, infatti, i 18 migranti fin qui ospitati a Locri nel quadro del progetto di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo della Rete dei Comuni Solidali.
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Continueranno ad essere assistiti dagli operatori Re.Co.Sol. che hanno avuto il rinnovo del contratto individuale di lavoro fino al prossimo 31 marzo. Poi si vedrà.
Resta ancora qualche punto da chiarire sulla breve – è durata poco più di due mesi – esperienza locrese della sede Re.Co.Sol. di via don Vittorio e anche noi, per dovere di cronaca e completezza d’informazione, cerchiamo di compiere un ulteriore sforzo di comprensione dei fatti, che ieri l’altro hanno portato i responsabili della Re.Co.Sol. a sporgere denuncia ai Carabinieri per minacce e danneggiamenti subiti dai propri operatori in loco.
In questa vicenda, che non è la prima e – purtroppo – riteniamo che non sarà l’ultima storiaccia di minacce e intimidazioni contro chi opera nel sociale, c’è stato, oltre che il solito coro di messaggi di solidarietà, anche un carico di polemiche che di solito non compaiono in casi del genere.
Lasciando agli inquirenti il compito di individuare i responsabili delle condotte, sicuramente censurabili, ai danni degli operatori Re.Co.Sol., non possono sfuggire alla nostra attenzione, alcuni contributi forniti in due note di solidarietà agli operatori Re.Co.Sol. che vanno al di là dei semplici comunicati di vicinanza a chi ha subito minacce e intimidazioni.
Prima, però, ci sentiamo di confermare un’impressione che noi di Lente Locale (prima testata ad aver dato la notizia della “chiusura per minacce” della sede locrese di Re.Co.Sol) abbiamo immediatamente colto: il razzismo non c’entra nulla. Lo sapevamo, in quanto profondi conoscitori della realtà sociale locrese.
Poi, non possiamo non evidenziare quanto scrive il sindaco Calabrese ieri mattina nella propria nota di solidarietà quando riconduce i deprecabili gesti subiti dagli operatori Re.Co.Sol. a «Problemi organizzativi» derivanti da «incomprensioni all’interno dello staff della Re.Co.Sol.». Calabrese potrebbe aver ragione, e non lo diciamo noi; piuttosto, lo stesso responsabile della Re.Co.Sol. Giovanni Maiolo, nel rispondere alla nostra intervista dice che «Riesco però a dare la giusta interpretazione a quello che il sindaco afferma, ma essendo stata fatta una denuncia ai Carabinieri, non ritengo opportuno fornire ulteriori dettagli».
Maiolo, in seguito, ammette che, nello scegliere i collaboratori «abbiamo privilegiato persone disoccupate e che avevano bisogno di lavorare» che è di per sé un fine nobile, ma che non va nella direzione di basare la struttura sulle competenze tecniche necessarie, tanto che alcuni contratti, dopo la scadenza del 31 dicembre, non sono stati rinnovati.
E ha ragione anche il referente locale di Sel Antonio Guerrieri, quando dice che l’avvio del progetto della Re.Co.Sol. a Locri non ha avuto la giusta pubblicità, tanto che tutto è stato fatto «Senza che vi fosse – ha scritto Guerrieri – una manifestazione pubblica d’interesse legata alla disponibilità di risorse umane e di fabbricati da locare e concedere ai migranti». Giovanni Maiolo gli dà ragione quando risponde a Lente Locale e dice che «Avevamo anche deciso, per le posizioni che al 31 dicembre erano rimaste scoperte e per strutturarci meglio vista la richiesta di proseguire le attività, di disporre un avviso pubblico che era in preparazione per cercare delle figure più corrispondenti alle esigenze del servizio e valutare tra diversi curriculum, che è poi la modalità utilizzata a Gioiosa Ionica. Di questa intenzione si era discusso anche nella riunione del 2 gennaio in presenza del sindaco di Locri e di quello di Gioiosa che approvavano questa modalità. Ma gli episodi accaduti subito dopo hanno bloccato ogni attività».
Fin qui Maiolo. Resta da chiedersi come mai questa modalità di selezione del personale da avviare ai contratti di collaborazione a tempo indeterminato, così ben collaudata a Gioiosa Ionica, non sia stata adottata fin da subito a Locri, invece di procedere, alla fine dei primi due mesi di esperienza in loco, a dei repentini dietro-front.
Siamo certi che tutti i soggetti interessati abbiano agito in buona fede e col fine primario di dare assistenza e sostegno ai rifugiati e richiedenti asilo. Ma forse, qualche leggerezza organizzativa iniziale è stata pagata a caro prezzo da chi, oggi, è costretto a chiudere i battenti dopo aver subito anche minacce e danneggiamenti.
Errare è umano, certo.
Sicuramente, Locri perde una grande opportunità per il proprio territorio. Della quale beneficeranno altri comuni (nella fattispecie Gioiosa) che da tempo hanno sperimentato questi progetti senza particolari problemi e/o leggerezze organizzative dettate dall’inesperienza.